L’usucapione è un modo di acquisto a titolo originario della proprietà di un bene o di un diritto reale per effetto del possesso ininterrotto per un certo tempo. Il termine per usucapire può essere interrotto con il riconoscimento dell’altrui diritto da parte del possessore o con l’azione giudiziale intrapresa dal proprietario del bene contro il quest’ultimo, mentre sono considerati atti non idonei ad interrompere il termine per usucapire, la costituzione in mora o la diffida stragiudiziale, che sono invece idonei per l’interruzione della prescrizione relativa a diritti da obbligazioni e non anche per i diritti reali.
Martedi 3 Agosto 2021 |
Con l’ordinanza n 21929/2021, pubblicata il 30 luglio 2021, la Corte di Cassazione si è pronunciata sulla idoneità o meno, ai fini dell’interruzione del termine per usucapire, dell’atto di citazione notificato dal proprietario del bene al possessore con il quale il primo ne rivendica la proprietà, tutte le volte in cui la predetta citazione presenta dei vizi legati alla vocatio in ius.
IL CASO: La vicenda esaminata parte del giudizio promosso dai proprietari di un terreno i quali convenivano innanzi al Tribunale una società, proprietaria di un terreno confinante con quello degli attori. Questi ultimi deducevano la violazione delle distanze minime prescritte dal piano regolatore generale avendo la convenuta costruito sul proprio fondo un manufatto adibito a camera mortuaria. Nella contumacia della convenuta, che non si costituiva nel giudizio di primo grado, il Tribunale accoglieva la domanda degli attori e condannava la società convenuta ad arretrare dal confine il manufatto dalla stessa realizzato
Quest’ultima, interponeva, quindi appello avverso la sentenza di primo grado, chiedendo che venisse dichiarata la nullità della stessa in quanto l’atto di citazione introduttivo del giudizio era affetto da nullità per l’irregolare formulazione dell’avvertimento di cui al n. 7 dell’art. 163 c.p.c. e spiegando domanda riconvenzionale di intervenuto usucapione del bene in contestazione.
L’eccezione di nullità del giudizio di primo grado e degli atti successivi del giudizio veniva accolta dalla Corte di Appello, la quale rimetteva la causa sul ruolo. All’esito del giudizio, i giudici della Corte territoriale condannavano la società, originaria convenuta, ad arretrare dal confine il manufatto dalla stessa realizzato e rigettavano la domanda riconvenzionale, ritenendo che il termine per l’usucapione era stato interrotto dalla notifica dell’atto di citazione da parte degli originari attori.
La questione veniva, pertanto, sottoposta all’esame dei giudici della Corte di Cassazione a seguito del ricorso promosso dalla società, rimasta soccombente in entrambi i gradi di giudizio, la quale riteneva errata la decisione impugnata in quanto la Corte di Appello non aveva tenuto conto, nel decidere circa la domanda riconvenzionale dell’usucapione, del vizio della citazione notificata e quindi, non aveva considerato la stessa inidonea ai fini dell’interruzione dell’usucapione.
LA DECISIONE: ll ricorso è stato ritenuto infondato dalla Cassazione la quale lo ha rigettato affermando il seguente principio di diritto: “anche in materia di diritti reali, l'effetto interruttivo del termine per usucapire, ai sensi del combinato disposto degli artt. 1165 e 2943 c.c., va riconosciuto anche all'atto di citazione affetto da vizi afferenti alla vocatio in ius (nella specie per difettosa formulazione dell'avvertimento di cui al n. 7 dell'art. 163 c.p.c.) ove l'atto stesso sia stato validamente notificato, e ciò ancorché il convenuto sia rimasto contumace ed il giudice non abbia disposto l'immediata rinnovazione dell'atto ai sensi dell'art. 164 co. 2 c.p.c “.