Nel determinare la misura del contributo al mantenimento dei figli minori da porre a carico dei genitori, il giudice deve considerare, come parametro di quantificazione, le accresciute esigenze dei figli e il tenore di vita da questi goduto durante la convivenza.
Lunedi 22 Settembre 2025 |
Tale principio è stato recentemente ribadito dalla Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 25534 del 17 settembre 2025.
Il caso: Il Tribunale di Reggio Calabria, nell'ambito del procedimento diretto alla cessazione degli effetti civili del matrimonio tra Caio e Mevia, disponeva un assegno di mantenimento in favore dei due figli minori nella misura di € 200,00 per ciascuna; la Corte d'Appello rigettava il gravame, rilevando che:
non poteva essere accolta la richiesta dell'appellante di cristallizzare il quantum nell'importo previsto in sede di separazione, per un verso, considerando le accresciute esigenze dei figli oggi in fase adolescenziali e, per altro verso, il carattere del tutto inadeguato del contributo proposto (€ 100,00 per ogni figlio) al di sotto di una soglia minima parametrata alle esigenze di vita dei minori;
l'importo stabilito dal Tribunale nella misura di € 200,00 per ciascun figlio rappresentava la soglia minima dalla quale non vi era ragioni per discostarsi.
Caio ricorre in Cassazione, lamentando che il giudice del gravame avrebbe valutato in sede di determinazione della misura di mantenimento da porre a carico del padre unicamente le accresciute esigenze dei figli trascurando le sue mutate condizioni economiche in senso peggiorativo anche a causa della rilevante esposizione debitoria verso il fisco; mentre l'appellata non avrebbe provato alcuna modifica delle proprie condizioni economiche e delle mutate esigenze dei figli.
Per la Cassazione il ricorso è inammissibile sulla base delle seguenti considerazioni:
a) l'art. 337 ter comma 4 c.c prevede, in particolare, che salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito;
b) il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità, da determinare considerando: 1) le attuali esigenze del figlio; 2) il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori; 3) i tempi di permanenza presso ciascun genitore; 4) le risorse economiche di entrambi ? genitori; 5) la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore;
c) i giudici della Corte di appello territoriale hanno correttamente ponderato in dettaglio la situazione del soggetto onerato in punto capacità lavorativa ed hanno escluso, sulla base di un accertamento di fatto, che l'appellante versasse in condizioni di indigenza estrema senza sua colpa o inerzia colpevole o si trovasse nella concreta impossibilità di provvedere al mantenimento dei figli cui è tenuto per legge;
d) in questa prospettiva hanno sottolineato come lo stesso non fosse affetto da patologie che lo rendessero invalido al lavoro e come fosse munito della capacità lavorativa potenziale ex se sufficiente ai fini dell'obbligo di cui agli artt. 316 bis e 337 ter c.c., nonché ex art. 30 Cost. resa evidente dall'impegno dimostrato in attività lavorative "anche in ambiti inter se distantibus";
e) con riguardo alla misura la Corte distrettuale ha correttamente considerato che il contributo di € 200,00 per ciascun figlio rappresenta la soglia minima per soddisfare in ragione dell'età le esigenze nel frattempo accresciute rispetto all'epoca dell'accordo separativo, trovandosi entrambi i minori nella fase adolescenziale;
f) inoltre, le aumentate esigenze dei figli in relazione all'età costituiscono fatto notorio che non necessita di apposita dimostrazione e di per sé legittima la revisione pure in mancanza di evoluzioni migliorative delle condizioni patrimoniali del genitore tenuto alla contribuzione.