Impugnazione della cartella di pagamento e legittimazione passiva.

Impugnazione della cartella di pagamento e legittimazione passiva.

Con l’ordinanza n. 1642/2021, pubblicata il 26 gennaio 2021, la Corte di Cassazione si è nuovamente occupata della questione relativa all’obbligo o meno del contribuente che impugna una cartella di pagamento di chiamare in causa, oltre all’agente della riscossione, anche l’ente creditore.

Giovedi 4 Febbraio 2021

IL CASO: Una contribuente proponeva ricorso avverso una cartella di pagamento notificatale dall’agente della riscossione avente ad oggetto il recupero crediti da parte della Corte di Appello per un imposta di registro relativa ad atti giudiziari.

Il ricorso veniva accolto dalla Commissione Tributaria Provinciale, mentre in sede di gravame, promosso dalla Corte di Appello e dal Ministero dell’economia e delle finanze avverso la sentenza di primo grado, la Commissione Tributaria Regionale dichiarava l’inammissibilità del ricorso originario promosso dal contribuente, ritenendo che soggetto legittimato passivamente fosse la sola Agenzia delle Entrate, mai chiamata in giudizio e non anche l’agente della riscossione.

Pertanto, la vertenza giungeva all’esame della Corte di Cassazione a seguito del ricorso promosso dalla contribuente la quale deduceva l’erroneità della decisione della Commissione Tributaria Regionale, che aveva ritenuto che l’agente della riscossione non fosse il legittimato passivo, e che la legittimazione spettasse all’Agenzia delle Entrate, essendo il ricorso notificato dal primo che aveva emesso e notificato la cartella di pagamento oggetto dell’impugnazione e che l’eventuale chiamata in causa dell’Agenzia delle Entrate incombeva sull’agente della riscossione. Inoltre, la ricorrente, deduceva l’erroneità della decisione impugnata avendo la Commissione Tributaria Regionale ritenuta quale legittimata passivamente la sola Agenzia delle Entrate, che era estranea al procedimento di liquidazione e formazione del ruolo.

LA DECISIONE: Il ricorso è stato ritenuto fondato dalla Corte di Cassazione la quale lo ha accolto con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale, in diversa composizione, non essendosi quest’ultima attenuta al consolidato principio affermato dagli stessi giudici di legittimità secondo il quale "nel processo tributario, il fatto che il contribuente abbia individuato nel concessionario, piuttosto che nel titolare del credito tributario, il legittimato passivo, nei cui confronti dirigere l'impugnazione, non determina l'inammissibilità della domanda, ma può comportare la chiamata in causa dell'ente creditore, onere che, tuttavia, grava sul convenuto, senza che il giudice adito debba ordinare l'integrazione del contraddittorio" (Cass. n. 14991 del 2020; in termini Cass. n. 21220 del 2012, ma già Cass. Sez. Unite n. 16412/2007).

Con quest’ultima sentenza le Sezioni Unite, hanno ricordato gli Ermellini, avevano affermato che nel caso di contestazione della pretesa tributaria "la legittimazione passiva spetta all'ente titolare del credito tributario e non già al concessionario, al quale, se è fatto destinatario dell'impugnazione, incombe l'onere di chiamare in giudizio il predetto ente, se non vuole rispondere dell'esito della lite, non essendo il giudice tenuto a disporre d'ufficio l'integrazione del contraddittorio, in quanto non è configurabile nella specie un litisconsorzio necessario".

Allegato:

Cassazione civile ordinanza n.1642 2021

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