Primo grado con rito ordinario e non con rito del lavoro: quale rito applicare al giudizio di appello.

Primo grado con rito ordinario e non con rito del lavoro: quale rito applicare al giudizio di appello.
Giovedi 18 Aprile 2019

Nel caso in cui un giudizio da trattarsi con il rito del lavoro viene trattato con il rito ordinario, come deve essere proposto l’appello avverso la sentenza emessa nel suddetto giudizio?

A questa domanda ha fornito la risposta la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 9943/2019, pubblicata il 9 aprile scorso, affermando che in questi casi il gravame va proposto con la citazione e non con il ricorso.

IL CASO: La Corte di Appello dichiarava inammissibile per tardività il gravame proposto dalla conduttrice di un immobile avverso l’ordinanza ex art. 702 ter c.p.c., emessa in primo grado, con la quale era stata condannata al risarcimento dei danni causati al suddetto immobile. L’appello, introdotto con citazione, veniva dichiarato tardivo in quanto, secondo la Corte territoriale, l’atto era stato depositato in cancelleria oltre il termine dei trenta giorni dalla comunicazione dell’ordinanza ex art. 702 ter c.p.c. impugnata. Pertanto, la società appellante, ritenendo errata la decisione della Corte di Appello, interponeva ricorso per Cassazione deducendo, la violazione degli articoli 702 quater e 342 c.p.c.

LA DECISIONE: Il ricorso è stato ritenuto fondato dalla Corte di Cassazione che con la decisione in commento lo ha accolto evidenziando che, secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, nel caso in cui una controversia sia stata erroneamente trattata in primo grado con il rito ordinario, anzichè con quello speciale del lavoro, le forme del rito ordinario debbono essere seguite anche per la proposizione dell'appello.

In questi casi, secondo gli Ermellini, il gravame va proposto con citazione a udienza fissa, in ossequio al principio della ultrattività del rito, che - quale specificazione del più generale principio per cui l'individuazione del mezzo di impugnazione esperibile deve avvenire in base al principio dell'apparenza, cioè con riguardo esclusivo alla qualificazione, anche implicita, dell’azione e del provvedimento compiuta dal giudice - trova fondamento nel fatto che il mutamento del rito con cui il processo è erroneamente iniziato compete esclusivamente al giudice.

Non essendo espressamente prevista dalla legge l'adozione del rito sommario per il secondo grado di giudizio, hanno continuato i giudici di legittimità, l’impugnazione può essere proposta esclusivamente nella forma ordinaria dell'atto di citazione. Pertanto, al fine di valutare la tempestività del gravame, si deve considerare non la data del deposito in Cancelleria dell’atto di appello, come erroneamente affermato dal giudice di appello con la sentenza impugnata, bensì la data dell'inoltro della relativa notificazione da parte dell'appellante, con la conseguente necessità di valutare rispetto a tale parametro l'effettiva proposizione dell'impugnazione nel termine di trenta giorni dalla comunicazione dell'ordinanza impugnata.

Allegato:

Cassazione civile ordinanza n.9943/2019

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