Militari: annullamento scheda valutativa

Sentenza TAR Campania 18 febbraio 2022, n. 01110.
Militari: annullamento scheda valutativa

Il Tar Campania, con sentenza nr. 1110 in data 18 febbraio 2022 ha accolto il ricorso proposto da un militare avverso una scheda valutativa annullando il provvedimento impugnato.

Lunedi 21 Febbraio 2022

Nei fatti, al ricorrente, maresciallo capo dei Carabinieri, era stata notificata una scheda valutativa con qualifica finale di “inferiore alla media”. Interposto dal militare ricorso gerarchico, il Ministero della Difesa, in accoglimento del ricorso, aveva annullato l’impugnata scheda valutativa in quanto recante una qualifica finale contrastante con i giudizi testuali del compilatore, del revisore e quello complessivo finale, acclarando che “non è stato assicurato il prescritto rapporto di armonia e consequenzialità tra le varie parti della scheda valutativa impugnata”.

L’Amministrazione aveva proceduto, quindi, alla compilazione di una nuova scheda valutativa attribuendo al militare la medesima qualifica finale di “inferiore alla media”, corredata da giudizi analitici, e da quello complessivo finale, diversi e deteriori rispetto ai giudizi formulati in sede di prima redazione del documento caratteristico.

Accogliendo le tesi sostenute dalla difesa del militare, il Giudice adito ha affermato che “la riedizione del potere amministrativo de qua agitur ha concretato la violazione ovvero la elusione dei dettami promananti dalla decisione ministeriale del 12 marzo 2021, di accoglimento del ricorso gerarchico esperito in allora dall’attuale ricorrente avverso la prima scheda valutativa ... il procedimento giustiziale endogeno azionato dal ricorrente si era concluso con l’annullamento della scheda valutativa per le “sostanziali” ragioni –afferenti al contenuto della actio amministrativa censurata-veicolate con la ultima censura in quella sede proposta” con statuizioni che avevano accertato il contrasto fra la qualifica finale e i giudizi testuali del compilatore, del revisore e quello complessivo finale non assicurando il prescritto rapporto di armonia e consequenzialità tra le varie parti della scheda valutativa impugnata.

Nello specifico, dall’intangibilità dei giudizi non scalfiti dalle censure mosse dal ricorrente in sede di ricorso gerarchico, è scaturito il contrasto tra tali giudizi –pacificamente confermati- e la qualifica finale connotante la scheda evidenziando il vizio di “illogicità e contraddittorietà della valutazione finale, apertamente distonica – ovvero deprivata di “armonia e consequenzialità”- rispetto al complesso delle aggettivazioni analitiche …  è evidente, indi, che una tale ratio decidendi non può che – logicamente, ancor prima che giuridicamente - presupporre la intangibilità dei giudizi analitici (e di quello complessivo finale).

Ciò posto, il Giudice adito ha rigettato la tesi dell’amministrazione volta ad affermare l’inesistenza di qualsiasi limite alla riedizione del potere a seguito della decisione di annullamento  conseguente restituzione alla Autorità dei pieni poteri valutativi. Tale assunto, infatti, “depriverebbe di significanza l’intervento giustiziale della Autorità gerarchica, confinato ad una valenza meramente rescindente, ma non mai suscettibile di orientare e conformare il successivo corso della azione amministrativa, id est degli uffici gerarchicamente subordinati (art. 97 Cost.); - minerebbe in nuce la effettività della tutela giustiziale, e degli accertamenti e delle valutazioni in quel procedimento condotte, in certo modo azzerandone le risultanze e vanificandone qualsivoglia effetto propulsivo e conformativo de futuro dell’actio dei pubblici poteri; - renderebbe in definitiva claudicanti le utilitates ritraibili dal privato -in punto di accertamento di fatti e circostanze a lui favorevoli, ovvero di positivo scrutinio di motivi dedotti avverso l’atto- comechè nuovamente esposte, al momento della riedizione del potere, a rinnovate valutazioni suscettibili di nuovamente denegarle, travolgendo gli accertamenti e le valutazioni già operate, nel contraddittorio delle parti, nel procedimento giustiziale (artt. 24,97 e 113 Cost.)”.

In altri termini, se in presenza di un provvedimento esplicito e chiaro emesso dalla stessa Amministrazione non si ammettesse - ed imponesse - per gli enti subordinati l’esistenza di un vincolo al rispetto di tale  provvedimento, sarebbe inutile proporre ricorso gerarchico in quanto qualsiasi provvedimento conseguente potrebbe ben essere privato di valore. In caso di annullamento di un provvedimento a seguito di ricorso gerarchico, peraltro, il rinvio all’organo emanante ha carattere preclusivo e conformativo ed implica l’obbligo, al momento dell’adozione di un nuovo provvedimento, di evitare di incorrere negli stessi vizi per cui l’atto è stato annullato e di conformarsi alle indicazioni contenute nella decisione adottando le statuizioni che abbiano sul punto carattere omogeneo.

Principio, quest’ultimo che non può prescindere dalla sussistenza del divieto per l'Amministrazione di emettere una misura peggiorativa di quella oggetto del ricorso amministrativo. La discrezionalità tecnica riservata all’Amministrazione, quindi, ove già pienamente utilizzata in fase di prima elaborazione della scheda valutativa, non è più utilizzabile proprio nel rispetto ed in ottemperanza a quanto statuito nel decreto di accoglimento del ricorso gerarchico.

Positivamente delibando il gravame proposto dalla difesa del militare, il Giudice adito ha inoltre osservato che “la mutatio in peius dei giudizi analitici e di quello complessivo finale, giunto all’esito della nuova valutazione della attività del militare nel medesimo periodo di riferimento: - integra un macroscopico contrasto di giudizio, rispetto alle primigenie valutazioni pienamente confermate in sede di decisione del ricorso gerarchico; e ciò, peraltro, in mancanza di un adeguato apparato motivazionale, idoneo a giustificare tale inusitato revirement in senso deteriore delle prime valutazioni, peraltro espressamente confermate dalla Autorità sovraordinata; - concreta un evidente vizio di incoerenza e di illogicità; e ciò avuto segnatamente riguardo al repentino mutamento, in senso peggiorativo e per il medesimo periodo di riferimento, dei giudizi afferenti alle qualità morali, di carattere e fisiche.”

In buona sostanza, se è vero, come è vero, che il giudizio deve riferirsi unicamente al periodo di riferimento, non è dato comprendere come relativamente allo stesso periodo di riferimento, unico parametro immutato nel caso di ricompilazione della scheda valutativa annullata, i giudizi interni e complessivi possano subire uno stravolgimento tale da fornire una visione proteiforme del valutando.

Ritenuto, infine, che “- il carattere palesemente illogico e contraddittorio dell’agere quivi censurato, sintomatico altresì di un esercizio sviato del potere; - la sostanziale elusione della decisione giustiziale del Ministero, elusione che si concreta giustappunto allorquando la Autorità valutante, pur provvedendo a dare esecuzione alla decisione amministrativa caducatoria della primigenia scheda, persegue in sostanza l’obiettivo di aggirarla dal punto di vista sostanziale, e in tal modo giunge surrettiziamente allo stesso esito già ritenuto illegittimo (cfr., in linea generale, sulla elusione del giudicato, CdS, V, 30 ottobre 2018 n. 6175)” il Giudice ha disposto la mutazione “in melius della qualifica finale in allora illegittimamente formulata, al fine di renderla coerente con i ridetti giudizi.”

Nel seguito, analizzando la censura, pur ritenuta fondata, della difesa del militare volta a lamentare un vizio afferente alla mancata astensione, in sede di esecuzione della decisione giustiziale, del compilatore e del revisore che avevano redatto la primigenia scheda valutativa, il Tribunale adito ha affermato che “anche al fine di orientare il successivo corso della azione amministrativa: - se è stata affermata la sussistenza dell’obbligo di astensione “di coloro i quali già avevano espresso giudizi nella precedente scheda valutativa impugnata in sede gerarchica - che, è bene ricordare, riguardava il medesimo periodo della scheda oggetto dell'odierna contestazione che l'Amministrazione aveva annullato riconoscendo, in sede gerarchica appunto, la fondatezza delle doglianze del ricorrente” (TAR Veneto, I, 28 agosto 2019, n. 950; TAR Lazio, I-bis, 19 marzo 2020, n. 3477; TAR Emilia Romagna, I, 12 maggio 2014, n. 502); - se, tuttavia, è stato in senso contrario osservato che “nel caso della documentazione caratteristica le norme prevedono che la valutazione sia fatta dai superiori gerarchici che lavorano a stretto contatto con il valutato, e ciò in quanto solo tali soggetti sono in grado di apprezzare le qualità personali del valutato stesso, nonché le qualità delle sue prestazioni. Il fatto che il superiore gerarchico si sia già espresso e che il relativo giudizio sia stato contestato in giudizio non comporta, quindi, un suo obbligo di astensione, essendo prevalente l'interesse ad ottenere che la valutazione sia espressa dal superiore gerarchico, e non da altri” (TAR Friuli Venezia Giulia, I, 10 luglio 2019, n. 315); - allora, nella fattispecie che ne occupa non residuano dubbi sulla “incapacità speciale” a redigere la nuova scheda, con obbligo di astensione, da parte delle persone fisiche da cui è promanata la prima scheda valutativa, poi annullata in sede gerarchica, trattandosi nella specie – siccome sopra ampiamente esposto - non già di procedere alla rivalutazione ex novo del militare, bensì dell’espletamento del ben diverso officium consistente nel portare ad esecuzione il dictum giustiziale reso dal Ministero, reintegrando la consequenzialità logica e la coerenza tra: i) giudizi analitici e complessivi, intangibili; ii) qualifica finale, di contro stigmatizzata dalla Autorità sovraordinata”

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