La Corte di Cassazione nell'ordinanza n. 25992/2018 interviene ancora in materia di compenso del difensore, in rapporto alla liquidazione giudiziale contenuta nella sentenza che decide la controversia a cui si riferisce il suddetto compenso.
Il caso: L.O. impugnava il decreto ingiuntivo con il quale il Tribunale, su richiesta dell'avv. C.C., aveva ingiunto il pagamento della somma di Euro 20.600,61 a titolo di compenso per prestazioni professionali svolte nell'ambito di un procedimento innanzi alla Corte di Appello di Torino: a sostegno dell'opposizione il ricorrente eccepiva che la somma richiesta a titolo di compenso professionale era superiore – e non sarebbe dovuto essere - a quella liquidata dalla stessa Corte di Appello.
Il Tribunale accoglieva l'opposizione, revocava il decreto ingiuntivo, dichiarava non dovute dall'attrice L. in opposizione le somme richieste dalla convenuta avv. C. e compensava le spese del giudizio.
Secondo il Tribunale con l'approvazione dei parametri di cui al D.M. 55/2014 e la riforma della legge professionale n. 247 del 2012 non poteva più considerarsi vigente l'orientamento giurisprudenziale elaborato al tempo delle tariffe forensi, secondo il quale la misura degli onorari dovuti all'avvocato dal cliente poteva essere determinata in base ai criteri diversi rispetto a quelli della liquidazione delle spese.
L'avv. C. propone quindi ricorso per Cassazione, che accoglie l'impugnazione osservando che:
la misura degli oneri dovuti dal cliente al proprio avvocato prescinde dalle statuizioni del giudice contenute nella sentenza che condanna la controparte alle spese ed agli onorari di causa e deve essere determinata in base a criteri diversi da quelli che regolano la liquidazione delle spese tra le parti (quali, tra gli altri, il risultato ed altri vantaggi anche non patrimoniali);
ciò è confermato dalle deliberazioni dei Consigli Nazionali Forensi in base alle quali - come risulta dalla tariffa approvata con il D.M. n.55 del 2014 (artt. 5 e 6) -nella liquidazione degli onorari a carico del cliente può aversi riguardo, tra l'altro, ai risultati del giudizio, ai vantaggi conseguiti anche non patrimoniali, nonchè al valore effettivo della controversia quando esso risulti, manifestamente, diverso da quello presunto a norma del codice di procedura civile;
la differenza in questione è legata al diverso fondamento dell'obbligo di pagamento degli onorari che, per il cliente, riposa nel contratto di prestazione d'opera e, per la parte soccombente, nel principio di causalità;
il cliente, quindi, è sempre obbligato a corrispondere gli onorari e i diritti all'avvocato ed al procuratore da lui nominati ed il relativo ammontare deve essere determinato dal giudice nei suoi specifici confronti a seguito di procedimento monitorio o altro procedimento senza essere vincolato alla pronuncia sulle spese da parte del giudice che ha definito la causa cui le stesse si riferiscono;
peraltro, la sentenza che ha provveduto alla liquidazione delle spese giudiziali non ha efficacia (cioè, non è vincolante ), nei confronti, dell'avvocato per l'assorbente ragione che lo stesso non è parte del giudizio:
Pertanto, la misura degli onorari dovuti dal cliente al proprio avvocato prescinde dalla liquidazione contenuta nella sentenza, che condanna l'altra parte al pagamento delle spese e degli onorari di causa, per cui solo l'inequivoca rinuncia del legale al maggiore compenso può impedirgli di pretendere onorari maggiori e diversi da quelli liquidati in sentenza; tale rinuncia non può essere desunta dalla mera accettazione della somma corrisposta dal cliente per spese, diritti ed onorari, nella misura liquidata in sentenza e posta a carico dell'altra parte, quando non risulti in concreto che la somma è stata accettata a saldo di ogni credito per tale titolo.
Cassazione civile Sez. VI - 2 Ordinanza n. 25992 del 17/10/2018