E’ quello che percepisco avendo letto la sentenza n. 819 del 26 gennaio u.s. emessa dal Tribunale di Napoli.
Caio, invalido al 100%, chiede la condanna del Comune di Napoli ritenendo leso il proprio diritto alla socialità.
Lunedi 17 Febbraio 2025 |
Costretto a muoversi con l'ausilio di una carrozzina ed essendo proprietario di un cane, non riesce ad accedere ai giardini pubblici ubicati in prossimità del luogo in cui risiede. Tale area verde non è dotata di rampa d'accesso per le carrozzine impedendo a Caio - o rendendo più difficoltoso-l’accesso ai vialetti e soprattutto all’area di sgambamento per cani. Viene ritenuta una forma di discriminazione indiretta che giustificherebbe un risarcimento del danno non patrimoniale in suo favore. Non mi soffermo sulla natura del diritto rivendicato quanto sull’esito del giudizio.
Il Comune replica che vi sono giardini pubblici dotati di aree di sgambamento più vicine all'abitazione di Caio rispetto ai giardini indicati nell’atto introduttivo del giudizio. E tanto garantirebbe il diritto di Caio a “socializzare” pur ammettendo che le rampe d’accesso, maggiormente adatte all'ingresso di carrozzini per bambini, rendono più complicato ma non impossibile l'ingresso di Caio con la propria carrozzina.
In buona sostanza -ma è una mia personale interpretazione- il Tribunale pare dire che Caio ai giardini ci può andare (anche accedendo all’area cani) e che quelli, sia pure con la difficoltà o scomodità dedotta, sono più vicini di quelli nei quali vorrebbe accedere e di cui sempre all’atto introduttivo
Invero delle due aree verdi più vicine alla sua abitazione, indicate dalla difesa del Comune, in una, non è consentito accedere con animali domestici (circostanza confermata in istruttoria) mentre l'altra è di recente istituzione. Quanto all’altra ritenuta di recente istituzione, il Comune dimostra come fosse già accessibile prima dell’introduzione del giudizio da parte di Caio. Pertanto se ne dedurrebbe che quest’ultimo poteva disporre di un'area verde e di sgambamento cani molto più vicina alla sua abitazione rispetto agli altri giardini oggetto di rivendicazione.
E qui nasce il problema, a mio sommesso parere.
Il Tribunale campano ricorda che il danno non patrimoniale deve essere provato e consistere nel radicale cambiamento di vita, nell'alterazione della personalità e nello sconvolgimento dell'esistenza del soggetto. Il principio è giurisprudenzialmente pacifico. E poiché il diritto alla mobilità come quello a frequentare amici e conoscenti non sarebbe stato provato (ma solo troppo genericamente invocato da Caio) il Tribunale si domanda se fosse necessario per Caio raggiungere quei giardini posti a quasi cinque chilometri dalla sua casa pur potendo disporre di un’altra area verde a solo un chilometro.
E la risposta è nel senso di ritenere che la disponibilità di un'area verde e di sgambamento cani ben più vicina alla propria abitazione rispetto a quella rivendicata escluderebbe la sussistenza del danno lamentato.
In buona sostanza Caio comunque può frequentare quei giardini con annessa area di sgambamento e dunque, benché gli sia reso più difficoltoso esercitarlo, non può dirsi leso il suo diritto alla socialità. Segue il rigetto della domanda pur compensando le spese compensate dal momento che il Comune è (o è stato) comunque in difetto nel gestire quei giardini non rendendoli perfettamente accessibili ai disabili con handicap motorio.
Sarà, ma la considerazione che mi sorge spontanea è che Caio viene limitato nel suo diritto insopprimibile di andare dove meglio crede senza dovere giustificare alcunchè e senza dovervi rinunciare per “colpe” di altri.
Capisco l’eccezione del Comune (condivisa dal Tribunale) per cui non vi sarebbe un confine certo all’ampiezza ed estensione del diritto vantato da Caio. Ma è altrettanto vero che Caio subisce una limitazione alla sua libertà costituzionalmente garantita. E qualcun altro decide per lui se quel diritto alla socialità riconducibile all’art. 2 (ma non solo) della Costituzione sia stato o meno violato. Un bilanciamento difficile, come la vita di colui che deve vivere attraverso una sedia a rotelle o carrozzina. Chiamiamola come vogliamo ma il concetto è il medesimo.