Nell'ordinanza n. 7126 del 12 marzo 2021 la Corte di Cassazione si pronuncia in merito alla necessità che il giudice debba procedere alla liquidazione del danno biologico nel suo duplice aspetto della invalidità temporanea e di quella permanente, suscettibile quest'ultima di valutazione solo dal momento della stabilizzazione dei postumi.
Mercoledi 17 Marzo 2021 |
Il caso: Tizio, in proprio e quale genitore legale rappresentante della figlia minore Caia, (che, divenuta poi maggiorenne nel corso del primo grado, proseguiva il giudizio in proprio), agiva in giudizio contro l'ASL per ottenere il risarcimento dei danni subiti in seguito a trattamenti sanitari inadeguati cui era stata sottoposta Caia, presso la Divisione di Odontoiatria dell'Ospedale.
Le domande venivano rigettata dal Tribunale, mentre la Corte d'Appello, in sede di gravame, le accoglieva parzialmente, condannando l'Asl a risarcire gli attori nella misura indicata in sentenza.
La Corte d'appello, in particolare, respingeva la pretesa dell'attrice di ottenere il riconoscimento del danno da invalidità temporanea per l'intero periodo (pari a circa undici anni) in cui era stata sottoposta a cure odontoiatriche/ortodontiche finalizzate a contenere e stabilizzare i danni riportati a seguito dell'incidente (e del successivo inadeguato trattamento medico ricevuto), liquidando esclusivamente il danno derivante dall'inabilità temporanea per i quaranta giorni del suo ricovero ospedaliero.
Tizio e Caia ricorrono in Cassazione, censurando la sentenza di secondo grado sotto un duplice profilo:
a) per avere la Corte di Appello dell'Aquila ritenuto che il periodo di trattamento necessario per evitare un aggravamento del quadro clinico e contenere gli effetti negativi delle cure negligenti, sino alla stabilizzazione dei postumi, non possa essere liquidato come danno da invalidità temporanea ma sia assorbito dal danno da invalidità permanente;
b) per avere la Corte d'Appello personalizzato il danno non patrimoniale subito da Caia senza tener conto del reale periodo di invalidità temporanea.
La Suprema Corte accoglie il ricorso, ritenendo fondate le censure e sul punto osserva quanto segue:
la liquidazione del danno biologico deve tener conto della lesione dell'integrità psicofisica del soggetto sotto il duplice aspetto dell'invalidità temporanea e di quella permanente e quest'ultima è suscettibile di valutazione soltanto dal momento in cui, dopo il decorso e la cessazione della malattia, l'individuo abbia riacquistato la sua completa validità con relativa stabilizzazione dei postumi, onde l'esistenza di una malattia in atto e l'esistenza di uno stato di invalidità permanente non sono tra loro compatibili, di modo che, sinché durerà la malattia, permarrà uno stato di invalidità temporanea, anche se non v'è ancora invalidità permanente;
2) nel caso in esame, nella valutazione del pregiudizio avrebbe dovuto considerarsi sia il profilo dell'inabilità temporanea determinata dai trattamenti, per tutta la loro durata, sia (nell'ambito della complessiva liquidazione del danno non patrimoniale) il profilo delle eventuali conseguenti sofferenze morali o psicologiche patite dalla danneggiata a causa degli stessi.
Pertanto la sentenza viene cassata, ala luce del seguente principio di diritto: «la liquidazione del danno biologico deve tener conto della lesione dell'integrità psicofisica del soggetto sotto il duplice aspetto dell'invalidità temporanea e di quella permanente; quest'ultima è suscettibile di valutazione soltanto dal momento in cui, dopo il decorso e la cessazione della malattia,l'individuo abbia riacquistato la sua completa validità con relativa stabilizzazione dei postumi, mentre, ai fini della liquidazione del danno da invalidità temporanea, laddove il danneggiatosi sia dovuto sottoporre a periodi di cure, necessarie per conservare o ridurre il grado di invalidità residuato al fatto dannoso e/o impedire il suo aumento, gli va riconosciuto un danno da inabilità temporanea totale o parziale per tali periodi,inteso come privazione della capacità psico-fisica in corrispondenza di ciascun periodo e in proporzione al grado effettivo di inabilità sofferto, dovendosi inoltre tenere anche conto -nella liquidazione complessiva del danno non patrimoniale -delle relative sofferenze morali soggettive, eventualmente da egli patite negli indicati periodi».