Con la sentenza del 20 giugno 2019 la Corte d'Appello di Milano si pronuncia in merito ala natura del termine che il giudice assegna alle parti per avviare la procedura di mediazione “delegata” e alle conseguenze derivanti dall'avvio tardivo della procedura.
Martedi 5 Novembre 2019 |
Il caso: T e C., in qualità di fideiussori, proponevano opposizione, unitamente alla società debitrice principale, avverso il decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Pavia che, su ricorso della banca, ingiungeva loro il pagamento della somma di euro 185.762,47, quale saldo debitore del conto corrente.
Alla prima udienza, il giudice istruttore disponeva procedersi alla mediazione e rinviava ad una udienza successiva (22.9.2015); a tale udienza, rilevato che non si era provveduto alla mediazione, il giudice riteneva la causa matura per la decisione. il Tribunale, con sentenza dichiarava improcedibile l’opposizione, per avere gli opponenti proposto la domanda di mediazione solo quattro giorni prima dell’udienza di rinvio fissata dal giudice: per il Tribunale, infatti “….qualora il deposito della domanda avvenga a ridosso dell'udienza, ciò preclude all’organismo di convocare le parti e consentire che gli incontri si svolgano effettivamente”.
I fideiussori propongono appello avverso la sentenza di primo grado, evidenziando che ricorre l’improcedibilità solo nell’ipotesi di mancato esperimento del procedimento di mediazione e non anche nel caso di ritardata presentazione della domanda di mediazione.
Per la Corte d'Appello la doglianza è infondata e nel confermare la declaratoria di improcedibilità, osserva quanto segue:
a) ci sono due contrapposti orientamenti in merito alla natura del temine di 15 giorni assegnato dal giudice:
1) secondo un primo indirizzo l’inosservanza del termine comporta l’improcedibilità del giudizio, stante la sua natura perentoria;
2) il secondo indirizzo, invece, afferma la natura ordinatoria del termine, con conseguente possibilità di proporre tardivamente la mediazione senza incorrere nella sanzione dell’improcedibilità della domanda; secondo questo orientamento giurisprudenziale, il ritardo non deve però pregiudicare l’effettivo esperimento del tentativo di mediazione;
b) nel caso in esame, il giudice di prime cure, rilevato che la mediazione non era stata esperita, alla prima udienza ha correttamente disposto procedersi alla mediazione, assegnando il termine di quindici giorni per il deposito della domanda e fissando la successiva udienza per consentire l’esperimento del detto procedimento;
c) nonostante il tempo decorso, all’udienza di rinvio la mediazione non era stata ancora esperita e, quindi, la condizione non si era avverata: il primo incontro davanti al mediatore non si era ancora tenuto, per colpevole ritardo della parte, che aveva presentato la domanda di mediazione solo quattro giorni prima dell’udienza;
d) per espressa disposizione di legge, la condizione di procedibilità si considera avverata solo dopo che si sia tenuto il primo incontro davanti al mediatore: di conseguenza la domanda proposta dagli attori è stata correttamente dichiarata improcedibile, giacché il suo mancato effettivo esperimento è dipeso dalla colpevole inerzia della parte, che ha presentato la domanda di mediazione pochi giorni prima dell’udienza;
e) peraltro, la natura ordinatoria del termine –secondo l’orientamento condiviso anche da questa Corte- è compatibile con la declaratoria d’improcedibilità nei casi, come quello di specie, di mancato effettivo esperimento della mediazione entro la data dell’udienza fissata per tale scopo: infatti pur ritenendo che, in considerazione della natura ordinatoria del termine, la domanda di mediazione possa essere presentata oltre il termine di quindici giorni assegnato dal giudice, è comunque necessario, per l’avveramento della condizione di procedibilità, che il primo incontro dinanzi al mediatore avvenga entro l’udienza di rinvio, fissata proprio per la verifica dell’effettivo esperimento della mediazione, a cui è subordinata la procedibilità dell’azione.