Con l'ordinanza n. 18319 del 9 luglio 2019 la Corte di Cassazione torna ad occuparsi della tematica della responsabilità per danni da cose in custodia in relazione alla caduta di una persona all'interno di un condominio.
Venerdi 12 Luglio 2019 |
Il caso: M. B. conveniva in giudizio il Condominio P.Q. davanti al Tribunale di Tempio Pausania chiedendo la condanna del convenuto al risarcimento dei danni dalla medesima subìti in conseguenza di una caduta nel cortile condominiale su pavimento dissestato, privo di alcuna segnaletica ed in condizioni di scarsa illuminazione.
Il Tribunale condannava il condominio convenuto per omesso controllo, vigilanza e custodia delle parti comuni (con riguardo alla presenza sul suolo di buche non visibili di notte per l'assenza di illuminazione, mentre la Corte d'appello, in riforma della sentenza di primo grado, accoglieva l'appello incidentale del condominio, per l'assenza dei presupposti di accoglimento della domanda risarcitoria, ritenendo che
in base all'art. 2051 c.c., l'attrice non aveva fornito prova delle condizioni di pericolosità del luogo, essendo il pavimento costituito da lastroni quadrati ed essendovi comunque condizioni di visibilità adeguate;
dunque non vi era prova del nesso causale tra l'evento dannoso e la cosa in custodia;
al contrario vi era la prova del fortuito costituito dalla condotta disattenta della danneggiata che conosceva o doveva conoscere lo stato dei luoghi, per essere il condominio luogo di abitazione della figlia.
M.B. ricorre in Cassazione, censurando la sentenza per non aver valutato:
- che la responsabilità per danni da cose in custodia configura una responsabilità per danni conseguenti al dinamismo proprio ed intrinseco della cosa, dipendente dall'insorgere nella stessa di un processo dannoso;
- che, a fronte di una fattispecie sussumibile sotto l'art. 2051 c.c., che pone una responsabilità di tipo oggettivo, basata sul solo rapporto di custodia, la sentenza non si era fatta carico di raggiungere la prova del fortuito che sola avrebbe potuto scriminare la responsabilità del custode.
La Corte, nel dichiarare inammissibile il ricorso, rileva che:
a) la Corte d'Appello ha accertato che non vi era la prova del nesso di causalità tra la cosa in custodia ed il danno, in quanto le condizioni dei luoghi non erano tali da costituire una pericolosità intrinseca della cosa;
b) conseguentemente ha correttamente ritenuto che, in mancanza di prova del nesso di causalità, la responsabilità di cui all'art. 2051 c.c. non fosse configurabile;
c) in ogni caso, per la Corte territoriale vi era un elemento scriminante della responsabiilità oggettiva del custode, costituito dalla prova di una condotta imprudente della danneggiata che non aveva posto in essere, essendo pienamente in condizioni di farlo, le dovute cautele nell'uso della cosa.