La “militarizzazione” di un reato può essere giustificata anche qualora in presenza di una prevalente offesa di interessi comuni si possa rilevare un concorrente e significativo profilo di tutela di interessi militari.
Giovedi 20 Gennaio 2022 |
Il reato militare è definito dall’art. 37, co.1, del Codice penale militare di pace come “qualunque violazione della legge penale militare.”
Occorre precisare, in via preliminare, che il reato militare è figura distinta dalla trasgressione disciplinare (ovvero dalle violazioni dei doveri di servizio e della disciplina militare non costituenti reato – art. 38 c.p.m.p.) secondo un criterio di differenziazione basato sulla diversa collocazione all’interno dei codici penali e nel regolamento dell’ordinamento militare, delle norme regolatrici delle diverse fattispecie. Non ogni reato militare, inoltre, costituisce una violazione della legge penale militare. Per effetto delle modifiche apportate all’art. 47 del Codice penale militare di guerra dalla L. 31 gennaio 2002, n. 6, infatti, costituiscono reato militare anche numerose violazioni della legge penale ordinaria.
Ciò posto, la definizione contenuta nel comma 1 dell’art. 37 c.p.m.p., letta alla luce dell’art. 103 della Costituzione, 3° comma (“I tribunali militari in tempo di guerra hanno la giurisdizione stabilita dalla legge. In tempo di pace hanno giurisdizione soltanto per i reati militari commessi da appartenenti alle Forze armate”), nel fornire una nozione meramente formale di reato militare fissa, innanzi tutto, un parametro utilizzabile quale linea di demarcazione tra la giurisdizione ordinaria e quella militare. Quest’ultima, infatti, costituisce giurisdizione eccezionale, circoscritta entro tassativi limiti, rispetto a quella ordinaria, che, per il tempo di pace, resta la giurisdizione normale.
Dal disposto dell'art. 103 Cost. emerge, inoltre, che la giurisdizione dei giudici militari in tempo di pace è subordinata ad un duplice limite: uno di natura oggettiva, rappresentato dal fatto che ne formano oggetto esclusivamente i reati militari, e l'altro di ordine soggettivo, costituito dall'appartenenza alle Forze Amate degli autori dei reati, i quali, pertanto, devono trovarsi in effettivo servizio attuale alle armi (Corte Cost., 10 novembre 1992, n. 429).
Più segnatamente, la S.C. ha affermato che “qualsiasi violazione della legge penale militare integrante reato, offensiva di interessi dell'amministrazione militare e commessa da soggetto ad essa appartenente, rientra nella giurisdizione esclusiva dell'autorità giudiziaria militare. Il codice penale è norma comune e va applicato il codice penale militare di pace allorché questo preveda determinate condotte come reato militare, con conseguente giurisdizione militare (Cass., Sez. 1, 8 maggio 2000, n. 6676). Laddove concorrano reati comuni e militari, quindi, i procedimenti rientrano nell’ambito della giurisdizione del giudice ordinario solo se il reato comune è più grave di quello militare (art. 13 c.p.p.), mentre negli altri casi le sfere di giurisdizione, ordinaria e militare, rimangono separate, con la conseguenza che al giudice militare appartiene la cognizione dei reati militari e al giudice ordinario quella per i reati comuni. (Cass., Sez. 1, 15 ottobre 2014, n. 5680).
Può definirsi, quindi, reato militare, sottoposto alla conseguente giurisdizione militare, “non solo quello esclusivamente militare, ma anche quello che pur previsto con identica struttura dalla legge penale comune, è punito da specifica disposizione della legge penale militare” (Cass. Sez. 1, 5 maggio 2008, n. 21863).
Occorre precisare che il “reato esclusivamente militare” è, come definito dal secondo comma dell’art. 37 c.p.m.p., “quello costituito da un fatto che, nei suoi elementi materiali e costitutivi, non è, in tutto o in parte, preveduto come reato dalla legge penale comune”. Con tale norma il legislatore ha inteso tutelare interessi peculiari del settore castrense introducendo una bipartizione fra “reati esclusivamente militari” e reati che tali non sono poichè privi di una funzione caratteristica e che coinvolgono interessi comuni e interessi militari. Tale distinzione assume rilevanza, in primo luogo, in relazione all’operatività di specifiche norme contenute nel c.p.m.p.; in secondo luogo ai fini dell’inquadramento criminologico (la commissione di un reato esclusivamente militare può denotare una capacità a delinquere che non si manifesterebbe al di fuori del contesto militare); ed infine, in funzione delle pene previste a seconda che il reato sia o meno esclusivamente militare.
Alla condanna per reato esclusivamente militare, infatti, consegue una pena militare, mentre, negli altri casi le norme prevedono o la reclusione comune o quella militare. Occorre specificare, in proposito, che il codice prevede la pena della reclusione comune, quando appaia possibile o probabile l’allontanamento del reo dalla compagine militare, sempre in misura non inferiore ai cinque anni, limite che consente di applicare la pena della degradazione prevista dall’ art. 28, co.3, c.p.m.p.
Concludendo, sebbene la dottrina abbia cercato di attribuire un contenuto sostanziale al reato militare individuando criteri discretivi quali la qualità di militare del soggetto attivo, il tipo di pena inflitta o l’interesse tutelato dalla norma, il reato militare è da ritenersi compiutamente definito nella nozione formale (e restrittiva, che consente, peraltro, di evitare di incorrenre in continui conflitti di giurisdizione) di cui all'art. 37 c.p.m.p., in base al quale esso si realizza qualora venga posta in essere un’azione offensiva di un interesse militare e prevista dalla legge penale militare. Gli indici indicati, infatti, non sono stati ritenuti idonei dalla giurisprudenza maggioritaria a conseguire lo scopo perseguito dalle speculazioni dottrinali.
Quanto al primo - la qualità di militare del soggetto attivo – è facile osservare che, per un verso, i militari possono commettere un reato comune e, per altro verso, gli estranei alle forze armate possono commettere reati militari; relativamente al tipo di pena inflitta, se è vero che esistono reati comuni puniti con la pena della reclusione militare, è altrettanto vero che per alcuni reati militari è prevista quale pena quella comune dell'ergastolo o della reclusione. Per quanto concerne, infine, l'interesse tutelato dalla norma, se è vero che tutti i reati militari ledono interessi tipici del servizio, della disciplina o dell'amministrazione militare, esistono numerosi casi di lesioni dei medesimi beni giuridici che danno vita a reati comuni.
Proprio in relazione alla lesione dell’interesse militare, peraltro, la Corte Costituzionale ha più volte affermato che la “militarizzazione” di un reato può essere giustificata anche qualora in presenza di una prevalente offesa di interessi comuni si possa rilevare un concorrente e significativo profilo di tutela di interessi militari.