Nell'ordinanza n. 7172/2022 la Corte di Cassazione delinea i limiti entro cui risponde il custode per i danni patiti da un calciatore per un infortunio occorsogli a causa delle condizioni del campo di gioco, individuando e ripartendo l'onere probatorio.
Martedi 29 Marzo 2022 |
Il caso: la Corte d'Appello di Palermo, in accoglimento dell'appello spiegato da Mevio, riformava integralmente la sentenza di prime cure con la quale l'appellante era stato condannato ex articolo 2051 c.c. a risarcire i danni subiti da Sempronio in conseguenza di un infortunio calcistico verificatosi presso il campo di gioco dell'appellante; in particolare, la Corte territoriale riteneva che l'infortunato non avesse provato le modalita' del fatto e, in particolare, il nesso causale tra la caduta e le condizioni del campo.
Sempronio ricorre in Cassazione, rilevando, come secondo motivo di ricorso, violazione o falsa applicazione dell'articolo 2697 c.c., in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 3: la Corte territoriale avrebbe omesso di considerare che, nel caso di specie, si tratta di responsabilita' da cosa in custodia e, di conseguenza, la responsabilita' del custode sarebbe automatica e esclusa solo dalla prova del caso fortuito.
Per la Suprema Corte la doglianza è inammissibile; sul punto osserva quanto segue:
a) La Corte d'Appello ha ritenuto di non poter condividere il convincimento espresso dal Tribunale - secondo il quale il nesso causale tra lo stato dei luoghi e l'infortunio era "incontroverso" e per certi versi "in re ipsa" - in quanto restavano non provate le modalita' del fatto, in particolare il nesso causale tra la caduta dell'attore e le condizioni del campo;
b) è orientamento consolidato di questa Corte che l'articolo 2051 c.c., nell'affermare la responsabilita' del custode della res per i danni da questa cagionati, individua semplicemente un criterio di imputazione che prescinde da qualunque connotato di colpa operando sul piano oggettivo dell'accertamento del rapporto causale tra la cosa e l'evento dannoso, ma cionondimeno non esonera il danneggiato dalla prova del predetto nesso di causalita