La Corte di Cassazione con la sentenza n. 18248 del 2 maggio 2016, si è pronunciata in senso favorevole alla applicabilità dell'art. 54 c.p. che prevede la scriminante dello stato di necessità, al furto commesso in stato di bisogno.
Lunedi 16 Maggio 2016 |
Il caso: uno straniero, senza fissa dimora, all'interno di un supermercato si impossessava di generi alimentari - due porzioni di formaggio ed una confezione di wurstel - del valore complessivo di quattro Euro; notato da un cliente del supermercato, veniva immediatamente segnalato al personale che lo bloccava, ottenendo la pronta restituzione dei beni.
Sia in primo che in secondo grado l'imputato veniva ritenuto responsabile di furto e condannato alla pena di giustizia, previa concessione dell'attenuante di cui all'art. 62 c.p. n. 4, con giudizio di equivalenza sulla recidiva.
Il Procuratore generale ricorre in Cassazione deducendo violazione di legge in ordine alla qualificazione giuridica del fatto e difetto di motivazione in ordine alla prospettata derubricazione del reato consumato in reato tentato ed alla applicazione della previsione di cui all'art. 131 bis c.p.
In particolare, la Corte d'Appello erroneamente non ha valutato la possibilità di ritenere configurabile la fattispecie di cui all'art. 626 c.p. n. 2 (furto lieve per bisogno, considerato che l'imputato, persona straniera senza fissa dimora, si era impossessato di generi alimentari del valore di 4 Euro) e, in ogni caso, l'ipotesi tentata, dal momento che l'imputato era stato notato da un cliente mentre si impossessava della merce ed era stato immediatamente segnalato al personale che l'aveva bloccato, ottenendo la pronta restituzione dei beni; inoltre la Corte territoriale ha errato nel non riconoscere la causa di non punibilità di cui all'art. 131-bis c.p.
La Corte di Cassazione, da un lato condivide il ragionamento seguito dai giudici di merito circa la sussistenza del reato consumato, dall'altro si pronuncia per l'assoluzione dell'imputato perchè il fatto non costituisce reato: per gli ermellini, infatti “la condizione dell'imputato e le circostanze in cui è avvenuto l'impossessamento della merce dimostrano che egli si impossessò di quel poco cibo per far fronte ad una immediata ed imprescindibile esigenza di alimentarsi, agendo quindi in stato di necessità”.
Di conseguenza l'accertamento, in questa sede, dell'esistenza di una causa di giustificazione impone l'annullamento della sentenza impugnata.