La Corte di Cassazione nella sentenza n. 2668 del 5 febbraio 2018 conferma l'orientamento per cui il potere discrezionale del giudice di accogliere o meno la richiesta di CTU impone una adeguata motivazione.
Lunedi 12 Febbraio 2018 |
Il caso: B.G. e S.F., in proprio ed in qualità di esercenti la potestà genitoriale sulla figlia minore B.M., introducevano dinanzi al Tribunale la fase di merito successiva al provvedimento di natura cautelare avente ad oggetto l'accertamento del superamento dei limiti di tollerabilità delle immissioni sonore provenienti dal locale sottostante la loro abitazione, condotto in locazione da R.G.A., titolare della ditta individuale Erregi di Reale G.A.; nell'ambito di tale giudizio venivano citati anche C.R. e Bo.Gi.Gu., rispettivamente nella qualità di proprietaria e di usufruttuario dei locali ove la R. svolgeva attività di somministrazione di alimenti e bevande.
Il Tribunale accoglieva la domanda di risarcimento del danno biologico in favore della madre S. e della figlia M., nonchè del danno morale ed esistenziale in favore della prima, oltre al risarcimento del danno patrimoniale relativo alle spese mediche sostenute dalla S.
La Corte d'Appello, in parziale riforma della sentenza di primo grado, riduceva il risarcimento del danno in favore della S. e di M. B.., ritenendo che nel caso di specie non sussisteva un danno biologico, non risultandone provato, in base alla documentazione in atti, l'an e non essendo stato adeguatamente motivata la decisione in ordine al quantum.
Avverso la suddetta sentenza propongono ricorso in Cassazione B.G. e S.F., in proprio e quali esercenti la potestà genitoriale sulla figlia M.: in particolare, con il quinto motivo, deducono la violazione e falsa applicazione dell'art. 2697 c.c., per non aver concesso alla S. la possibilità di dimostrare il danno biologico subito tramite c.t.u. medico legale per la valutazione dello stato di salute psicofisico degli attori, che pure era stata richiesta tempestivamente nell'atto di citazione e ribadita nel corso di entrambi i giudizi di primo grado e di appello.
La Suprema Corte, nel ritenere tale motivo inammissibile, in merito alla richiesta di CTU precisa che:
per orientamento consolidato la decisione di ricorrere o meno ad una consulenza tecnica d'ufficio costituisce un potere discrezionale del giudice, il quale, tuttavia, ha il dovere di motivare adeguatamente il rigetto della istanza di ammissione proveniente da una delle parti,
il giudice deve dare adeguata dimostrazione di poter risolvere, sulla base di corretti criteri, i problemi tecnici connessi alla valutazione degli elementi rilevanti ai fini della decisione;
il giudice non può limitarsi a disattendere l'istanza sul presupposto della mancata prova dei fatti che la consulenza avrebbe potuto accertare;
peraltro, in alcune tipologie di controversie, che richiedono per il loro contenuto che si proceda ad un accertamento tecnico, il mancato espletamento di una CTU medico legale, specie a fronte di una domanda di parte in tal senso, costituisce una grave carenza nell'accertamento dei fatti da parte del giudice di merito, che si traduce in un vizio della motivazione della sentenza;
La doglianza però è inammissibile in quanto i ricorrenti non hanno impugnato la sentenza sotto il profilo motivazionale, l'unico che, secondo la giurisprudenza di legittimità poteva essere dedotto nel caso di specie.