Guida in stato di alterazione psicofisica ed accertamenti ematici: una questione ancora aperta

Guida in stato di alterazione psicofisica ed accertamenti ematici: una questione ancora aperta
Sabato 8 Ottobre 2016

Negli ultimi anni si è assistito ad un progressivo inasprimento delle pene relative alla guida in stato di alterazione psicofisica e reati conseguenti, con conseguente ampliamento del ricorso ai prelievi ematici al fine di accertare la presenza di alcool o droga nel sangue dei conducenti dei veicoli soggetti a controllo.

Ciò comporta tuttavia una serie di problemi che, alla luce della scarsità e incompletezza della normativa di riferimento (l’art. 186 co. 5 CdS cita: per i conducenti coinvolti in incidenti stradali e sottoposti alle cure mediche, l'accertamento del tasso alcolemico viene effettuato, su richiesta degli organi di Polizia stradale di cui all'articolo 12, commi 1 e 2, da parte delle strutture sanitarie di base o di quelle accreditate o comunque a tali fini equiparate. Le strutture sanitarie rilasciano agli organi di Polizia stradale la relativa certificazione, estesa alla prognosi delle lesioni accertate, assicurando il rispetto della riservatezza dei dati in base alle vigenti disposizioni di legge. Copia della certificazione di cui al periodo precedente deve essere tempestivamente trasmessa, a cura dell’organo di polizia che ha proceduto agli accertamenti, al prefetto del luogo della commessa violazione per gli eventuali provvedimenti di competenza. Si applicano le disposizioni del comma 5-bis dell’articolo 187) comporta una serie di problemi interpretativi ai quali, finora, la giurisprudenza ha dato risposte ancora parziali e insoddisfacenti.

Il punto dolens riguarda i presupposti in base ai quali è lecita l’effettuazione dei prelievi ematici presso una struttura sanitaria a seguito di richiesta della Polizia Stradale. Se è infatti pacifico che ciò sia consentito a condizione che vi sia stato un sinistro stradale e che i conducenti dei veicoli coinvolti vengano sottoposti a cure mediche, alquanto dibattuta e controversa è invece la questione relativa al concetto di “sottoposizione a cure mediche” e alla necessità di preavvisare il soggetto sottoposto ad accertamenti della facoltà di farsi assistere da un difensore.

Sempre più frequentemente accade infatti che la polizia stradale intervenuta a seguito di sinistro stradale, nel quale talvolta è coinvolto un solo veicolo, provvedano ad accompagnare il conducente presso il Pronto Soccorso, anche in assenza di qualsivoglia lesione, al solo fine di chiedere l’effettuazione delle analisi ematiche. Tutto ciò senza che il soggetto sottoposto ad accertamento sia minimamente avvisato della facoltà di farsi assistere da un difensore e di rifiutare gli accertamenti richiesti che, anzi, vengono quasi sempre percepiti come obbligatori perché richiesti dalla Pubblica Autorità.

A fronte delle eccezioni di nullità del prelievo sollevate dalla difesa nel corso dei relativi procedimenti, motivate proprio dall’assenza del previo avviso della facoltà di farsi assistere da un difensore e di rifiutarsi di sottoporsi al prelievo (eventualmente anche dietro consiglio del difensore), i giudici di merito tendono a rigettare la questione, ritenendo che vertendosi in ipotesi di conducente di veicolo coinvolto in sinistro stradale accompagnato presso una struttura ospedaliera per i necessari accertamenti, le analisi siano pienamente utilizzabili.

La giurisprudenza di legittimità avalla tale filone ermeneutico, ritenendo che la norma non richieda il coinvolgimento necessario di altri veicoli nel sinistro né la correlazione tra il fine terapeutico e il prelievo ematico.

La Quarta Sezione Penale della Corte di Cassazione, assegnataria dei ricorsi in materia di guida in stato di alterazione psicofisica e reati connessi, è costante nell’affermare la piena utilizzabilità degli esiti delle analisi conseguenti a prelievi ematici effettuati presso la struttura sanitaria: “I risultati del prelievo ematico, effettuato durante il ricovero presso una struttura ospedaliera pubblica a seguito di incidente stradale, sono utilizzabili nei confronti dell'imputato per l'accertamento del reato di guida in stato di ebbrezza, trattandosi di elementi di prova acquisiti attraverso la documentazione medica e restando irrilevante, ai fini dell'utilizzabilità processuale, la mancanza del consenso (Sez. 4, n. 8041, 21/12/2011, Rv. 252031; Sez. 4, n. 1827, 4/11/2009, Rv.245997; Sez. 4, n. 4118, 9/12/2008 Rv. 242834)” (Cass. Pen. Sez. 4, n. 12244 del 22 marzo 2016).

Nelle medesime pronunce la Corte sottolinea altresì come, nelle ipotesi sopra indicate, non rilevi affatto il mancato consenso dell’interessato al prelievo dei campioni, essendo unicamente possibile (e ostativo all’effettuazione del prelievo o al suo successivo utilizzo) solo l’espresso rifiuto, richiamando a sostegno delle proprie decisioni anche le pronunce costituzionali che hanno ritenuto legittima la disciplina di cui all’art. 186 Codice della Strada.

Orbene, atteso che le Sezioni Unite, con la nota pronuncia 5396 del 29 gennaio 2015, relativa all’individuazione del termine entro il quale far valere l’eccezione di inutilizzabilità degli accertamenti alcolemici per omesso avviso all’indagato della facoltà di farsi assistere da un difensore (fino alla delibazione della sentenza di primo grado, nda), hanno sottolineato l’importanza che l’ordinamento attribuisce alla necessaria presenza di una difesa tecnica nel corso dell’intero procedimento, tali decisioni appaiono poco condivisibili.

Pretendere infatti un espresso rifiuto all’atto da parte di un soggetto, la parte privata, che nemmeno sa di poterlo opporre appare infatti una forzatura. A meno di non voler ritenere, come sembra arguirsi dalla sentenza n. 12244/2016 citata, che il problema sia superato proprio dall’obbligo di preventivo avviso alla parte della facoltà di farsi assistere da un difensore, che ben potrebbe suggerire all’assistito di opporre il rifiuto all’esecuzione del prelievo.

Del tutto trascurato appare tuttavia il profilo in ordine alla necessità e volontarietà della sottoposizione a cure da parte del conducente coinvolto in sinistro stradale. La giurisprudenza di legittimità, sempre della 4 Sezione Penale, si è finora limitata ad affermare: “è necessario che il prelievo ematico sia stato eseguito dal personale sanitario della struttura presso cui è stato condotto l'interessato, nell'ambito di un protocollo medico di pronto soccorso; a tal fine, ovviamente, la valutazione se si debba o meno sottoporre il medesimo a cure mediche e procedere anche al prelievo ematico, onde predisporre adeguate cure farmacologiche, è rimessa agli stessi sanitari. Nell'ambito delle cure che vengono in tal modo prestate con il prelievo ematico, gli organi di polizia giudiziaria sono legittimati a richiedere l'accertamento del tasso alcolemico, i cui risultati possono essere utilizzati ai fini penali, indipendentemente dal consenso prestato o meno in tal senso dal guidatore”. Aggiungendo addirittura: “In tale caso, poiché l'acquisizione del risultato dell'accertamento ematico è previsto ex lege, non è affatto necessario, a tutela del diritto di difesa, che l'interessato venga avvertito della facoltà di nomina di un difensore” (Cass pen. sez. 4, n. 6783 del 12 febbraio 2014).

Nella fattispecie appena esaminata, la Corte si è spinta a ritenere superfluo e non dovuto all’indagato l’avviso di potersi far assistere da un difensore, equivocando la portata e i limiti della disposizione di cui all’art. 186 co. 5 CdS. Su tale ultimo punto non si può che auspicare un nuovo intervento chiarificatore delle Sezioni Unite, che ribadisca l’imprescindibilità delle garanzie difensive e della irrinunciabilità al diritto ad una difesa tecnica sin dalla fase iniziale del procedimento.

In altra pronuncia la Corte ha cercato di definire il concetto di “cure” necessario per far ritenere legittimo il prelievo ematico: “per "cure", nel significato del termine adoperato dal legislatore nella disposizione in esame, devono evidentemente intendersi, per un verso, l'intervento dei sanitari nell'assistere il soggetto - affidato, appunto, alle loro "cure" - e, per altro verso, le determinazioni terapeutiche ritenute più opportune in relazione alle lesioni dallo stesso riportate ed alle sue condizioni di salute (medicazioni, somministrazione di antidolorifici e/o antibiotici, etc” (Cass. Pen. Sez. 4, n. 29882 dell’8 luglio 2014).

Si deve quindi ritenere, ragionando a contrario, che nelle ipotesi in cui il soggetto, pure accompagnato dagli accertatori presso una struttura sanitaria e quivi sottoposto, su richiesta di questi ultimi, a prelievi ematici, non presenti alcun tipo di lesione o patologia né richieda alcun tipo di intervento terapeutico, non siano utilizzabili i risultati delle analisi suddette.

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