L’unico indirizzo di posta elettronica certificata (pec) valido ai fini processuali è quello che il difensore ha indicato una volta per tutte al Consiglio dell’Ordine di appartenenza. Il difensore non ha più l’obbligo di indicare negli atti di parte l’indirizzo di posta elettronica certificata, né ha la facoltà di indicare un indirizzo diverso da quello comunicato al Consiglio dell’ordine o di restringerne l’operatività alle sole comunicazioni di cancelleria, mentre ha l’obbligo di indicare il numero del codice fiscale.
Giovedi 18 Febbraio 2021 |
Questo è quanto affermato dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 3685/2021, pubblicata il 12 febbraio 2021.
IL CASO: Nella vicenda esaminata, la Corte di Appello dichiarava inammissibile, ai sensi dell’art. 348 c.p.c., il gravame proposto avverso la sentenza del Tribunale con il quale quest’ultimo aveva accolto l’opposizione promossa da una ditta individuale avverso un decreto ingiuntivo avente ad oggetto la richiesta di pagamento di una somma quale corrispettivo per la fornitura del materiale necessario per la realizzazione di un’edicola funeraria.
Pertanto, il creditore opposto interponeva ricorso per cassazione nel corso del quale quest’ultimo eccepiva l’inammissibilità del controricorso per essere stato notificato presso l’indirizzo PEC del difensore della parte ricorrente, anziché presso il domicilio eletto in occasione del deposito del ricorso. Secondo il ricorrente l’indirizzo pec del difensore era stato indicato ai soli fini delle comunicazioni e non anche ai fini delle notificazioni.
LA DECISIONE: La Corte di Cassazione ha rigettato l’eccezione di inammissibilità del controricorso richiamandosi all’orientamento degli stessi giudici di legittimità secondo il quale in materia di notificazioni al difensore, a seguito dell’introduzione del "domicilio digitale", corrispondente all’indirizzo PEC che ciascun avvocato ha indicato al Consiglio dell’Ordine di appartenenza, secondo le previsioni di cui al D.L. n. 179 del 201, art. 16 sexies conv. con modif. in L. n. 221 del 2012, come modificato dal D.L. n. 90 del 2014, conv., con modif., in L. n. 114 del 2014, la notificazione dell’atto vada eseguita all’indirizzo PEC del difensore costituito risultante dal ReGIndE, anche se esso non è stato indicato negli atti dal difensore medesimo.
Secondo gli Ermellini:
come previsto dal nuovo testo dell’art. 125 c.p.c., modificato dal D.L. 24 giugno 2014, n. 90, art. 45-bis, comma 1, convertito con modificazioni dalla L. 11 agosto 2014, n. 114 (Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari), il difensore non ha più l’obbligo di indicare negli atti di parte il suo indirizzo PEC;
l’indirizzo di posta elettronica certificata è "agganciato" in maniera univoca al codice fiscale del titolare. Pertanto, l’unico indirizzo PEC rilevante ai fini processuali è quello che è stato indicato dal difensore al Consiglio dell’Ordine di appartenenza;
non è consentito al difensore di indicare un indirizzo di posta elettronica certificata diverso da quello indicato al Consiglio dell’ordine di appartenenza;
è obbligatorio che il difensore indichi negli atti il proprio codice fiscale. Esso vale come criterio di univoca individuazione dell’utente SICID e consente, tramite il registro INI-PEC, di risalire all’indirizzo di posta elettronica certificata;
la domiciliazione ex lege presso la cancelleria è oggi prevista solo nel caso in cui le comunicazioni o le notificazioni della cancelleria o delle parti private non possano farsi presso il domicilio telematico per causa imputabile al destinatario.
resta invece fermo quanto previsto dal secondo comma dell’art. 366 c.p.c., limitatamente al giudizio di cassazione, secondo il quale la domiciliazione ex lege del difensore presso la cancelleria della Corte di Cassazione nel caso in cui non abbia eletto domicilio nel comune di Roma, né abbia indicato il proprio indirizzo di posta elettronica certificata;
tutte le volte in cui l’indirizzo pec è disponibile è espressamente vietato procedere con le notificazioni o con le comunicazioni presso la cancelleria, a prescindere dall’elezione o meno di un domicilio "fisico" nel comune in cui ha sede l’ufficio giudiziario innanzi al quale pende la causa.