Con l'ordinanza n. 36537/2023 la Corte di Cassazione ribadisce il principio per cui nel caso in cui sia rigettata l'opposizione ad un decreto ingiuntivo non esecutivo, la sentenza che definisce il giudizio non costituisce titolo esecutivo per gli importi liquidati nel decreto stesso, ma solo per il capo contenente l'eventuale condanna alle spese a carico del debitore opponente.
Mercoledi 10 Gennaio 2024 |
Il caso: Tizio e Mevia proponevano opposizione al precetto notificato dalla Delta s.a.s. in forza di sentenza resa dal Tribunale, che aveva integralmente rigettato l’opposizione ex art. 645 cod. proc. civ. avverso il decreto ingiuntivo emesso dallo stesso Tribunale.
A sostegno dell’opposizione deducevano, per quel che rileva in questa sede, che non era stato notificato, unitamente al precetto, il titolo esecutivo, che non si identificava con la sentenza, ma con il decreto ingiuntivo opposto, e che non era stata fatta menzione nel precetto stesso dell’apposizione della formula esecutiva.
Il Tribunale adito accoglieva parzialmente l’opposizione, escludeva dalle somme portate dal precetto gli importi richiesti a titolo di imposta di registro sul decreto ingiuntivo e a titolo di I.V.A. sulle spese legali; respingeva nel resto l’opposizione.
Per il Tribunale la sentenza che confermava il decreto ingiuntivo, rigettando l’opposizione, si sostituiva al decreto stesso come titolo esecutivo; il precetto era stato notificato in uno con la sentenza di condanna, sicché, costituendo essa sola il titolo esecutivo, non vi era necessità di una notifica anche del decreto agli effetti di quanto richiesto dall’art. 479 cod. proc. civ.
Tizio e Mevia ricorrono in Cassazione, lamentando la violazione e falsa applicazione dell’art. 653 c.p.c. in relazione all’art. 282 c.p.c: per i ricorrenti la sentenza che rigetta l’opposizione è sentenza di mero accertamento e non può costituire titolo esecutivo per gli importi già accertati e liquidati nel provvedimento monitorio, ma solo per il capo contenente l’eventuale condanna alle spese in capo al debitore opponente.
La Suprema Corte, nel ritenere fondata la censura, ribadisce quanto segue:
a) qualora sia integralmente respinta l'opposizione avverso un decreto ingiuntivo non esecutivo, con sentenza che non pronunci sulla sua esecutività, il titolo fondante l'esecuzione non è quest'ultima, bensì, quanto a sorte capitale, accessori e spese da quello recati, il decreto stesso, la cui esecutorietà è collegata, appunto, alla sentenza, in forza della quale viene sancita indirettamente, con attitudine al giudicato successivo, la piena sussistenza del diritto azionato, nell'esatta misura e negli specifici modi in cui esso è stato posto in azione nel titolo, costituendo, invece, la sentenza titolo esecutivo solo per le eventuali, ulteriori voci di condanna in essa contenute;
b) il rigetto integrale dell’opposizione è presupposto per il conferimento (o il consolidamento, nelle ipotesi contemplate dall’art. 642 c.p.c.) di esecutorietà in via definitiva al decreto d’ingiunzione, fermo restando che a passare in giudicato non è il decreto, ma il comando ricavato dalla combinazione del decreto e della sentenza di rigetto dell’opposizione al medesimo: sicché, fino a quando il giudizio di opposizione permanga senza espressa revoca di questo, l’unico titolo idoneo ad acquisire efficacia esecutiva resta il decreto.
Cassazione civile ordinanza 36537 2023