La responsabilita’ del dog sitter per la morte di un cane (a questi affidato) a seguito di incidente stradale causato dallo stesso dog sitter
Lunedi 25 Agosto 2025 |
Mevia, dogsitter, nel mentre trasporta nella propria auto il cagnolino di Tizia- quest’ultima fuori città per una breve vacanza- rimane coinvolta in un incidente stradale che provoca la morte dell’animale. Mevia aveva tamponato l’auto che la precedeva e la cagnolina, che pare si trovasse sul sedile anteriore del passeggero senza trasportino e senza cintura di sicurezza, viene scaraventata sul cruscotto della macchina riportando diversi traumi che determinano la morte.
La perdita dell’amata cagnolina avrebbe cambiato la vita di Tizia caratterizzata da forti stati d’ansia che hanno reso necessario ricorrere ad una psicoterapeuta e a trattamenti farmacologici. La vicenda giunge n Tribunale, quello di Roma (sent. n. 13394/2024)
Se è vero che gli animali di compagnia diventano parte integrante della famiglia e che la loro perdita causa sempre un vuoto incolmabile, Il Tribunale si interroga sul fatto che esista o meno un risarcimento per morte del cane e a quanto ammonta. Per quanto riguarda il semplice ferimento del cane, la Cassazione ha negato ogni risarcimento del danno morale (Cass. sent. n. 26770/2018). Si tratta infatti – a detta dei giudici – della lesione di un interesse, quello all’integrità fisica dell’animale, che non è tutelato dalla nostra Costituzione. In ipotesi di morte dell’animale, ad oggi la Cassazione riconosce solo i danni patrimoniali conseguenza della morte del cane. Così leggo in sentenza (!).
Esaurita la disamina della parte normativa, il Tribunale esamina il fatto pervenendo alla conclusione che Tizia, proprietaria del cagnolino deceduto, non avrebbe adeguatamente e sufficientemente provato i fatti dedotti. Mentre Mevia, la dog sitter, avrebbe dimostrato, mediante indicazione di testi escussi, la mancata responsabilità sui fatti di causa. In particolare un teste indicati da Mevia afferma: “ho visto una sorta di scatola sul sedile passeggero; quando la signora ha aperto lo sportello, ho potuto vedere che la “scatola” era un trasportino per cani di stoffa, con dentro un cagnolino che è stato tirato fuori dal trasportino”. I testi indicati da Tizia, proprietaria della cagnolina, affermano: “non so se al momento dell’impatto la cagnolina fosse nel trasportino; non posso dire se la cagnolina fosse all’interno del trasportino posizionato ed assicurato ai sedili”.
Tizia perde la causa non avendo dimostrato il proprio diritto al risarcimento per la morte del cane limitatamente ai danni patrimoniali (la richiesta di Tizia complessivamente considerata era di circa 10.000,00 euro).
Pur perdendo la causa Tizia non viene condannata alle spese di lite dal momento che, osserva il Tribunale, parte convenuta, nella fase stragiudiziale, non aveva dato seguito alle richieste di parte attrice, non potendo ritenersi, la richiesta di parte attrice, prime facie infondata e/o pretestuosa. Motivo per il quale il Tribunale ritiene giustificata una compensazione delle spese di lite ex art. 92, comma 2°, c.p.c.
Prima di chiudere un sintetico commento si rende obbligatorio. A prescindere dall’esito del giudizio verso il quale chi scrive non ha alcun elemento per prendere una posizione, sono possibili alcune considerazioni. Un paio informative e una in diritto.
Questa sentenza dimostra ancora una volta il rischio che grava sull’attività di dog sitter qualificandosi contrattuale il rapporto tra Tizia e Mevia. E tanto al netto di una inesistenze normativa dedicata a tante figure che intervengono nella gestione di un cane (dog sitter, educatori, addestratori). Il valore in gioco era certamente alto (la richiesta risarcitoria avanzata da Tizia e in questa vicenda non è stata accolta. Ma avrebbe potuto esserlo.
La valutazione circa la compensazione delle spese è un monito a potenziali destinatari di richieste risarcitorie (o di qualche altro tipo) di non sottovalutare le stesse in fase stragiudiziale.
La considerazione in diritto è quella che più mi preoccupa. Il fatto che nonostante una storia giurisprudenziale di almeno 25 anni in tema di danno non patrimoniale per la morte o ferimento di un animale, un Tribunale possa ancora parlare in termini di “non è dato discorrere” citando ancora, senza a mio modo averne colto il senso, le sentenze gemelle di San Martino (2008). Sempre con il più assoluto e doveroso, quanto dovuto, rispetto per la magistratura e i suoi giudici.