Caso Contrada: la CEDU condanna l'Italia per insufficienti garanzie nel processo penale.

Caso Contrada: la CEDU condanna l'Italia per insufficienti garanzie nel processo penale.

Per la CEDU, la legge italiana non soddisfa il requisito relativo alla "qualità di legge" e non è idonea a limitare l'ingerenza a quanto è "necessario in una società democratica".  

Venerdi 7 Giugno 2024

Nella sentenza Contrada vs Italia, la Corte Europea di Strasburgo ha condannato il nostro Paese per illiceità delle intercettazioni delle conversazioni telefoniche del ricorrente.

Nell'ambito delle indagini riguardanti l' omicidio di un agente di polizia, la Procura Generale di Palermo aveva ottenuto dal Gip l'intercettazione di ben cinque linee telefoniche utilizzate da Bruno Contrada, ex funzionario di polizia e vicedirettore del Sisde (condannato, in altro procedimento, nel 1996, per aver sostenuto un'associazione di tipo mafioso1), benchè lo stesso non rivestisse la qualità di persona sottoposta ad indagini preliminari né di imputato nel procedimento in questione. Con ricorso presentato innanzi alla Corte Europea, il ricorrente lamentava la violazione dell'art. 82 della Convenzione, concretizzatasi attraverso le intercettazioni e le perquisizioni succitate oltre alla carenza di un effettivo sindacato giurisdizionale in relazione ai predetti provvedimenti disposti a suo carico nell'ambito del procedimento di cui era stato parte.

La Corte, dopo aver ritenuto inammissibile la censura riguardante la perquisizione domiciliare, ha accolto quella relativa l'intercettazione e la trascrizione delle comunicazioni telefoniche del ricorrente. Secondo la CEDU, l'ordinamento italiano non contiene adeguate ed effettive garanzie per proteggere dal rischio di abuso le persone sottoposte a queste misure, laddove siano del tutto estranee ad un procedimento e ciò in quanto non hanno alcuna possibilità di rivolgersi all'autorità giudiziaria per ottenere un'adeguata riparazione allorquando i loro diritti vengano violati: “alla luce di queste carenze, la Corte ritiene che la legge italiana non soddisfi il requisito relativo alla qualità della legge e non sia in grado di limitare l'ingerenza a quanto necessario in una società democratica” ( come previsto dall'art. 8 comma 2 CEDU).

Per i giudici di Strasburgo, la previsione di cui al secondo comma dell'art. 269 c.p.p., che consente a tutti gli interessati e, pertanto anche ai soggetti non sottoposti ad indagini, solo di chiedere al giudice la distruzione della documentazione non necessaria per il procedimento ma non di ottenere un giudizio sulla legittimità del provvedimento autorizzativo delle intercettazioni, non è in grado di offrire garanzie adeguate ed efficaci per proteggere dal rischio degli abusi le persone sottoposte ad intercettazioni.

Difatti, mentre la persona sottoposta alle indagini viene informata della conclusione delle operazioni di intercettazione ed ha accesso alla documentazione rilevante, i soggetti estranei al procedimento non sono destinatari di alcuna notificazione e potrebbero non essere mai avere contezza del proprio coinvolgimento nelle operazioni medesime. La Corte di Strasburgo ha, perciò, condannato l'Italia al pagamento, in favore del ricorrente, dell'importo di euro 9,000,00 a titolo di risarcimento del danno morale.

 Note

1In particolare, tra il 1979 e il 1988, in qualità di funzionario di polizia e, successivamente, di capo gabinetto dell'Alto commissariato per la lotta alla mafia e vicedirettore del Sisde, aveva contribuito all'attuazione dei piani criminali di Cosa Nostra.

2Art. 8 Diritto al rispetto della vita privata e familiare: “ 1. Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza. 2. Non può esservi ingerenza di un'autorità pubblica nell'esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell'ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui”.


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