PCT: deposito telematico anche per il reclamo

PCT: deposito telematico anche per il reclamo
Giovedi 16 Luglio 2015

In tema di PCT si comincia a registrare un sempre maggiore numero di pronunce di tribunali, chiamati a decidere le più svariate questioni in un settore, quello del processo civile telematico, ancora in fase di sperimentazione.

Si segnala oggi una ordinanza del Tribunale di Foggia del 15/05/2015 che si è pronunciato in merito alla ammissibilità di un reclamo, proposto avverso l'ordinanza resa dal tribunale all'esito di un giudizio possessorio e depositato in modalità cartacea.

Il Collegio, in accoglimento dell'eccezione di inammissibilità del deposito effettuato non telematicamente, sollevata da parte resistente, ricorda che "Ai sensi dell'art. 16 bis d.l. n. 179/2012 (e ss. mod.) a decorrere dal 30 giugno 2014 nei procedimenti civili o di volontaria giurisdizione, innanzi al tribunale, il deposito degli atti processuali e dei documenti da parte dei difensori delle parti precedentemente costituite ha luogo esclusivamente con modalità telematiche, nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici".

Tale obbligo di deposito con modalità telematica opera, dunque, per gli atti ed i documenti depositati dai "difensori delle parti precedentemente costituite”, all'interno dello stesso giudizio.

Con specifico riferimento alla natura giuridica del reclamo - osserva il Collegio - esso è stato concepito dal legislatore del 1990 più che come una vera e propria impugnazione, come una sorta di prosecuzione del giudizio cautelare unitario.

Proprio in ragione del carattere unitario del giudizio cautelare non si può che concludere per la natura endoprocessuale del reclamo, che, quindi, deve essere depositato esclusivamente con modalità telematica.

Per il Collegio non meritano peraltro accoglimento le deduzioni svolte dalla parte reclamante, che si richiama ad una pronuncia del Tribunale di Asti del 23.03.2015.

Non risulta, infatti, pertinente il richiamo al principio di libertà delle forme, di cui all'art. 121 c.p.c., atteso che tale principio si riferisce alla forma degli atti processuali, e non alle modalità di trasmissione all'Ufficio degli stessi (come nel caso di specie).

Il "deposito", infatti, - propriamente inteso - è "un'attività materiale priva di requisito volitivo autonomo" (cfr. Cass. Sez. U, Sentenza n. 5160 del 04/03/2009).

Non può quindi considerarsi un "atto del processo", né ai fini di cui all'art. 121 c.p.c., né ai sensi dell'art. 156 c.p.c.

Non a caso il titolo VI del Codice di Procedura Civile (concernente gli "atti processuali"), non disciplina né menziona in alcun modo il "deposito", non inserendolo nemmeno tra gli "atti di parte" elencati all'art. 125 c.p.c.

 

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