“La negoziazione assistita è stata introdotta con finalità di incentivare strumenti alternativi alla giurisdizione in grado potenzialmente di produrre lo stesso risultato di quello derivante dall’intervento del giudice, con regole semplificate.”
Questo è quanto chiarito da una recente sentenza del Tribunale di Roma n. 12727/2019.
Venerdi 6 Marzo 2020 |
La Negoziazione Assistita rientra a pieno titolo tra le cosiddette “alternative dispute resolution” (A.D.R.), ovvero tra i metodi di risoluzione di una lite alternativi al processo.
Tali alternative alla giurisdizione rendono, o dovrebbero rendere, la controversia giudiziaria l’estrema “ratio”, aiutando a ridurre i carichi giudiziari e garantendo la ragionevole durata del processo, oltre che favorendo una composizione del conflitto più aderente agli interessi individuali rispetto alla decisione del Giudice.
Una prima caratteristica comune alle A.D.R. è che le stesse possono avere ad oggetto esclusivamente diritti disponibili, ovvero diritti di cui il titolare possa liberamente disporre. Non possono essere oggetto delle A.D.R. i diritti indisponibili, ovvero diritti che soddisfano non solo il titolare, ma anche interessi pubblicistici (diritti di status, di capacità, i diritti della personalità etc…).
Tra i principali strumenti alternativi al processo si ricordano: la “negoziazione assistita” ex artt. 2-12 D.L. n. 132/14, la “mediazione civile e commerciale” ex D.lgs n.28/10 e per certi aspetti anche l’ arbitrato ex artt. 806-840 c.p.c. .
Per quanto riguarda la “negoziazione assistita” essa è un procedimento finalizzato a negoziare, con buona fede e lealtà, per raggiungere un accordo amichevole tra le parti avente valore di titolo esecutivo, ciò a differenza della semplice transazione. La negoziazione assistita è obbligatoria, per poter iniziare la relativa azione dinanzi al Tribunale, in tre casi:
1) risarcimento danni da circolazione di veicoli e natanti ex art. 3 commi 1 e 3 D.L. n. 132/14;
2) pagamento a qualsiasi titolo di somme non eccedenti i cinquanta mila euro, anche in ambito commerciale, ex art. 3 commi 1 e 3 D.L. n. 132/14;
3) controversie su contratti di trasporto e sub-trasporto ex art 1 comma 249 L. n. 190/14.
Quando la controversia verte su questi tre ambiti la “negoziazione assistita” è condizione di procedibilità della domanda (ad esclusione dei casi ex art. 3 comma 3 DL 132/14). Quindi se la procedura A.D.R. in esame non viene tentata preliminarmente al procedimento giudiziario lo stesso, nel caso che fosse avviato ugualmente, sarebbe dichiarato “improcedibile” dal Giudice.
Le parti durante tutto il percorso della “negoziazione assistita” devono essere assistite da uno o più avvocati ex art. 2 D.L. n. 132/14. I rispettivi avvocati, sia che la negoziazione abbia esito positivo sia che abbia avuto esito negativo, hanno diritto al compenso professionale in base a precisi parametri di legge, salvo che la parte assistita in negoziazione non dimostri di avere diritto al patrocinio gratuito a spese dello Stato.
La parte interessata, con l’assistenza dell’avvocato di fiducia, inizia la “negoziazione assistita” inviando alla controparte l’“invito a stipulare una convenzione di negoziazione assistita”. Ovvero un formale invito a sottoscrivere una convenzione, ovvero un contratto, in cui si concordano le regole a cui attenersi nel successivo negoziato, che dovrà essere condotto nel rispetto della buona fede e della lealtà tra le parti. L’invito a stipulare la convenzione deve essere firmato dalla parte e la firma deve essere certificata dal proprio avvocato entro i termini di prescrizione e decadenza del relativo diritto. Questi ultimi termini vengono sospesi dalla comunicazione dell’invito alla controparte ex art. 8 D.L. n. 132/14.
Dal momento in cui la controparte riceve il formale invito, la stessa ha a disposizione 30 (trenta) giorni entro i quali decidere se aderire all’invito stipulando il contratto di negoziazione oppure no. Infatti, la controparte potrà rispondere all’invito rifiutando di aderire, tramite raccomandata a/r o P.E.C., oppure potrà lasciar decorrere i trenta giorni ex artt. 3 e 4 D.L. n. 132/14. In tali casi il tentativo obbligatorio di “negoziazione assistita” potrà dirsi esperito, ovvero soddisfatto, e la parte interessata potrà ricorrere allo strumento giudiziario. La controparte che non ha risposto all’invito oppure che ha risposto negativamente potrà incorrere in responsabilità in sede processuale in ordine anche alla condanna alla spese, che potrà essere aumentata sino al triplo, perché il suo atteggiamento potrebbe essere giudicato “temerario” dal Giudice, se non addirittura potrà essere considerato un vero e proprio “abuso del processo”.
Nel caso in cui, entro i 30 (trenta) giorni dall’invito, la controparte dichiari di aderire, tramite raccomandata a/r o P.E.C., si aprono 2 fasi.
1) Nella prima gli avvocati predispongono la “convenzione di negoziazione assistita”, ovvero il contratto con cui si fissano le regole del negoziato, la durata che non potrà essere inferiore ad un mese nè superiore a 3 mesi, il richiamo alla buona fede e lealtà e l’indicazione dell’assoluta riservatezza di tutto quanto detto durante il negoziato assistito ex art. 2 comma 2 D.L. n. 132/14. Al termine della predisposizione la convenzione sarà firmata sia dalla parti, che devono presenziare personalmente, e dagli avvocati assistenti in certificazione.
2) Nella seconda fase si apre la negoziazione vera e propria durante la quale, anche con più incontri, le parti e gli avvocati discutono del merito della vicenda con reciproca lealtà allo scopo di trovare una soluzione di compromesso. Tutte le informazioni ricevute in questa fase sono assolutamente riservate e non possono essere divulgate in alcun modo ex art. 9 comma 2 D.L. n. 132/14. Se gli avvocati dovessero utilizzare le suddette informazioni durante il successivo processo incorrerebbero in illecito disciplinare ex art. 9 comma 4 D.L. n.132/14.
La fase negoziale, successiva alla stipulata convenzione, può concludersi in modo negativo, ovvero senza che le parti abbiano raggiunto un compromesso accettabile. In tal caso gli avvocati redigono la dichiarazione di “mancato accordo” che dovrà essere certificata dagli avvocati stessi. Oltretutto, la dichiarazione di “mancato accordo”, la “convenzione di negoziazione assistita” e l’iniziale “invito alla convenzione di negoziazione assistita” sono gli unici “atti” che potranno essere portati all’attenzione del Giudice al fine di dimostrare il corretto svolgimento della condizione di procedibilità.
In caso in cui il negoziato abbia esito positivo e le parti raggiungano un compromesso, gli avvocati assistenti predispongono il contratto finale in cui si regola la soluzione della lite. Tale contratto deve essere firmato dalla parti e dagli avvocati che certificano l’autografia e attestano la conformità alle norme imperative e all’ordine pubblico ex art. 5 comma 2 D.L. n. 132/14.
Se nel contratto si concorda un atto soggetto a trascrizione sarà necessario ricorrere ad una terza firma, ovvero quella del pubblico ufficiale a ciò autorizzato, generalmente un notaio ex art. 5 comma 3 D.L. n.132/14. Queste necessità sono state confermate dalla Giurisprudenza dopo ampio dibattito (ex multis Corte d’Appello Trieste n. 207/17).
Il contratto che conclude positivamente la “negoziazione assistita” ha valore di titolo esecutivo e di titolo per l’iscrizione dell’ipoteca giudiziale. Conseguentemente, al pari di una sentenza giudiziale, nel caso in cui una parte violasse l’accordo, l’altra parte potrà procedere direttamente con l’espropriazione forza e i relativi pignoramenti ex art. 480 c.p.c. e art. 5 DL n. 132714.
Le parti che hanno raggiunto l’accordo hanno diritto ad un credito di imposta sul compenso corrisposto ai rispettivi avvocati per la negoziazione assistita, fino ad un massimo di € 250,00. La negoziazione assistita in ambito familiare, nei casi di separazione e/o divorzio, assume un procedimento diverso ed è facoltativa.