Con l’ordinanza 31371, pubblicata il 24 ottobre 2022, la Corte di Cassazione si è pronunciata sulle conseguenze derivanti dal deposito in via telematica di un atto in un registro di cancelleria errato.
Giovedi 3 Novembre 2022 |
IL CASO: Nell’ambito di una controversia di lavoro, una società proponeva appello avverso la sentenza con la quale il Tribunale aveva accolto il ricorso promosso da un lavoratore ritenendo il rapporto di lavoro intercorso tra quest’ultimo ed una società a tempo indeterminato.
Il gravame veniva dichiarato inammissibile dalla Corte di Appello per tardività in quanto ritenuto proposto oltre il termine di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza impugnata. Al momento dell’iscrizione al ruolo, avvenuta telematicamente, l’appellante aveva erroneamente indicato il registro di cancelleria “contenzioso”, anziché il registro “lavoro”. Le prime tre pec erano state ricevute dall’appellante con esito positivo lo stesso giorno del deposito, mentre la quarta pec veniva inviata il giorno successivo con la comunicazione del rifiuto del deposito da parte della cancelleria, trattandosi di materia di lavoro.
Secondo i giudici della corte territoriale la perentorietà del termine dei sei mesi previsto dall’art. 327 c.p.c. per la proposizione dell’appello preclude la possibilità di impugnazione e va esclusa la possibilità della rimessione in termini a norma dell’art. 153 c.p.c. in quanto la causa della decadenza, nel caso esaminato, era solo ed esclusivamente imputabile all’erronea individuazione del registro di iscrizione del ricorso da parte della società appellante.
Pertanto, quest’ultima sottoponeva la questione all’esame della Corte di Cassazione deducendo la violazione e la falsa applicazione degli artt. 16bis, settimo comma d.l. 179/2012 convertito con modifiche con la legge 221/2012, del secondo comma dell’art. 153 c.p.c. e degli artt. 3 e 24 della Costituzione, avendo l’iscrizione al ruolo raggiunto lo scopo di pervenire a conoscenza dell’ufficio di cancelleria. L’errore, secondo la società ricorrente in cassazione, era da considerarsi una mera irregolarità alla quale poteva essere posto rimedio con la rimessione in termini in quanto un mero errore materiale della parte non può comportare conseguenze processuali irreversibili, in violazione della garanzia costituzionale di tutela giurisdizionale dei diritti.
LA DECISIONE: Il motivo del ricorso è stato ritenuto fondato dalla Cassazione la quale nell’accoglierlo con rinvio alla Corte di Appello di provenienza, in diversa composizione, ha osservato che non si configura nessuna nullità, ma una mera irregolarità, tutte le volte in cui il deposito in via telematico di un atto viene eseguito utilizzando un registro diverso da quello degli affari contenziosi. Ciò in quanto, hanno concluso gli Ermellini, non vi è una norma di legge che commini espressamente al riguardo una nullità processuale, sia per il raggiungimento dello scopo, una volta che l’atto sia stato inserito nei registri informatizzati dell’ufficio giudiziario, previa generazione della ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del Ministero della Giustizia.