Nel caso in cui il sostituto ometta di versare le somme, per le quali ha però operato le ritenute d'acconto, il sostituito non è tenuto in solido in sede di riscossione, atteso che la responsabilità solidale prevista dall'art. 35 d.p.r. 602 cit. è espressamente condizionata alla circostanza che non siano state effettuate le ritenute
Mercoledi 17 Aprile 2019 |
In materia di ritenute d’acconto si sono pronunciate le Sezioni Unite della Cassazione con sentenza n. 10378 del 12 aprile 2019, fissando dei principi di diritto assai interessanti a livello speculativo ma probabilmente non sufficienti a risolvere il problema del numero copioso di controversie in materia pendenti presso le Commissioni Tributarie.
La questione di fatto affrontata è relativa alla emissione nei confronti del sostituito di una cartella di pagamento, a seguito di controllo formale, per la riscossione di somme che il sostituto di imposta non aveva provveduto a versare pur avendo operato le ritenute d’acconto. Sul punto l’orientamento prevalente della Cassazione (confronta tra tutte 13 giugno 2016, n. 12076) era, sinora, nel senso che doveva ritenersi vigente il seguente principio: “Il fatto che il Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, articolo 64, comma 1, definisca il sostituto d'imposta come colui che "in forza di disposizioni di legge è obbligato al pagamento di imposte in luogo di altri... ed anche a titolo di acconto" non toglie che anche il sostituito debba ritenersi fin dall'origine (e non già solo in fase di riscossione) obbligato solidale al pagamento dell'imposta: in tale qualità, anch'egli è pertanto soggetto al potere di accertamento ed a tutti i conseguenti oneri, fermo restando il diritto di regresso verso il sostituto che, dopo aver eseguito la ritenuta, non l'abbia versata all'Erario, in tal modo esponendolo all'azione del fisco" cfr. Cass. n. 14033/2006. Lo stesso è stato successivamente ribadito Cass. n. 8653/2011, Cass. n. 24962/2010, Cass. n. 23121/2013, Cass. n. 19580/2014, Cass. n. 24611/2014 e Cass. n. 9933/2015.”
In senso contrario si erano espresse, sia pure in tempi un po’ più risalenti, altre sentenze della Suprema Corte (in particolare 12991/1999 e 13664/1999), richiamate per giustificare la rimessione degli atti alle Sezioni Unite. Con riferimento a tale secondo orientamento da parte di alcune corti di merito era stato evidenziato che la responsabilità del sostituto e del sostituito non può essere ricondotta nella categoria delle obbligazioni solidali in quanto il soggetto obbligato al pagamento (sostituto) non è il soggetto passivo del rapporto tributario (sostituito) per cui mancherebbero i requisiti della solidarietà in senso proprio; esiste un solo debitore (il sostituito) e due soggetti obbligati, il sostituto non debitore tributario e il sostituito debitore tributario. L’applicazione del principio di solidarietà comporterebbe che l'inadempimento del soggetto non debitore, ma solo obbligato (sostituto), farebbe rivivere l'obbligazione primitiva e diretta del sostituito che sarebbe chiamato a rispondere anche di sanzioni per inadempimento di un obbligo altrui relativamente al quale è totalmente estraneo e non ha alcuna capacità d'intervento.
La giurisprudenza di merito come detto era prevalente nel negare la solidarietà non solo tra il sostituito ed il sostituto -sia nei rapporti di lavoro dipendente che nei rapporti di lavoro autonomo- argomentando che il sostituto è titolare di una obbligazione del tutto autonoma rispetto a quella del sostituito, in ordine alla quale non può affermarsi alcuna responsabilità solidale del sostituito che, spesso non avendo alcuna possibilità di rivalsa nei confronti del sostituto, si troverebbe addirittura esposto a pagare due volte la stessa imposta. La solidarietà porterebbe, nelle sue estreme conseguenze, al fatto che l'adempimento del sostituito chiamato a pagare per la seconda volta l'imposta, per il principio della solidarietà nelle obbligazioni, libererebbe anche il sostituto.
Questa la situazione prima della pronuncia del 12 aprile 2019.
La sentenza delle Sezioni Unite premette che alcuni dei precedenti richiamati avevano avuto ad oggetto le seguenti fattispecie: 1) il sostituto aveva pagato integralmente senza operare la ritenuta; 2) il reddito non era stato dichiarato in quanto corrisposto “in nero”; 3) la solidarietà sussisteva con riferimento all’accertamento dell’imposta.
Data tale premessa, diretta a significare che comunque non poteva ritenersi sussistenze un solo orientamento giurisprudenziale, precisa che la decisione che è chiamata ad emettere è invece relativa al caso in cui il sostituto abbia operato la ritenuta ma non abbia poi versato le somme all’erario e dovrà stabilire se, in questo caso, il sostituito sia comunque tenuto in solido al versamento della stessa.
Per semplificare si immagini il caso del libero professionista/impresa che debba ricevere il pagamento di euro 1.000, oltre IVA, in questo caso se la fattura è emessa: 1) nei confronti di un soggetto obbligato ad operare la ritenuta, la somma da versare da parte del cliente sarà pari ad euro 1.020 [1.000 + 220(IVA) - 200 (RDA)]; 2) nei confronti di un privato, la somma da versare da parte del cliente sarà pari ad euro 1.220.
Nel caso sub 1) il cliente (sostituto) che ha operato la ritenuta dovrà versare, nei termini di legge, la somma di euro 200 che costituirà un acconto sulle imposte dovute dal professionista/impresa (sostituito) il quale ultimo, pertanto, al momento del pagamento delle imposte dovrà calcolare e versare le stesse al netto delle ritenute subite. Al riguardo è importante ricordare che non si tratta di una scelta discrezionale del sostituito ma che egli è obbligato a subire la ritenuta.
Tornando al contenuto della Sentenza la stessa evidenzia che la Corte ha sinora per lo più stabilito che esiste una solidarietà tra sostituto e sostituito fondata sul presupposto che l’obbligazione del versamento dell’acconto sia unica per entrambe le parti e che pertanto all’adempimento della stessa sia tenuto in via solidale anche il sostituito.
Afferma però che detto orientamento non può essere più condiviso. Al riguardo, precisa che la sostituzione e la solidarietà dell’imposta sono due istituti distinti. Nel caso della sostituzione il soggetto passivo dell’imposta è il sostituito (ed infatti ai sensi dell’art. 64, comma 2, dpr 600 al sostituto è riconosciuta in via eccezionale la facoltà di intervenire nel processo); da ciò le Sezioni Unite fanno discendere che: - il dovere di versamento della ritenuta d’acconto costituisce un’obbligazione autonoma rispetto al pagamento dell’imposta che, ai sensi dell’art. 23 d.p.r. 600, è posta solamente a carico del sostituto; - la solidarietà del sostituito per tale obbligazione sussiste solo se non è stata operata la ritenuta; - il sostituito ha pertanto diritto allo scomputo delle ritenute operate dal sostituto in quanto sarebbe contraddittorio riconoscere un diritto allo scomputo e nel contempo assoggettare il sostituto in via solidale alla riscossione delle somme scomputate.
Dati tali assunti conclude affermando il seguente principio: “nel caso in cui il sostituto ometta di versare le somme, per le quali ha però operato le ritenute d’acconto, il sostituto non è tenuto in solido in sede di riscossione, atteso che la responsabilità solidale prevista dall’art. 35 d.p.r. 602 cit. è espressamente condizionata alla circostanza che non siano state effettuate le ritenute”. Da ciò discende che il sostituito che abbia ricevuto il pagamento al netto della ritenuta è liberato da qualsiasi responsabilità in ordine al pagamento della stessa e non è tenuto in solido al pagamento delle relative imposte.
Questa Sentenza senz’altro molto importante da un punto di vista teorico di fatto probabilmente non farà diminuire il copioso contenzioso in materia, ciò in quanto resta fermo il problema della prova che il pagamento è stato assoggettato a ritenuta. Gli Uffici pertanto continueranno a chiedere ai professionisti/imprese (sostituiti) di dimostrare che la ritenuta è stata effettivamente operata e si tratta spesso di una “prova diabolica” in quanto oltre alla fattura emessa viene richiesta anche la prova del pagamento, il tutto reso ancora più complicato nei casi in cui, nel periodo d’imposta, siano state emesse numerose fatture e dato che gli Uffici, in sede di accertamento, non indicano i nominativi di quei clienti (sostituti) che assume non abbiano versato la ritenuta ma si limitano ad affermare che non risultano versate ritenute per un determinato importo.
La Cassazione, forse, avrebbe potuto precisare che, nel caso in cui il pagamento è effettuato nei confronti di soggetti obbligati ad effettuare la ritenuta, si abbia una presunzione relativa che la stessa sia stata effettuata e che il pagamento -in favore del sostituto- sia stato fatto al netto della stessa. In questo modo probabilmente si sarebbe potuto ridurre il copioso contenzioso in materia. A meno che, ritenuto che non sussista più solidarietà tra sostituito e sostituto, non si possa sostenere che l’Ufficio al fine di motivare sufficientemente l’accertamento debba indicare specificamente chi sono i sostituti che non hanno versato la ritenuta. In effetti, mentre applicando il principio di solidarietà l’Ufficio poteva limitarsi ad affermare che non risultavano versate ritenute per un determinato importo in quanto il sostituto era comunque tenuto al relativo versamento e la individuazione dei soggetti che non avevano effettuato il versamento delle ritenute aveva esclusivamente rilevanza privatistica (consentire la rivalsa del sostituito nei confronti del sostituto), ora alla luce dei nuovi principi, affermati dalle Sezioni Unite, dovrebbe essere invece necessario che l’Ufficio individui il soggetto (sostituto) che non ha versato la ritenuta in quanto l’obbligo in capo al professionista/impresa (sostituito) di versarla nasce non dal fatto che la stessa non sia stata versata (dal sostituto) ma dal fatto che la stessa non sia stata operata al momento del pagamento del corrispettivo.
Dott. Antonio Galdiero - Notaio in Cagliari
Corte di Cassazione|Sezione U|Civile|Sentenza 12 aprile 2019 n. 10378