La Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 33310 del 17 dicembre 2019 esclude che si applichi il foro del consumatore qualora il professionista acquisti un auto fornendo la sua partita Iva, pur adducendo un uso privato.
Il caso: Il Tribunale dichiarava la propria incompetenza, per essere territorialmente competente il tribunale di Roma, ritenendo che:
l'art. 13 delle condizioni generali di contratto indicava il foro di Roma quale foro esclusivo competente per qualsiasi controversia inerente l'interpretazione, l'esecuzione o la risoluzione del contratto;
tale condizione era stata specificamente approvata con l'ulteriore sottoscrizione da parte dell'attore, con espressa esclusione di ogni altra diversa giurisdizione;
dalla proposta di acquisto emergeva che il ricorrente, avendo indicato il proprio numero di partita IVA, non poteva essere qualificato come consumatore.
Il professionista (nel caso di specie, un dentista) impugna quindi l' ordinanza del tribunale con regolamento di competenza, lamentando che:
il tribunale ha errato nel ritenere che il ricorrente non potesse essere qualificato come consumatore in ragione del fatto che nella proposta d'acquisto aveva indicato il proprio numero di partita IVA;
il tribunale non ha considerato che il consumatore, come stabilito dall'art. 3 del d.lgs. n. 206 del 2005, è la persona fisica che agisce per scopi estranei all'attività imprenditoriale,commerciale, artigianale e professionale eventualmente svolta e che tale qualità può essere rivestita anche dai professionisti che sono parti di un contratto che non rientra nello specifico ambito della propria attività, com'è accaduto nel caso in esame:
il bene oggetto del contratto, un'autovettura, non è certamente connessa all'esercizio della professione svolta dal ricorrente - peraltro neppure indicata nella scheda contrattuale -, che è quella di dentista; l'attore, con la sottoscrizione del contratto, aveva quale unico interesse quello di soddisfacimento di un'esigenza della vita privata di relazione del tutto estranea all'esercizio della propria attività professionale.
Per la Suprema Corte la doglianza è infondata e il ricorso deve essere rigettato in quanto:
a) secondo il consolidato orientamento di questa Corte, per assumere la qualifica di professionista, ai sensi e per i fini di cui all'art. 3 del d. Igs. n. 206 del 2005, non è necessario stipulare un contratto che costituisca di per sé esercizio dell'attività propria dell'impresa o della professione, ma è sufficiente che il contratto sia stipulato al fine di soddisfare interessi anche solo connessi od accessori rispetto allo svolgimento dell'attività imprenditoriale o professionale;
b) la stessa persona fisica che svolga attività imprenditoriale o professionale può essere, invece, considerata alla stregua del semplice consumatore quando concluda un contratto per la soddisfazione di esigenze della vita quotidiana estranee all'esercizio di dette attività;
c) l'indicazione della partita IVA del compratore contenuta nel contratto di vendita stipulato tra lo stesso, che svolge la professione di dentista, e la convenuta alienante, inequivocabilmente dimostra (al pari della sottoscrizione dell'assegno bancario utilizzato per pagare la relativa caparra, recante il timbro "Dott...... odontoiatra e protesi dentaria") che il ricorrente abbia inteso destinare l'automobile allo svolgimento della sua attività professionale;
d) quindi, il ricorrente, almeno ai fini della determinazione del giudice competente, ha stipulato il contratto non già nella qualità di consumatore quanto piuttosto in quella di professionista.