Con l’ordinanza 27305/2020, pubblicata il 30 novembre 2020, la Corte di Cassazione si è pronunciata su come deve essere determinato il valore della causa ai fini della liquidazione dei compensi professionali dovuti dal cliente al proprio avvocato per le prestazioni svolte in favore di quest’ultimo nel caso in cui il giudizio si concluda anticipatamente con una transazione.
Venerdi 4 Dicembre 2020 |
IL CASO: Un avvocato, avendo promosso per conto di una cliente una serie di giudizi innanzi alla Corte di Appello per la determinazione delle indennità di occupazione e di espropriazioni di immobili ad essa spettanti, tutti riuniti in un unico giudizio e conclusisi con una transazione intervenuta con la controparte, proponeva ricorso ex art. 702 bis c.p.c. chiedendo alla Corte territoriale che venisse determinato il compenso professionale allo stesso spettante per l’attività svolta.
Il ricorso veniva accolto dalla Corte di Appello che liquidava le spettanze professionali determinandole sulla base del valore della transazione e non sulla base del valore della causa dichiarato al momento dell’introduzione dei vari giudizi.
Pertanto, il legale, proponeva ricorso per cassazione deducendo, fra l’altro:
la violazione e la falsa applicazione degli artt. 10 e 14 c.p.c., nonché del D.M. n. 127 del 2004, art. 6, commi 2 e 4, avendo, la Corte di appello, considerato, ai fini della determinazione dei compensi, quello coincidente con l’importo individuato nell’atto di transazione e non quello relativo all’effettivo valore della controversia;
la violazione dell’art. 28 della legge n. 794 del 1942, in combinato disposto con l’art. 702-bis c.p.c., avendo la Corte di Appello illegittimamente escluso la liquidazione del compenso per le attività professionali da correlare alla conciliazione della lite, ritenendo erroneamente, che l’accordo non era stato raggiunto in sede giudiziale, pur dovendosi ritenere che le attività professionali eseguite per pervenire alla correlata transazione in via extragiudiziale avrebbero dovuto qualificarsi come attività equiparabili a quelle giudiziali.
LA DECISIONE: La Corte di Cassazione, dopo aver ricordato che in tema di liquidazione degli onorari professionali a favore dell’avvocato, l’art. 6 della tariffa trova applicazione soltanto in riferimento alle cause per le quali si proceda alla determinazione presuntiva del valore in base a parametri legali, e non pure nel caso in cui il valore della causa sia stato in concreto dichiarato, dovendosi utilizzare in tale situazione, il disposto dell’art. 10 c.p.c., senza necessità di motivare in ordine alla mancata adozione di un diverso criterio, ha ritenuto fondati i motivi del ricorso e li ha accolti con rinvio alla Corte di Appello in diversa composizione.
Gli Ermellini hanno ribadito il principio secondo il quale “ai fini della liquidazione degli onorari professionali dovuti dal cliente in favore dell’avvocato, nel caso di transazione di una causa introdotta con domanda di valore determinato e, pertanto, non presunto in base ai criteri fissati dal codice di procedura civile, il valore della causa si determina avendo riguardo soltanto a quanto specificato nella domanda, considerata al momento iniziale della lite, restando irrilevante la somma realizzata dal cliente a seguito della transazione” (Cassazione n. 1666/2017).
In merito all’esclusione della liquidazione del compenso per le attività professionali da correlare alla conciliazione della lite, ritenendo che l’accordo non era stato raggiunto in sede giudiziale, gli Ermellini hanno affermato il seguente principio “la procedura camerale prevista dagli artt. 29 e 30 l. n. 794/1942 per la liquidazione degli onorari e diritti di avvocato, pur essendo dettata solo per le prestazioni giudiziali civili, va ammessa - con applicazione dei medesimi criteri di quantificazione - anche per le prestazioni stragiudiziali che siano risultate realizzate in funzione strumentale o complementare all’attività propriamente processuale”.