Tra le circostanze che devono essere comunicate alle parti dal mediatore immobiliare ai sensi del primo comma dell’articolo 1759 c.c., relative alla valutazione e alla sicurezza dell’affare che possono influire sulla conclusione del contratto di compravendita di un immobile, rientra anche quella che l’immobile oggetto della compravendita proviene da una donazione.
Venerdi 1 Febbraio 2019 |
Questo è quanto affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 965/2019, pubblicata il 16 gennaio scorso.
IL CASO: La vicenda esaminata dai giudici di Piazza Cavour prende spunto dalla trattativa per la vendita di un immobile pervenuto al promittente venditore per donazione da parte dei propri genitori.
La trattativa veniva condotta da un’agenzia immobiliare che aveva ricevuto l’incarico dalla proprietaria, mentre la proposta di acquisto veniva indirizzata alla madre di quest’ultima. Il promittente acquirente, unitamente alla sottoscrizione della proposta di acquisto, consegnava all’agenzia immobiliare un assegno a titolo di corrispettivo a quest’ultima, spettante qualora l’affare si fosse concluso.
Successivamente alla sottoscrizione della proposta di acquisto, il promissario acquirente veniva a conoscenza della divergenza tra il soggetto al quale era stata indirizzata la proposta di acquisto dell’immobile e il soggetto proprietario di quest’ultimo, nonchè della provenienza dell’immobile al proprietario per donazione da parte dei propri genitori .
Pertanto, il promittente acquirente conveniva in giudizio gli originari proprietari e l’agenzia immobiliare al fine di vedersi riconoscere il diritto alla restituzione dell’importo dell’assegno consegnato a quest’ultima e al risarcimento del danno subito. La domanda veniva accolta in primo grado dal Tribunale che condannava i convenuti in solido alla restituzione dell’importo portato dall’assegno e al risarcimento del danno che veniva determinato in una somma inferiore rispetto a quella richiesta dagli attori. Il Tribunale condannava, altresì, l’agenzia immobiliare a pagare ai convenuti un terzo della somma che questi ultimi dovevano versare agli attori.
Proposto appello avverso la sentenza di primo grado da parte dei convenuti e appello incidentale da parte dell’Agenzia, la Corte territoriale accoglieva il gravame e riformava la sentenza di primo grado, osservando che il fallimento della trattativa per l’acquisto dell’immobile era imputabile alla condotta degli appellati (promittenti acquirenti).
Avverso la sentenza di secondo grado, questi ultimi proponevano ricorso per Cassazione deducendo, fra l’altro, la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 1759 c.c. e della legge n. 39 del 1989, avendo la Corte di Appello ritenuto non rilevante l’omissione dell’agente immobiliare di non aver comunicato la diversa intestazione dell’immobile rispetto all’apparente destinatario della proposta e la provenienza da atto di donazione.
LA DECISIONE: Il motivo del ricorso è stato ritenuto fondato dai Supremi Giudici della Corte di Cassazione che nell’accoglierlo con rinvio ad altra Sezione della Corte di Appello, dopo aver evidenziato che il sistema italiano di tutela dei legittimari presenta caratteristiche tali da far sì che risulti gravemente ostacolata la circolazione dei beni di cui il proprietario abbia disposto per donazione, hanno osservato:
la provenienza da donazione costituisce circostanza relativa alla valutazione e alla sicurezza dell’affare, rientrante nel novero delle circostanze influenti sulla conclusione di esso, che il mediatore deve riferire ex art. 1759 c.c. alle parti. Ciò in virtù degli inconvenienti cui dà normalmente luogo la provenienza da donazione (basti pensare che il sistema bancario non concede credito garantito da ipoteca, se l’immobile offerto in garanzia è stato acquistato a titolo gratuito);
Il mediatore tanto nell’ipotesi tipica in cui abbia agito in modo autonomo, quanto nell’ipotesi in cui si sia attivato su incarico di una delle parti (c.d. mediazione atipica, la quale costituisce in realtà un mandato), ha l’obbligo di comportarsi con correttezza e buona fede, e di riferire alle parti le circostanze dell’affare a sua conoscenza, ovvero che avrebbe dovuto conoscere con l’uso della diligenza da lui esigibile.
Tra queste ultime rientrano necessariamente, nel caso di mediazione immobiliare, le informazioni sulla eventuale contitolarità del diritto di proprietà in capo a più persone, sull’insolvenza di una delle parti, sull’esistenza di iscrizioni o trascrizioni pregiudizievoli, sull’esistenza di prelazioni od opzioni concernenti il bene oggetto della mediazione.
“L’obbligo del mediatore di comunicare, ai sensi dell’art. 1759 c.c., comma 1, alle parti le circostanze a lui note, relative alla valutazione e alla sicurezza dell’affare, che possono influire sulla conclusione di esso, non è limitato alle circostanze conoscendo le quali le parti o taluna di essa non avrebbero dato il consenso a quel contratto, ma si estende anche alle circostanze che avrebbero indotto le parti a concludere quel contratto con diverse condizioni e clausole. Il dovere di imparzialità che incombe sul mediatore è, infatti, violato e da ciò deriva la sua responsabilità – tanto nel caso di omessa comunicazione di circostanze che avrebbero indotto la parte a non concludere l’affare, quanto nel caso in cui la conoscenza di determinate circostanze avrebbero indotto la parte a concludere l’affare a condizioni diverse” (Cass. n. 2277/1984).