Con la sentenza n. 17590/2019, pubblicata il 28 giugno scorso, la Corte di Cassazione si è pronunciata sul termine entro il quale va formulata, a pena di decadenza, la domanda di addebito nell’ambito del giudizio di separazione tra coniugi, affermando che è da considerarsi tempestiva la domanda se depositata con la memoria integrativa ex art. 709 c.p.c., terzo comma.
Mercoledi 3 Luglio 2019 |
IL CASO: Nell’ambito di un giudizio di separazione tra coniugi, il Tribunale addebitava la separazione al marito ritenendo tempestiva la domanda di addebito formulata dalla moglie dopo la fase presidenziale con la memoria ex art. 709 c.p.c, terzo comma. La sentenza di primo grado veniva confermata dalla Corte di Appello in sede di gravame proposto dal marito. Quest’ultimo, pertanto, interponeva ricorso per Cassazione.
LA DECISIONE: Con la sentenza in commento, la Corte di Cassazione ha rigettato il motivo del ricorso, ritenendo corretta la decisione della Corte di Appello ed affermando il seguente principio di diritto: “In materia di separazione personale tra coniugi, la domanda di addebito della separazione può essere introdotta per la prima volta con la memoria integrativa di cui all’art. 709, terzo comma, cod. proc. civ. in ragione della natura bifasica del giudizio in cui alla finalità conciliativa propria del momento che trova svolgimento davanti al presidente del tribunale segue, nell’infruttuosità della prima, quello contenzioso dinanzi al giudice istruttore, introdotto in applicazione di un sistema di norme processuali che mutua, per contenuti e scansioni, le forme del giudizio ordinario da citazione, il tutto per un più ampio meccanismo segnato, nel passaggio tra la fase di conciliazione dei coniugi e quella contenziosa, da una progressiva formazione della vocatio in ius”.
Gli Ermellini hanno, altresì, evidenziato che:
con la riforma del processo di separazione personale dei coniugi è stato adottato un modello di natura bifasica in cui convivono una prima fase, non contenziosa, che introdotta con il ricorso ex art. 706 c.p.c. è contrassegnata dalla centralità del tentativo di conciliazione tra i coniugi esperito dal presidente ed una seconda fase, contenziosa, che si instaura all’esito del fallimento del tentativo di conciliazione nella contrapposta dialettica tra le parti, tesa a trovare una definizione dinnanzi al giudice istruttore per il meccanismo propositivo di cui all’art. 709 c.p.c., terzo comma;
il provvedimento che viene emesso dal presidente all’esito dell’inutile esperimento del tentativo di conciliazione tra i coniugi, denuncia nei suoi contenuti, la finalità di dare al processo ordinato svolgimento segnandone il passaggio dalla fase conciliativa non contenziosa a quella contenziosa, a cognizione ordinaria;
pertanto, la memoria integrativa che deve essere prodotta dinanzi al giudice istruttore, quale atto che introduce, in continuità con la fase pregressa, il giudizio contenzioso, resta definita, per il richiamo operatone nel terzo comma dell’art. 709 c.p.c., dai contenuti dell’atto di citazione (art. 163, terzo comma , nn. 2),3),4),5) e 6) c.p.c.;
la memoria integrativa di cui all’art. 709 c.p.c. può contenere la domanda di addebito in ragione del carattere bifasico del giudizio di separazione personale rispondente all’interesse che il ricorrente potrebbe avere di non “spendere” nel ricorso introduttivo ex art. 706 c.p.c. quella domanda per non escludere a priori una soluzione consensuale della crisi familiare. Tale soluzione, trova inequivoco sostegno, quanto alla sua struttura, nella disciplina di riforma contenuta nell’art. 709 c.p.c., terzo comma.