“La norma contenuta nell’art. 63 Disp. Att. c.c. deve essere interpretata nel senso che, qualora vi sia un condomino moroso, il creditore (qualunque sia la somma) debba sempre preliminarmente agire nei confronti del condomino moroso, anche nell’ipotesi in cui vi siano somme accreditate sul conto corrente condominiale.”.
Questo è quanto ribadito dal Tribunale di Teramo con ordinanza n. 580/2019.
Lunedi 16 Settembre 2019 |
La vicenda prende le mosse a partire dal reclamo proposto da una ditta di materiale edile avverso il provvedimento di sospensione della procedura esecutiva, avviata dalla stessa ditta, per il mancato pagamento di lavori di ristrutturazione presso un condominio sito in Alba Adriatica (TE).
Il Condominio, che aveva pagato solo in parte il prezzo dei lavori eseguiti, si costituiva nella fase di reclamo con il proprio legale di fiducia contestando alla ditta esecutrice di non aver rispettato il “beneficio di escussione” posto dall’art. 63 comma 2 Disp. Att. c.c. e conseguentemente chiedeva il rigetto del reclamo.
Nel merito, in applicazione del suddetto articolo, il Condominio esecutato sosteneva che la ditta edile avrebbe dovuto aggredire prima il patrimonio del singolo condomino moroso e solo dopo, in caso di non soddisfazione, avrebbe potuto escutere il patrimonio del Condominio, ovvero degli altri condomini in regola con i pagamenti.
Nell’art. 63 delle Disposizioni di Attuazione del Codice civile ai commi 1 e 2 si dispone che “Per la riscossione dei contributi in base alla stato di ripartizione approvato dall’assemblea, l’amministratore, senza bisogno di autorizzazione di questa, può ottenere un decreto di ingiunzione immediatamente esecutivo, nonostante opposizione, ed è tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei condomini morosi. I creditori non possono agire nei confronti degli obbligati che sono in regola con i pagamenti, se non dopo l’escussione degli altri condomini.(…)”.
In particolar modo i lavori di ristrutturazione erano stati regolarmente approvati con delibera assembleare e le spese contabilizzate e rateizzate proporzionalmente al valore delle singole quote di proprietà da parte dell’amministratore. Ciò in applicazione dell’art. 1123 c.c. in cui si dispone che “Le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell’edificio, per la prestazione dei servizi nell’interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, (…).”
Gli artt. 1123 c.c. e 63 Disp. Att c.c., dopo la riforma del 2012, sono posti a garanzia del buon funzionamento del condominio oltre che a tutela dei fornitori / creditori del condominio. Infatti, questi ultimi si trovano spesso a confrontarsi con insiemi di condomini eterogenei accumunati soltanto da quella comunione forzosa avente natura di ente di gestione quale è il condominio, nel quale si intrecciano molteplici obblighi e diritti.
In conclusione, la citata ordinanza del Tribunale di Teramo ha rigettato il reclamo proposto dalla ditta edile e così ha confermato l’interpretazione letterale che la Giurisprudenza ha più volte dato rispetto al “beneficio di escussione” contenuto nell’art. 63 Disp. Att. c.c. . Infatti, tra le Sentenze di merito di riferimento si può leggere che “ (…) ogni singolo condomino risponde del debito condominiale (ovvero quello assunto dall’amministratore in rappresentanza dei condomini) nei soli limiti della rispettiva quota, dal punto di vista pratico, (…), il terzo creditore può e deve procedere preliminarmente all’esecuzione nei confronti dei singoli morosi, secondo la quota di ciascuno.” (ex multis Trib. Vicenza n. 109/2019).
Rimane ferma, quindi, la non pignorabilità del conto corrente condominiale se prima non vi è stata, da parte del creditore, l’esecuzione forzosa ai danni del singolo condomino moroso.
Le spese del presente giudizio sono state attribuite alla ditta soccombente nella misura di € 700,00 oltre il 15% di rimborso forfettario, IVA e C.A.P. come per legge.