Con l’ordinanza n. 12484/2020, pubblicata il 24 giugno 2020, la Corte di Cassazione si è pronunciata sui casi in cui, nell’ambito di un giudizio civile, è legittima la compensazione delle spese processuali.
Mercoledi 1 Luglio 2020 |
IL CASO: La vicenda prende spunto dall’opposizione avverso una cartella di pagamento promossa da un contribuente che veniva accolta dal Giudice di Pace. Il Tribunale, pronunciandosi sull’appello promosso dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza di primo grado lo dichiarava inammissibile in quanto il gravame non era stato notificato all’indirizzo del difensore risultante dall’albo professionale e compensava le spese del giudizio di appello.
Secondo il Tribunale, la compensazione era dovuta al fatto che la causa era stata definita su una questione di rito, senza che l’appellante avesse svolto ulteriori difese oltre all’atto di appello. Pertanto, il contribuente interponeva ricorso per Cassazione deducendo la violazione dell’art. 91 del codice di procedura civile in quanto, stante la totale soccombenza dell’amministrazione finanziaria, il Tribunale avrebbe dovuto disporre la condanna di quest’ultima al pagamento delle spese del giudizio, non potendo ravvisarsi nel caso di specie la sussistenza dei gravi ed eccezionali motivi a causa della definizione dell’appello con pronuncia di inammissibilità, nè valorizzare il fatto che l’Agenzia delle entrate, dopo aver appellato la sentenza, non aveva svolto difese ulteriori.
LA DECISIONE: Con la decisione in commento i giudici della Suprema Corte di Cassazione hanno osservato che:
1. il secondo comma dell’art.92 del codice di procedura civile, nella parte in cui consente di compensare le spese di lite quando concorrono gravi ed eccezionali ragioni, costituisce difatti una clausola generale da specificare in via interpretativa da parte del giudice del merito, le cui conclusioni sono censurabili in sede di legittimità in quando fondate su norme giuridiche;
2. la soccombenza dei convenuti si configura in ogni ipotesi di accoglimento della domanda all’esito del giudizio, a prescindere dalle ragioni (se pertinenti a questioni di merito o di mero rito);
3. è errato sostenere che l’eventuale adozione di una pronuncia di inammissibilità dell’appello integri, per ciò solo, un grave ed eccezionale motivo di compensazione, anche nel caso in cui l’appellante risultato soccombente si sia limitato a proporre l’impugnazione senza svolgere ulteriori difese;
4. tale ultima circostanza potrebbe solo incidere sulla quantificazione delle spese, sempre che abbia abbia a sua volta influito sulle attività difensive poste in essere dalla parte vincitrice;
Pertanto, gli Ermellini hanno ritenuto fondato il motivo del ricorso e nell’accoglierlo con rinvio della causa al Tribunale ad altro Magistrato hanno affermato che la compensazione può “essere attualmente disposta, oltre che nelle ipotesi di soccombenza reciproca, di assoluta novità, delle questioni trattate e di mutamento della giurisprudenza su questioni dirimenti, solo quando le specifiche circostanze prese in considerazione dal giudice di merito connotazioni tali renderle assimilabili alle altre ipotesi previste dall'art. 92 comma secondo, c.p.c.”.
Cassazione civile ordinanza n.12484/2020