Con la sentenza n. 25843 del 13 novembre 2020 la Corte di Cassazione si pronuncia in merito al diritto al risarcimento dei danni non patrimoniali dei familiari di una persona lesa dall'altrui condotta illecita e del connesso onere della prova.
Martedi 24 Novembre 2020 |
Il caso: A.B.,C.D ed E.F. ricorrono per la cassazione della sentenza della Corte d'appello di Roma, con cui, in parziale accoglimento del gravame principale della Assicurazione spa e in rigetto del loro appello incidentale sull'entita' dei danni, era stato riconosciuto un concorso del fatto colposo del danneggiato pari al 25% e di conseguenza limitata la condanna pronunciata dal Tribunale di Cassino per il risarcimento dei danni patiti dal primo degli attori, il quale, alla guida di un motociclo di proprieta' del padre, era rimasto vittima di un sinistro stradale causato dalla vettura condotta da Tizio e di proprieta' di Caio, assicurata dall'appellante principale.
In conseguenza del sinistro il giovane era rimasto diversi giorni in coma, aveva subito una lunga degenza ospedaliera e, all'esito di una lunga attivita' di riabilitazione, comunque aveva riportato postumi rilevanti.
Per quel che interessa in questa sede, la Corte d'appello escludeva la la prova del danno riflesso per carenza di dimostrazione dello sconvolgimento delle abitudini di vita o di patologie sofferte in conseguenza delle lesioni subite, neppure potendo farsi ricorso alle presunzioni per l'entita' delle lesioni.
I ricorrenti in particolare,
- lamentano il mancato riconoscimento dei danni patiti dai genitori e l'erroneita' della conclusione della carenza di dimostrazione di sconvolgimenti delle abitudini di vita per tutto il prolungato periodo di ricovero del minore presso gli ospedali romani e quello della successiva riabilitazione;
- argomentano l'avvenuta dimostrazione, da parte del padre, della necessita' di impiegare le ferie e di accettare turni piu' intensi e gravosi per prestare assistenza al figliolo;
- negano la necessita' di una prova di una patologia, per il relativo danno non patrimoniale, potendo bastare l'effettiva alterazione delle proprie condizioni di vita.
Per la Corte la doglianza è fondata e sul punto enuncia il seguente principio di diritto:
“il familiare di una persona lesa dall'altrui condotta illecita puo' subire un danno non patrimoniale che deve essere integralmente risarcito nel suo duplice aspetto della sofferenza soggettiva e del conseguito mutamento peggiorativo delle abitudini di vita, purche' tali pregiudizi rivestano i caratteri della serieta' del danno e della gravita' della lesione, potendo di essi darsi prova anche per allegazione di fatti corrispondenti a nozioni di comune esperienza (come l'ordinarieta' della sofferenza dei genitori nei non pochi giorni di coma del figlio e nei periodi in cui se ne presentava incerto il recupero, nonche' quella dell'assistenza ad un figlio minorenne gia' convivente, a lungo ricoverato lontano dalla residenza familiare e poi soggetto a non semplice riabilitazione)"