La Cassazione riconosce la sostanza dei legami oltre i rigidi schemi formali. Criteri di risarcimento del danno non patrimoniale “da uccisione” per i congiunti al di fuori della famiglia nucleare.
| Venerdi 24 Ottobre 2025 |
Il caso e il percorso processuale La vicenda trae origine da un sinistro stradale mortale ai danni di G.C. e dalla conseguente richiesta risarcitoria azionata dai suoi familiari, compresa la suocera P.A. In primo grado il Tribunale riconosce un concorso di colpa del 10% alla vittima e liquida i danni ai familiari. In Appello sono rideterminati gli importi risarcitori ma viene rigettata la domanda della suocera.
In Cassazione, per quanto qui di interesse, parte ricorrente censura la sentenza impugnata ritenendo che la corte territoriale abbia erroneamente disatteso la domanda risarcitoria proposta dalla suocera, senza tener conto della convivenza tra la stessa e la vittima del sinistro stradale, elemento tale da rendere presunta la sussistenza di un reale e concreto rapporto affettivo tra le parti.
I principi affermati dalla Suprema Corte. Nell’affermare l’infondatezza del motivo (perché parte ricorrente avrebbe prospettato una rivalutazione nel merito non consentita in sede di legittimità), la Cassazione afferma tuttavia principi fondamentali con riferimento ai presupposti per il risarcimento del danno tra persone non appartenenti al medesimo nucleo familiare in senso stretto. La Corte chiarisce che in caso di domanda di risarcimento del danno non patrimoniale ‘da uccisione’ proposta iure proprio dai congiunti dell’ucciso, questi ultimi devono provare l’effettività e la consistenza della relazione parentale, rispetto alla quale il rapporto di convivenza non assurge a connotato minimo di esistenza, ma può costituire elemento probatorio utile a dimostrarne l’ampiezza e la profondità, e ciò anche ove l’azione sia proposta (ad esempio) dal nipote per la perdita del nonno.
Il “connotato minimo di esistenza”. Affermando che la convivenza non costituisce il “connotato minimo di esistenza” del rapporto affettivo tra congiunti estranei alla famiglia nucleare, la Cassazione evidenzia che l’assenza di convivenza non preclude automaticamente il riconoscimento del danno, perché la coabitazione non rappresenta il requisito minimo indispensabile per l’esistenza del diritto. Il concetto si articola su due livelli distinti.
Il presupposto fondamentale per il diritto al risarcimento: per i congiunti estranei alla famiglia nucleare, questo connotato minimo è rappresentato dall’esistenza di “rapporti costanti di reciproco affetto e solidarietà” con il familiare defunto, non dalla convivenza.
L’elemento probatorio: la convivenza rientra in questo secondo livello, costituendo un elemento probatorio utile ma non indispensabile. Del resto possono configurarsi convivenze non fondate su vincoli affettivi, ma determinate da necessità economiche o altro e – al contrario - non convivenze determinate da esigenze di studio o di lavoro, dalle quali non per questo può desumersi carenza di rapporti affettivi o di relazioni.
I riflessi su An Debeatur e Quantum Debeatur Con precedente ordinanza n. 5258 del 25 febbraio 2021 la terza sezione della Cassazione aveva chiarito che “l’esistenza di tali rapporti costanti costituisce il presupposto di fatto del danno risarcibile e attiene all’an debeatur, mentre l’esistenza di un legame eccedente l’ordinario rapporto di affetto, come del resto lo stesso rapporto di convivenza ove esistente, costituiscono circostanze rilevanti ai fini della liquidazione del danno e dunque incidenti sull’aspetto del quantum e non dell’an”. Questa distinzione è fondamentale: l’esistenza di rapporti costanti di reciproco affetto e solidarietà determina se sussiste il diritto al risarcimento (an debeatur), mentre l’intensità del legame e la convivenza incidono sulla quantificazione del danno (quantum debeatur).
Il fondamento dell’art. 29 Cost. La sentenza richiama espressamente il principio secondo cui non essendo condivisibile limitare la ‘società naturale’, cui fa riferimento l’art. 29 Cost., all’ambito ristretto della sola c.d. ‘famiglia nucleare’, il rapporto nonni-nipoti non può essere ancorato alla convivenza, per essere ritenuto giuridicamente qualificato e rilevante, escludendo automaticamente, nel caso di non sussistenza della stessa, la possibilità per tali congiunti di provare in concreto l’esistenza di rapporti costanti di reciproco affetto e solidarietà con il familiare defunto.
L’approccio “sostanzialista” della giurisprudenza attuale. In sintesi, se da un lato la Cassazione ha definitivamente chiarito che la convivenza non costituisce presunzione automatica del diritto al risarcimento per i congiunti estranei alla famiglia nucleare, dall’altro ha confermato che tale diritto può essere riconosciuto attraverso la dimostrazione dell’effettività del rapporto affettivo. Questo approccio riflette una concezione più ampia e moderna della famiglia, che non si limita al nucleo ristretto ma abbraccia quella “società naturale” di cui all’art. 29 della Costituzione, purché caratterizzata da rapporti costanti di reciproco affetto e solidarietà.
La giurisprudenza ha così superato rigide preclusioni formali per abbracciare un approccio sostanzialista che valorizza la realtà effettiva dei rapporti familiari, richiedendo però una prova rigorosa che eviti indebite dilatazioni del novero dei soggetti danneggiati. Questo equilibrio tra apertura e rigore probatorio rappresenta il punto di sintesi dell’orientamento giurisprudenziale attuale, che la sentenza in commento conferma. L’impostazione logica e motivazionale della pronuncia, - che applica al caso concreto della suocera i principi già consolidati per i rapporti nonni-nipoti -, porta a ritenere questo orientamento estensibile anche agli altri rapporti di affinità non consanguinei, ogni volta sia allegato e provato il legame affettivo qualificato.
In conclusione. La pronuncia si inserisce in un orientamento consolidato che, pur mantenendo ferma la necessità di una prova rigorosa per i congiunti estranei alla famiglia nucleare, riconosce la possibilità di tutela risarcitoria anche per rapporti affettivi qualificati che si sviluppino al di fuori del nucleo familiare ristretto. La chiave di volta rimane la dimostrazione dell’esistenza di “rapporti costanti di reciproco affetto e solidarietà”, che costituisce il vero discrimine per l’accesso alla tutela risarcitoria, in linea con una concezione costituzionalmente orientata della famiglia come formazione sociale dove si svolge la personalità umanaInserisci qui il testo dell'articolo