Con l’ordinanza n. 14486/2019, la Corte di Cassazione si è pronunciata in merito alla necessità o meno, nell’ambito del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, che il creditore opposto, ai fini del riconoscimento della pretesa creditoria, debba formulare espressa domanda di accertamento del credito o è sufficiente che richieda la conferma del decreto ingiuntivo opposto.
IL CASO: la vicenda esaminata prende spunto dalla sentenza emessa dalla Corte di Appello che, in riforma della decisione del Tribunale, ha accolto l’opposizione a decreto ingiuntivo promossa da un lavoratore nei confronti del suo datore di lavoro (ente pubblico) per la restituzione di una somma versata da quest’ultimo in esecuzione di una sentenza emessa dal TAR per rivalutazione monetaria sull’indennità premio di servizio corrisposta in ritardo.
A seguito di CTU, disposta in sede di appello, era stato accertato che le somme pretese in restituzione da parte del datore di lavoro erano superiori a quelle effettivamente corrisposte per la svalutazione monetaria. La Corte territoriale ha revocato il decreto ingiuntivo, non riconoscendo al datore di lavoro la minor somma in quanto quest’ultimo, nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo, si era limitato a chiedere la conferma del decreto opposto senza formulare espressamente domanda di accertamento del credito per un importo inferiore rispetto a quello azionato con il procedimento monitorio.
La domanda di accertamento del credito era stata formulato dal datore di lavoro solo in sede di appello e, pertanto, era da considerarsi inammissibile.
Avverso la sentenza della Corte di Appello interponeva ricorso per Cassazione il datore di lavoro (ente), il quale deduceva, fra l’altro, la violazione e la falsa applicazione dell'art. 653 c.p.c., in relazione all'art. 111 Cost., comma 7, ed al CEDU, art. 6, per aver la Corte territoriale accolto l’opposizione in virtù dell’omessa specifica richiesta da parte dell’opposta dell’accertamento della pretesa creditoria in un importo diverso da quello ingiunto.
LA DECISIONE: Con l’ordinanza in commento, la Corte di Cassazione, dopo aver ribadito il principio espresso dalla pacifica giurisprudenza di legittimità secondo il quale “ l'opposizione a decreto ingiuntivo instaura un ordinario giudizio di cognizione, nel quale il giudice non deve limitarsi ad esaminare se l'ingiunzione sia stata legittimamente emessa ma deve procedere ad un'autonoma valutazione di tutti gli elementi offerti sia dal creditore, per dimostrare la fondatezza della pretesa fatta valere con il ricorso, sia dell'opponente per contestarla”, ha accolto il motivo del ricorso con rinvio ad altra Sezione della Corte di Appello in diversa composizione.
Gli Ermellini hanno, altresì, evidenziato che:
nell’ambito del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo non è necessario che il creditore opposto formuli una specifica ed espressa domanda tesa ad ottenere una pronuncia sul merito della propria pretesa creditoria, essendo sufficiente che il creditore originario resista alla proposta opposizione e chieda la conferma del decreto opposto;
con la notifica del ricorso per decreto ingiuntivo al debitore, il creditore propone domanda di condanna per l'intero importo ingiunto (cfr. art. 643 c.p.c.), tale essendo l'oggetto del giudizio;
il giudice della opposizione, ove ritenga il credito solo parzialmente fondato, deve revocare il decreto ingiuntivo ed emettere condanna per il minor importo, come si evince anche dall'art. 653 c.p.c., comma 2.
Cassazione civile ordinanza n.14486/2019