L’ordinanza della Suprema Corte n. 16580 /2019 ribadisce nuovamente il principio secondo il quale dall’ammontare del risarcimento danni dovuto al danneggiato, anche in seguito ad un incidente, va detratto quanto ricevuto dallo stesso dall’Inps a titolo di indennità di accompagnamento e/o di pensione di inabilità civile :
“…va ulteriormente sottolineato che come le Sezioni Unite di questa Corte hanno avuto modo di affermare dall'ammontare del risarcimento dovuto dal responsabile del sinistro va detratto quanto al danneggiato allo stesso titolo corrisposto da parte di ente gestore di assicurazione sociale, trattandosi di prestazione economica a contenuto indennitario erogata in funzione di copertura del pregiudizio occorso (nella specie, la pensione di inabilità e l'indennità di accompagnamento) che soddisfa, neutralizzandola in parte, la medesima perdita al cui integrale ristoro mira la disciplina della responsabilità risarcitoria del terzo al quale sia addebitabile il sinistro, salvo il diritto del danneggiato di agire nei confronti del danneggiante per ottenere l'eventuale differenza tra il danno subito e quello indennizzato (cfr., con particolare riferimento alle prestazioni previdenziali e indennitarie erogate dall'Inail, Cass., Sez. Un., 22/5/2018, n. 12566)”.
Il principio enunciato così chiaramente in questa ordinanza è stato dedotto circa un anno prima dagli Ermellini con la sentenze n. 12564, 12565, 12566 e 12567 del 2018 nelle quali la Suprema Corte ha chiarito, anche, il principio della compensatio lucri cum damno; il danneggiato non può cumulare per lo stesso danno l’indennizzo ricevuto dall’assicurazione sociale con l’intero importo del risarcimento danno dovutogli dal responsabile perché in tal caso riceverebbe due volte la riparazione del medesimo pregiudizio; ma ciò non gli impedisce di poter agire per ottenere la differenza tra il danno subito e quello indennizzato.
A tale stregua le somme che il danneggiato si sia visto liquidare dall'ente gestore di assicurazione sociale a titolo di rendita per l'invalidità civile vanno detratte dall'ammontare dovuto, allo stesso titolo, dal responsabile civile al predetto danneggiato, giacchè quest'ultimo verrebbe altrimenti a conseguire un importo maggiore di quello cui ha diritto (cfr. Cass., Sez. Un., 22/5/2018, n. 12566). Ovviamente ciò che stiamo analizzando vale anche per le somme erogate dall’Inail sia a seguito di infortunio sul lavoro o di malattia professionale.
Il c.d. danno differenziale ovvero il risarcimento del danno che può essere richiesto dal danneggiato oltre a quanto già ricevuto a titolo di indennizzo può essere di due tipi: il c.d. danno differenziale qualitativo cioè i danni non coperti dall’assicurazione obbligatoria ( ad esempio il danno biologico valutato in misura inferiore al 6% non dà diritto ad alcun indennizzo da parte dell’Inail; il danno dinamico – relazionale, il danno morale ) e i c.d. danni differenziali in senso stretto cioè i danni indennizzabili ma che danno luogo ad un risarcimento inferiore rispetto alla quantificazione civilistica ( ad esempio la rendita vitalizia erogata dall’Inail va a coprire anche il danno da limitato esercizio al lavoro e che ben potrebbe essere liquidato in misura maggiore seguendo i criteri civilistici).
La Suprema Corte per determinare l’an e il quantum del risarcimento del danno del danneggiato allorquando egli abbia anche ricevuto un indennizzo opera lo scomputo per poste di danno; solo per la stessa tipologia di danno si può operare la differenza ( ad esempio danno biologico liquidato dall’Inail che va detratto dal danno biologico liquidato in sede civilistica magari applicando le Tabelle di Roma) mentre per altre tipologie di danno non indennizzabili non può operarsi alcuna detrazione.
Il principio dello scomputo per poste va verificato alla luce delle modifiche introdotte dalla Legge di Bilancio 2019; Il comma 1126°, art. 1, l. 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio 2019), modificando gli artt. 10 e 11 d.p.r. 30 giugno 1965, n. 1124 (“Testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali”), nonche´ l’art. 142 d.lgs. 9 settembre 2005, n. 209 (“Codice delle assicurazioni private”), ha sancito il criterio di calcolo del danno differenziale spettante al lavoratore infortunato o ammalato, stabilendo che dal risarcimento del danno civilistico debba essere detratto il complessivo indennizzo «a qualunque titolo» liquidato dall’Inail. Il dettato normativo sembrerebbe, quindi, propendere per lo scomputo matematico delle somme senza fare riferimento alcuno alle “poste” di danno.
La legge di Bilancio del 2019 ha avuto una sua prima applicazione con la sentenza n. 8580 del 27.03.2019 dove la Cassazione scrive: “ Nel sistema vigente prima della legge finanziaria del 2019, il danno differenziale (cd. quantitativo per distinguerlo da quello qualitativo o complementare cfr Cass. N. 9166 del 2017), concepibile unicamente per il surplus di risarcimento dei medesimi pregiudizi oggetto di tutela indennitaria Inail e in presenza dei presupposti di esclusione dell’esonero del datore di lavoro era calcolato, coerentemente alla struttura bipolare del danno – conseguenza, secondo un computo per poste omogenee, vale a dire che dalle singole componenti, patrimoniale e biologico, di danno civilistico spettante al lavoratore venivano detratte distintamente le indennità erogate dall’Inail per ciascuno dei suddetti pregiudizi…
La legge n. 145 del 2018, art. 1, comma 1126, ha invece reso indifferente la natura (biologica o patrimoniale) delle voci del risarcimento del danno civilistico e dell’indennità Inail tra cui operare la detrazione ai fini del calcolo del danno differenziale; il danno differenziale come il risultato ottenuto sottraendo dal risarcimento complessivamente calcolato per i pregiudizi oggetto di indennizzo, “la indennità che, a qualsiasi titolo ed indistintamente è liquidata all’infortunato o ai suoi aventi diritto”.
L’obbligo risarcitorio del datore di lavoro, ove non operi l’esonero, comprende ora unicamente la parte che eccede tutte le indennità liquidate dall’Inail, ai sensi dell’art. 66 del T.U. e dell’art. 13 D.Lgs. n. 38 del 2000” (pag. 11 punto 39 della sentenza). In pratica per la stessa tipologia di danni intesa come categoria si deve operare una semplice sottrazione delle somme ricevute rispetto a quelle da ricevere dal datore di lavoro. Restano esclusi da questi effetti della modifica normativa quei danni che non sono risarcibili dall’Inail ma pur sempre “civilistici” e che in presenza dell’esclusione dell’esonero devono pur sempre essere risarciti dal datore di lavoro, i c.d. danni complementari”.
La Cassazione, quindi, opera per le stesse poste di danno il criterio dello scomputo matematico, mentre ritiene invariato il discorso per quelle poste non oggetto di tutela indennitaria.. Così ragionando l’intervento legislativo non inciderebbe più di tanto sulla liquidazione del danno al danneggiato anche perché s’intende salvaguardare i principi espressi chiaramente dalla Cassazione in tema di compensatio lucri cum damno.
In realtà ad avviso dello scrivente la novella legislativa introduce chiaramente, invece, il principio dello scomputo matematico e non per poste ed è il dettato normativo a far propendere per questa tesi; difatti la norma della legge di bilancio prevede che debbano essere computate “…le somme a qualsiasi titolo pagate a titolo di indennità…” indicando che qualsivoglia somma erogata dall’assicuratore sociale debba essere scomputata dalla maggior somma liquidata a titolo di risarcimento danni in sede civilistica. La questione non riguarda solo il danneggiato ma anche ad esempio l’azione che l’assicuratore sociale può intraprendere ex art. 142 cod. ass. nei confronti dell’assicuratore del responsabile civile. L’Inail ad esempio potrà richiedere la somma interamente erogata oppure dovrà limitarsi a quella somma che rientra nelle poste risarcibili in sede civilistica? La risposta la potremo avere a secondo della tesi alla quale si aderisce.