Sezioni Unite: ammissibile la rinuncia abdicativa della proprietà di immobili e terreni

Sezioni Unite: ammissibile la rinuncia abdicativa della proprietà di immobili e terreni

Negli ultimi anni, complice la crisi economica, molti proprietari di seconde case non utilizzate o di terreni incolti, al fine di non pagare le tasse e di non sostenere spese di manutenzione, decidono di disfarsene rinunciando al diritto di proprietà con il conseguente trasferimento nel patrimonio dello Stato ai sensi dell'art. 827 del Codice Civile.

Martedi 26 Agosto 2025

Con la sentenza 23093/2025, pubblicata l’11 agosto 2025, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione si sono pronunciate sulla legittimità o meno di tale rinuncia.

IL CASO: il Ministero dell'Economia e delle Finanze e l’Agenzia del Demanio agivano in giudizio chiedendo che venissero dichiarati nulli e/o inefficaci due atti notarili, regolarmente trascritti, aventi ad oggetto, il primo la rinuncia da parte dei convenuti al diritto di proprietà di alcuni terreni giudicati “sostanzialmente inservibili e privi di valore economico”, in quanto, come risultava dal certificato di destinazione urbanistica depositato agli atti, sottoposti a vincolo di pericolosità elevata del piano di assetto idrogeologico predisposto dalla regione, e il secondo la rinuncia alla proprietà di un immobile.

A fondamento della prima domanda, gli attori (Ministero dell’Economia e delle Finanze e dall’Agenzia del Demanio) sostenevano l’inammissibilità della rinuncia in quanto effettuata solo per un fine “egoistico”, ovvero per scaricare sullo Stato un bene inutile e i relativi oneri fiscali. Il tutto in palese contrasto con la “funzione sociale” della proprietà sancita dalla Costituzione.

Relativamente alla seconda domanda, le amministrazioni attrici rappresentavano che la rinuncia abdicativa compiuta comportava la traslazione di costi elevatissimi e responsabilità civile e penale in capo allo Stato e alla collettività, essendo l’area, dove era collocato l’immobile oggetto di causa, compresa nell’Inventario dei Fenomeni Franosi in Italia.

Entrambi i Tribunali aditi, avvalendosi di quanto previsto dall'art. 363 bis c.p.c., introdotto dalla riforma Cartabia, hanno disposto il rinvio pregiudiziale alla Cassazione per la risoluzione della questione di diritto ‹‹attinente all'ammissibilità della rinuncia abdicativa al diritto di proprietà su beni immobili, nonché all'eventuale indicazione del perimetro del sindacato giudiziale sull'atto››, che è stata dichiarata ammissibile dalla Prima Presidente della Cassazione con conseguente assegnazione alle Sezioni Unite per l’enunciazione del principio di diritto.

LA DECISIONE: Nel disporre la restituzione degli atti ai Tribunali di provenienza, le Sezioni Unite hanno affermato i seguenti principi di diritto:

“La rinuncia alla proprietà immobiliare è atto unilaterale e non recettizio, la cui funzione tipica è soltanto quella di dismettere il diritto, in quanto modalità di esercizio e di attuazione della facoltà di disporre della cosa accordata dall’art. 832 cod. civ., realizzatrice dell’interesse patrimoniale del titolare protetto dalla relazione assoluta di attribuzione, producendosi ex lege l’effetto riflesso dell’acquisto dello Stato a titolo originario, in forza dell’art. 827 cod. civ., quale conseguenza della situazione di fatto della vacanza del bene. Ne discende che la rinuncia alla proprietà immobiliare espressa dal titolare ‹‹trova causa››, e quindi anche riscontro della meritevolezza dell’interesse perseguito, in sé stessa, e non nell’adesione di un ‹‹altro contraente››.

Allorché la rinuncia alla proprietà immobiliare, atto di esercizio del potere di disposizione patrimoniale del proprietario funzionalmente diretto alla perdita del diritto, appaia, non di meno, animata da un «fine egoistico», non può comprendersi tra i possibili margini di intervento del giudice un rilievo di nullità virtuale per contrasto con il precetto dell’art. 42, secondo comma, Cost., o di nullità per illiceità della causa o del motivo: ciò sia perché le limitazioni della proprietà, preordinate ad assicurarne la funzione sociale, devono essere stabilite dal legislatore, sia perché non può ricavarsi dall’art. 42, secondo comma, Cost., un dovere di essere e di restare proprietario per «motivi di interesse generale».

Inoltre, esprimendo la rinuncia abdicativa alla proprietà di un immobile essenzialmente l’interesse negativo del proprietario a disfarsi delle titolarità del bene, non è configurabile un abuso di tale atto di esercizio della facoltà dominicale di disposizione diretto a concretizzare un interesse positivo diverso da quello che ne giustifica il riconoscimento e a raggiungere un risultato economico non meritato”.

In altri termini le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno ritenuto ammissibile la rinuncia al diritto di proprietà non esistendo un dovere di essere e di restare proprietario, affermando che:

- la rinuncia al diritto di proprietà è un atto unilaterale che non necessita di nessuna accettazione da parte di terzi soggetti, essendo sufficiente solo l'atto pubblico e la trascrizione;

- il controllo giudiziale non si basa sulla valutazione della "causa astratta" del negozio, ma sulla sua "causa in concreto" e, soprattutto, sugli effetti oggettivi che l'operazione economica produce;

- la nullità per un semplice "fine egoistico" del rinunciante, si configura solo quando l'atto si traduce in un'operazione che entra in "netto e irriducibile contrasto" con valori costituzionali e sovranazionali.

Allegato:

Cassazione civile Sezioni Unite sentenza 23093 2025


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