Natura del reclamo avverso la sentenza dichiarativa del fallimento.

Natura del reclamo avverso la sentenza dichiarativa del fallimento.

La Corte d’Appello di Napoli in data 8/7/2019, ha accolto il reclamo proposto dalla fallita contumace nel giudizio prefallimentare

Martedi 16 Luglio 2019

La Sentenza in esame, resa dalla V Sezione Civile – VG della Corte d’Appello di Napoli in data 8/7/2019, ha accolto il reclamo (ex art. 18 LF:  “contro la sentenza che dichiara il fallimento può essere proposto reclamo dal debitore e da qualunque interessato con ricorso da depositarsi nella cancelleria della corte d'appello nel termine perentorio di trenta giorni.

Il ricorso deve contenere:

1) l'indicazione della corte d'appello competente;

2) le generalità dell'impugnante e l'elezione del domicilio nel comune in cui ha sede la corte d'appello;

3) l'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto su cui si basa l'impugnazione, con le relative conclusioni;

4) l'indicazione dei mezzi di prova di cui il ricorrente intende avvalersi e dei documenti prodotti.

Il reclamo non sospende gli effetti della sentenza impugnata, salvo quanto previsto dall'articolo 19, primo comma. Il termine per il reclamo decorre per il debitore dalla data della notificazione della sentenza a norma dell'articolo 17 e per tutti gli altri interessati dalla data della iscrizione nel registro delle imprese ai sensi del medesimo articolo.

In ogni caso, si applica la disposizione di cui all'articolo 327, primo comma, del codice di procedura civile. Il presidente, nei cinque giorni successivi al deposito del ricorso, designa il relatore, e fissa con decreto l'udienza di comparizione entro sessanta giorni dal deposito del ricorso. Il ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell'udienza, deve essere notificato, a cura del reclamante, al curatore e alle altre parti entro dieci giorni dalla comunicazione del decreto. Tra la data della notificazione e quella dell'udienza deve intercorrere un termine non minore di trenta giorni.

Le parti resistenti devono costituirsi almeno dieci giorni prima della udienza  eleggendo il domicilio nel comune in cui ha sede la corte d'appello. La costituzione si effettua mediante il deposito in cancelleria di Una memoria contenente l'esposizione delle difese in fatto e in diritto, nonché l'indicazione dei mezzi di prova e dei documenti prodotti. L'intervento di qualunque interessato non può avere luogo oltre il termine stabilito per la costituzione delle parti resistenti con le modalità per queste previste. All'udienza, il collegio, sentite le parti, assume, anche d'ufficio, nel rispetto del contraddittorio, tutti i mezzi di prova che ritiene necessari, eventualmente delegando un suo componente.

La corte provvede sul ricorso con sentenza. La sentenza che revoca il fallimento è notificata, a cura della cancelleria, al curatore, al creditore che ha chiesto il fallimento e al debitore, se non reclamante, e deve essere pubblicata a norma dell'articolo 17.La sentenza che rigetta il reclamo è notificata al reclamante a cura della cancelleria. Il termine per proporre il ricorso per cassazione è di trenta giorni dalla notificazione.

Se il fallimento è revocato, restano salvi gli effetti degli atti legalmente compiuti dagli organi della procedura. Le spese della procedura ed il compenso al curatore sono liquidati dal tribunale, su relazione del giudice delegato, con decreto reclamabile ai sensi dell'articolo 26) proposto dalla fallita contumace nel giudizio prefallimentare, revocando il fallimento pronunziato dal Tribunale di Torre Annunziata.

La Corte, benchè abbia respinto due motivi di gravame che riguardavano l’omesso deposito di una visura camerale storica aggiornata della fallenda da parte della ricorrente e vizi che afferivano il processo notificatorio degli atti introduttivi,  ha accolto il terzo motivo di impugnazione accertando, così come prospettato dalla reclamante, l’insussistenza dei cd. “requisiti dimensionali” (ex art. 1, comma 2 LF: Sono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo gli imprenditori che esercitano una attivita' commerciale, esclusi gli enti pubblici.

2. Non sono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo gli imprenditori di cui al primo comma, i quali dimostrino il possesso congiunto dei seguenti requisiti: a) aver avuto, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito della istanza di fallimento o dall'inizio dell'attivita' se di durata inferiore, un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore ad euro trecentomila; b) aver realizzato, in qualunque modo risulti, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell'istanza di fallimento o dall'inizio dell'attivita' se di durata inferiore, ricavi lordi per un ammontare complessivo annuo non superiore ad euro duecentomila; c) avere un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore ad euro cinquecentomila.

3. I limiti di cui alle lettere a), b) e c) del secondo comma possono essere aggiornati ogni tre anni con decreto del Ministro della giustizia, sulla base della media delle variazioni degli indici ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati intervenute nel periodo di riferimento) e quindi la non assoggettabilità al fallimento di essa reclamante.

La Corte territoriale ha quindi confermato, richiamando i noti arresti di giurisprudenza di legittimità (tra cui Cassazione Civile Sentenza n. 8226/2015: “deve ritenersi infondata la deduzione del Fallimento, che con la mancata comparizione avanti al Tribunale, il debitore avesse rinunciato a far valere il mancato superamento dei requisiti di non fallibilità.”

Tale tesi contrasta con la natura propria del giudizio di reclamo ex art.18 l.f.. Ed infatti, come affermato nella pronuncia 22546/2010, nel giudizio di impugnazione avverso la sentenza dichiarativa di fallimento, quanto ai procedimenti in cui trova applicazione la riforma di cui al d.lgs. n. 169 del 2007, che ha modificato l’art. 18 legge fall», ridenominando tale mezzo come “reclamo” in luogo del precedente “appello”, l’istituto, adeguato alla natura camerale dell’intero procedimento, è caratterizzato, per la sua specialità, da un effetto devolutivo pieno, cui non si applicano i limiti previsti, in tema di appello, dagli artt. 342 e 345 c.p.c., pur attenendo il reclamo ad un provvedimento decisorio, emesso all’esito di un procedimento contenzioso svoltosi in contraddittorio e suscettibile di acquistare autorità di cosa giudicata; ne consegue che il debitore, benché non costituito avanti al tribunale, può indicare anche per la prima volta, in sede di reclamo, i mezzi di prova di cui intende avvalersi, al fine di dimostrare la sussistenza dei limiti dimensionali di cui all’art. 1, comma 2, l.f., tenuto conto che, sul punto e come ribadito da Corte cost. 1 luglio 2009, n. 198 – in tema di dichiarazione di fallimento ed onere della prova nel procedimento dichiarativo – permane un ampio potere di indagine officioso in capo allo stesso organo giudicante.”), la sussistenza del cd. “effetto devolutivo pieno” del giudizio di reclamo ex art. 18 LF e la possibilità, invocata dall’appellante, di accertare  la mancanza dei “requisiti dimensionali” anche se i Bilanci esibiti dalla reclamante non risultavano depositati al Registro delle Imprese, acquisendo documentazione presso il fascicolo fallimentare del Tribunale torrese circa le domande di insinuazione al passivo. L’unico appunto, ad avviso dello scrivente, che può essere mosso alla Sentenza in parola è quando ivi si afferma che la reclamante abbia esibito i Bilanci dal 2012 al 2018 “che difettavano dell’approvazione dei soci”, mentre invece essi Bilanci erano corredati dai verbali delle Assemblee dei soci che avevano approvato i Bilanci per i riferiti esercizi.

Allegato:

Corte Appello Napoli sentenza n.90/2019

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