Con l'ordinanza n. 7748 dell'8 aprile 2020 la Corte di Cassazione ha chiarito i presupposti per il riconoscimento del c.d. danno parentale in favore dei prossimi congiunti di chi ha riportato delle gravi lesioni in conseguenza di un sinistro stradale.
Venerdi 17 Aprile 2020 |
Il caso: P.R. veniva coinvolto in un incidente stradale in qualità di terzo trasportato in sella ad un motociclo condotto da L.C., rimasto vittima del sinistro, causato altresi' dal conducente di altro veicolo, tale A. G.
P.R. ed i suoi congiunti, genitori, e fratelli, agivano quindi in giudizio sia verso gli eredi del conducente del motociclo L.C. e la loro assicurazione, che nei confronti del conducente e del proprietario del veicolo antagonista, condotto da A.G. e rispettiva compagnia di assicurazione, per il risarcimento di tutti i danni subiti in conseguenza del sinistro.
Il Giudice di primo grado riteneva di ripartire la causa del danno attribuendo il 70% a A.G. ed il 30% al conducente del motorino, mentre il ricorrente, veniva ritenuto responsabile del danno a se stesso nella misura del 10%, e gli veniva liquidata una somma per il danno alla persona subito, e cosi anche ai suoi congiunti, di riflesso.
Il Giudice di secondo grado rigettava l'appello del P.R. e dei suoi congiunti, ed accoglieva quello della compagnia di assicurazione di A.G., relativamente alla prova del danno dei congiunti del R., terzo trasportato.
La Corte territoriale negava il risarcimento ai congiunti di P.R., gravemente ferito durante l'incidente, ritenendo non provato il danno da costoro invocato, e non presumibile neanche in base al mero rapporto di parentela: per la Corte, infatti, un danno dei congiunti, come conseguenza delle lesioni inferte al parente, e' ipotizzabile solo se consistente in "un totale sconvolgimento delle abitudini di vita del nucleo familiare su cui si sono riverberate quali conseguenze gli effetti dell'evento traumatico subito dal familiare".
Avverso tale sentenza propongono ricorso principale P.R. ed i congiunti, che la Corte di Cassazione accoglie in parte, osservando che:
a) in astratto il danno non patrimoniale, consistente nella sofferenza morale patita dal prossimo congiunto di persona lesa in modo non lieve dall'altrui illecito, puo' essere dimostrato con ricorso alla prova presuntiva ed in riferimento a quanto ragionevolmente riferibile alla realta' dei rapporti di convivenza ed alla gravita' delle ricadute della condotta;
b) la decisione della corte di merito, però, e' errata nella premessa: essa postula, invero, che il danno risarcibile ai congiunti per le lesioni patite dal parente, vittima primaria dell'illecito, sia solo quello consistente nel "totale sconvolgimento delle abitudini di vita", limitazione che non ha in realta' alcuna ragion d'essere: infatti dalle lesioni inferte a taluno possono derivare, in astratto, per i congiunti sia una sofferenza d'animo (danno morale) che non produce necessariamente uno sconvolgimento delle abitudini di vita, sia un danno biologico (una malattia), anche essa senza rilevanza alcuna sulle abitudini di vita;
c) il danno subito dai congiunti e' diretto, non riflesso, ossia e' la diretta conseguenza della lesione inferta al parente prossimo, la quale rileva dunque come fatto plurioffensivo, che ha vittime diverse, ma egualmente dirette.: con la conseguenza che la lesione della persona di taluno puo' provocare nei congiunti sia una sofferenza d'animo sia una perdita vera e propria di salute, come una incidenza sulle abitudini di vita;
d) non v'e' motivo quindi di ritenere questi pregiudizi soggetti ad una prova piu' rigorosa degli altri, e dunque insuscettibili di essere dimostrati per presunzioni: e tra le presunzioni assume ovviamente rilievo il rapporto di stretta parentela (nella fattispecie, genitori e fratelli) tra la vittima in primis, per cosi dire, ed i suoi congiunti;
e) il rapporto di stretta parentela esistente fa presumere, secondo un criterio di normalita' sociale, che genitori e fratelli soffrano per le gravissime permanenti lesioni riportate dal congiunto prossimo: non' v'e' bisogno che queste sofferenze si traducano in uno "sconvolgimento delle abitudini di vita", in quanto si tratta di conseguenze estranee al danno morale, che e' piuttosto la soggettiva perturbazione dello stato d'animo, il patema, la sofferenza interiore della vittima, a prescindere dalla circostanza che influisca o meno sulle abitudini di vita.