La Corte Costituzionale ammette il patrocinio a spese dello Stato in favore della procedura di liquidazione controllata e l'anticipazione delle spese a carico dello Stato, deve quindi estendersi alle spese legali del difensore del debitore
La legge 3/2012 ha introdotto la procedura di sovraindebitamento nell'ordinamento italiano, un istituto estraneo alla nostra tradizione, ma di origine anglosassone, volto a concedere alle persone non soggette a fallimento ed indebitate oltre ogni possibilità di adempiere alle proprie obbligazioni una via d'uscita e la famosa seconda possibilità.
Il CCII ha inglobato tale procedura nel sistema generale della crisi e riformato la procedura prevedendo diverse ipotesi di liquidazione controllata, piano del consumatore e concordato minore, all'esito dei quali il debitore può accedere all'esdebitazione, che rende inesigibili tutti i debiti del soggetto nella parte non adempiuta durante la procedura.
Va rilevato che nel procedimento la difesa tecnica non è obbligatoria, essendo espressamente previsto ora l'accesso in assenza di avvocato, mentre si prevede l'intervento dell'apposito Organismo di composizione della Crisi, composto da professionisti, non necessariamente avvocati. Il soggetto che accede a tali procedure deve essere in possesso di svariati requisiti, tra cui l'assenza di mala fede e non aver avuto accesso ad analoga procedura negli ultimi 5 anni, stabilendo in 3 volte massimo la possibilità di accedervi. Sussiste inoltre una possibilità eccezionale per la persona che non abbia alcun bene o possibilità di adempimento parziale dei propri debiti di accedere alla “esdebitazione dell'incapiente” attraverso la quale i suoi debiti vengono dichiarati inesigibili, senza alcun pagamento o altro tipo di adempimento nemmeno parziale, liberando il soggetto dai debiti e dandogli quella second chance, tale da rimetterlo all'interno del mercato del lavoro e del consumo.
La situazione economica della persona che accede a tale istituto è evidentemente assai precaria e molto spesso tale da poter accedere all'ammissione al patrocinio a spese dello Stato e peraltro essendo invece un grave ostacolo il dover pagare i compensi del legale e dell'OCC; nonostante ciò varie sono state le resistenze all'ammissione a tale beneficio sia da parte dei consigli dell'Ordine degli Avvocati, deputati all'ammissione provvisoria, sia da parte dei giudici chiamati a decidere in via definitiva, anche in caso di mancata ammissione provvisoria. Al riguardo si trova pubblicato un solo precedente del Tribunale di Torino con la sentenza della Sez. VI, 16-11-2017, che ha deciso in contrasto con la mancata ammissione provvisoria da parte del Consiglio dell'Ordine, ammettendo il richiedente al beneficio, in base ad una interpretazione costituzionalmente orientata del DPR 30/05/2002 n. 115, art. 74. La norma stabiulisce infatti che: “è assicurato il patrocinio nel processo penale per la difesa del cittadino non abbiente, indagato, imputato, condannato, persona offesa dal reato, danneggiato che intenda costituirsi parte civile, responsabile civile ovvero civilmente obbligato per la pena pecuniaria. E’, altresì, assicurato il patrocinio nel processo civile, amministrativo, contabile, tributario e negli affari di volontaria giurisdizione per la difesa del cittadino non abbiente quando le sue ragioni risultino non manifestatamente infondate...”.
Tuttavia tale pronunciamento è rimasto isolato e la giurisprudenza maggioritaria non ritene applicabile la suddetta norma al sovraindebitamento, in quanto non richiamata dalla legge, per la non necessità della difesa tecnica nel procedimento ed infine per la difficoltà di ammettere il patrocinio a spese dello stato per le spese dell'Organismo di Composizione della Crisi, organo necessario per lo svolgimento della procedura, il cui gestore è un professionista, ma non necessariamente un avvocato.
In realtà la Cassazione ha già ammesso per altre procedure di volontaria giurisdizione il patrocinio a spese dello Stato anche laddove la difesa tecnica non sia obbligatoria (vedasi Corte di Cassazione, n. 30069 del 2017), mentre non è necessario che vi sia una legge apposita per l'ammissione di una particolare procedura attesa la norma suddetta di cui all'art. 74 che estende il benficio a tutti i giudizi penali, civili, amministrativi e di volontaria giurisdizione.
Viene ora meno anche l'ultima ragione asseritamente problematica posta dai sostenitori della tesi negativa all'ammissione, atteso che la Corte Costituzionale, con sentenza 121/2024 del 04.07.2024, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale degli artt. 144 e 146 del DPR 115/2002, laddove non prevedono l'ammissione della liquidazione controllata al beneficio, alle stesse condizioni della liquidazione giudiziale, evoluzione normativa del fallimento, che vi era sempre stato ammesso.
Tale decisione non incide direttamente sull'ammissione al patricinio del debitore nelle procedure di sovraindebitamento, tuttavia le motivazioni della sentenza affermano principi che volgono in maniera inequivocabile verso tale direzione, rilevando il diritto costituzionale al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, per garantire l'effettività della tutela ai non abbienti: “l’accesso al patrocinio a spese dello Stato serve «a rimuovere, in armonia con l’art. 3, secondo comma, Cost. (sentenza n. 80 del 2020), “le difficoltà di ordine economico che possono opporsi al concreto esercizio del diritto di difesa” (sentenza n. 46 del 1957, di seguito citata dalla sentenza n. 149 del 1983; in senso analogo, le sentenze n. 35 del 2019, n. 175 del 1996 e n. 127 del 1979), assicurando l’effettività del diritto ad agire e a difendersi in giudizio, che il secondo comma del medesimo art. 24 Cost. espressamente qualifica come diritto inviolabile (sentenze n. 80 del 2020, n. 178 del 2017, n. 101 del 2012 e n. 139 del 2010; ordinanza n. 458 del 2002)» (sentenza n. 157 del 2021)”.
La Corte tiene poi conto della particolarità delle procedure della crisi, volte proprio all'esdebitazione per cui, nel bilanciamento di tale diritto con le esigenze di contenimento della spesa pubblica, è giustificato il mancato pagamento di oneri e spese da parte del soggetto beneficiario: “per di più, entrambe le procedure garantiscono l’accesso a misure di carattere esdebitatorio, che rendono inesigibili i debiti rimasti insoddisfatti nell’ambito della procedura, così da consentire al debitore l’utile ricollocamento «all’interno del sistema economico e sociale, senza il peso delle pregresse esposizioni, pur a fronte di un adempimento solo parziale rispetto al passivo maturato» (sentenza n. 245 del 2019)”.
Alla luce di tali motivazioni l'ammissione della persona che accede alla procedura per la difesa tecnica è quindi sicuramente garantita e derivante dall'art. 74 del DPR, non necessitando sicuramente alcuna pronuncia di illegittimità costituzionale.
Probabilmente è necessario un intervento della Corte per ammettere le spese ed onorari dell'OCC, che tuttavia si ritiene consequienziale alla sentenza che si commenta, laddove non si ritenga già sufficiente la sentenza suddetta. Essa infatti ritiene irragionevole la distinzione tra liquidazione giudiziale, ammessa al beneficio, e liquidazione controllata, non ammessa, per cui dichiara l'inammissibilità dell'art. 146 prima parte, oggetto della questione di legittimità costituzionale, per ammettere la liquidazione alla prenotazione a debito delle spese di giustizia. Tuttavia esso va esteso altresì alla seconda parte dell'articolo per le medesime motivazioni, consentendo il pagamento del gestore della crisi nel sovraindebitamento da parte dello Stato (con anticipazione a carico dell'erario), sussistendone le condizioni, così come avviene per il gestore della crisi d'impresa (già curatore fallimentare).