Infiltrazioni nell'appartamento: l'onere di prova e allegazione del condomino danneggiato

Infiltrazioni nell'appartamento: l'onere di prova e allegazione del condomino danneggiato

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 26450/2025 precisa quale sia l'onere di prova e di allegazione a carico del proprietario di un appartamento che assuma aver subito un danno a causa di infiltrazioni provenienti da altro appartamento.

Mercoledi 22 Ottobre 2025

Il caso: Mevia conveniva avanti al Tribunale Lucilla e altri condomini chiedendone la condanna all’esecuzione dei lavori necessari alla eliminazione delle cause delle infiltrazioni di acqua piovana subite dai due appartamenti di proprietà attorea, ricollegabili alla cattiva manutenzione del manto di copertura del fabbricato, dei cornicioni, dei canali di gronda e dei pluviali; l’attrice domandava in subordine il risarcimento dei danni per equivalente, nonché di “condannare altresì i convenuti stessi ad equo indennizzo per il ridotto godimento dei n. 2 appartamenti in oggetto”.

L'adito Tribunale condannava i convenuti all’esecuzione delle opere indicate nella relazione della espletata CTU, rigettando la domanda di “equo indennizzo“; la Corte d’appello di Genova accoglieva il gravame spiegato da Mevia, condannando i condomini convenuti altresì al risarcimento della somma di € 40.000,00, determinata equitativamente in base ai prezzi degli affitti degli immobili ad uso residenziale e stagionale nell’ambito del territorio delle Cinque Terre, in considerazione della limitata utilizzabilità degli appartamenti destinati all'esercizio di attività di affittacamere, a causa delle infiltrazioni.

Lucilla e gli altri condomini ricorrono in Cassazione, lamentando, come primo motivo, la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112,115,163 n. 4),167 e 702-bis c.p.c., per avere la Corte d’appello accolto la domanda di “equo indennizzo per il ridotto godimento dei due appartamenti” di Mevia, in totale assenza di specifiche allegazioni a sostegno della relativa pretesa .

Per la Suprema Corte la censura è fondata:

a) il proprietario ha pieno diritto di usare e godere della cosa propria secondo la naturale destinazione della stessa, per cui qualsiasi intervento di un terzo diretto a limitare detto uso o godimento costituisce turbativa del diritto di proprietà sul bene e legittima il proprietario a chiedere non solo la tutela in forma specifica, mediante cessazione di tale turbativa e ripristino della situazione antecedente al verificarsi dell'illecito, ma anche il risarcimento dei danni;

b) il danno, in tale ipotesi, è in re ipsa, in quanto automatica conseguenza della limitazione del godimento e della diminuzione temporanea del valore della proprietà, senza neppure che vi sia necessità di una specifica attività probatoria, salva concreta determinazione del danno stesso in sede di liquidazione, cui eventualmente procedere anche in via equitativa;

c) è onere dell'attore l'allegazione - entro la maturazione delle preclusioni processuali assertive, che cristallizzano il thema decidendum - del fatto produttivo del danno-evento alla cosa di proprietà, che possa essere posto a base del ragionamento deduttivo da accertare in giudizio; l’allegazione del danno alla proprietà postula, quindi, che l’attore indichi nella domanda, o comunque entro il termine per precisare la stessa, quegli elementi di fatto noti che consentano di risalire, in via di presunzione, al fatto ignoto, e cioè alla lesione – conseguenza;

d) però l’allegazione che deve accompagnare la proposizione di una domanda risarcitoria non può essere limitata alla prospettazione della condotta, in tesi colpevole, della controparte, produttiva di danni nella sfera giuridica di chi agisce in giudizio: l’esposizione deve, invero, necessariamente essere estesa alle lesioni prodotte da tale condotta, dovendo l’attore mettere il convenuto in condizione di conoscere quali pregiudizi vengono imputati al suo comportamento;

e) tale allegazione esigibile dall’attore deve, quindi, concernere fatti precisi e specifici del caso concreto, essere cioè circostanziata, non potendo invero risolversi in mere enunciazioni di carattere del tutto generico e astratto, eventuale ed ipotetico: nel caso in esame, la frase utilizzata dall'attrice - “condanna dei convenuti ad equo indennizzo per il ridotto godimento dei n. 2 appartamenti “- non poteva, pertanto, dirsi comprensiva del danno subito per lo svolgimento negli immobili dell’attività di affittacamere, trattandosi di elemento di fatto non espressamente allegato nell’atto introduttivo

Allegato:

Cassazione civile sentenza 26450 2025

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