Con l’ordinanza n.19473/2023, pubblicata il 10 luglio 2023, la Corte di Cassazione è tornata occuparsi delle conseguenze derivanti dall’errata indicazione nell’atto di citazione e/o nell’atto di appello delle generalità del convenuto.
Lunedi 17 Luglio 2023 |
IL CASO: La vicenda esaminata parte da un opposizione avverso un decreto ingiuntivo che veniva rigettata dal Tribunale unitamente alla domanda riconvenzionale spiegata dall’opponente nei confronti della società creditrice.
La Corte di Appello, chiamata a pronunciarsi sul gravame interposto dall’originario opponente, confermava la decisione di primo grado rilevando che il soggetto evocato in appello era diverso dalla società creditrice e quindi carente di legittimazione passiva sostanziale e processuale.
I giudici della Corte territoriale, ritenevano che nel caso esaminato, non era possibile disporre la rinnovazione della citazione, in quanto il vizio era attinente non già alla vocatio in jus, bensì all’editio actionis e non sussisteva alcuna incertezza circa l’identità del soggetto convenuto in giudizio con la conseguenza della inapplicabilità del combinato disposto degli artt. 163, comma 3, n. 2), e 164, commi 1 e 2, c.p.c..
Pertanto, l’originario opponente, rimasto soccombente in entrambi i gradi di giudizio di merito, investiva della questione la Corte di Cassazione deducendo, fra i motivi dell’impugnazione, la violazione degli artt. 163, comma 3, n. 2) e 164, commi 1 e 2 c.p.c.. in quanto, contrariamente a quanto affermato dai giudici di secondo grado, da un esame complessivo dell’atto di citazione in appello si poteva agevolmente rilevare che la destinataria dell’impugnazione era la società, originaria creditrice, che aveva preso parte al giudizio di primo grado, in quanto nell’atto era stata richiamata la sentenza del Tribunale, i motivi del gravame erano rivolti tutti alla predetta società e l’atto di appello era stato notificato presso il difensore di quest’ultima, costituito nel giudizio di primo grado.
LA DECISIONE: Il motivo del ricorso è stato ritenuto fondato dalla Cassazione la quale nell’accoglierlo con rinvio della causa alla Corte di Appello di provenienza, in diversa composizione, ha richiamato il principio già affermato in un precedente arresto giurisprudenziale secondo il quale “l’errore sulle generalità del convenuto o dell’appellato, contenuto nella citazione nel giudizio di primo o secondo grado e nelle rispettive relate di notificazione della medesima, non comporta la nullità di nessuno dei due atti, qualora sia possibile identificare con certezza il reale destinatario sulla scorta degli elementi contenuti nella citazione o nella relata” (Cassazione sentenza n. 24441/2015).
Nel caso esaminato, hanno osservato, è applicabile il suddetto principio in quanto l’atto di appello, oltre a indicare gli estremi della sentenza impugnata e il numero di ruolo generale del procedimento di primo grado celebrato dinanzi al Tribunale, a riassumerne lo svolgimento e a contenere conclusioni rivolte esclusivamente nei confronti della originaria convenuta opposta, era stato notificato a mezzo del servizio postale al legale di quest’ultima nel pregresso giudizio di primo grado che ha accettato il piego senza nessuna obiezione.
Pertanto, hanno concluso, nessun dubbio poteva sussistere circa il fatto che la reale destinataria dell’impugnazione fosse proprio la società originaria opposta, sebbene nella parte dell’atto relativa alla vocatio in jus, per un evidente errore materiale agevolmente riconoscibile emendabile all’esito di una lettura globale dell’atto, il soggetto convenuto in giudizio risultasse diverso.