Con la sentenza n. 70 del 23 maggio, la Corte Costituzionale, ha dichiarato l'incostituzionalità degli artt. 57 e dell'art. 17 co. 16 della L. n. 247/2012 ( Nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense) perchè in contrasto con gli articoli 2,3 e 4 Cost., in quanto prevedono che, in pendenza di procedimento disciplinare a carico dell'avvocato, non può deliberarsi la sua cancellazione dall'albo, seppur richiesta dal professionista.
Giovedi 29 Maggio 2025 |
La questione era stata sollevata dalle Sezioni Unite con riferimento al su richiamato art. 57 che, in materia di procedimento disciplinare dispone che : “ durante lo svolgimento del procedimento, dal giorno dell'invio degli atti al consiglio distrettuale di disciplina, non può essere deliberata la cancellazione dall'albo”.
La Corte rimettente era stata investita della questione nell'ambito di un giudizio riguardante il rigetto dell'istanza di cancellazione dall'albo, in ragione della pendenza di alcuni procedimenti disciplinari, a carico di un avvocato, affetto da gravi patologie che gli impedivano di svolgere la professione. Quest'ultimo eccepiva che le patologie di cui soffre rendono impossibile l'esercizio della professione, tanto che, la sua condizione è equiparabile a quella della carenza dei requisiti di iscrizione e che, al momento della proposizione dell'istanza di cancellazione, non avrebbe potuto dimostrare la perdita del suo diritto alle provvidenze assistenziali perchè tale diritto sorge solo al momento della cancellazione stessa. In via subordinata, il resistente eccepiva l'illegittimità costituzionale degli artt.,17, comma 16 e 57 della legge professionale in riferimento agli artt.,3 e 32 Cost.
La Corte rimettente, richiamava la propria giurisprudenza, secondo la quale il divieto oggetto del giudizio trova fondamento sia nell'esigenza garantista di vietare che il professionista sottoposto a procedimento disciplinare sia privato della facolta di difendersi, per l'ipotesi di cancellazione, sia nella necessità di evitare che lo stesso, con la cancellazione, possa sottrarsi al procedimento disciplinare. Di conseguenza, nell'ordinanza interlocutoria, sottolineava che l'art. 57 : “pone seri dubbi di costituzionalità nella parte in cui non prevede deroghe al divieto allorquando la perdurante iscrizione all’Albo comporti la lesione di diritti fondamentali del professionista, per violazione degli artt. 2,3,4,35,41 della Costituzione”.
La Consulta ha giudicato fondati i rilievi sollevati dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione, sotto diversi profili.
Riguardo la violazione dell'art. 2 Cost., la norma censurata, in primo luogo, è stata ritenuta lesiva della libertà di autodeterminazione del professionista, obbligandolo a rimanere iscritto all’albo contro la propria volontà, anche in assenza di possibilità concreta di esercitare la professione. Insomma: l'iscrizione deve essere il risultato di una scelta libera e consapevole.
Con riferimento alla violazione dell'art. 4 Cost., a parere della Consulta, la disposizione in esame incide in modo sproporzionato sulla libertà di lavoro, impedendo di cessare l’attività forense e intraprendere eventualmente una diversa attività lavorativa ed il sacrificio imposto al professionista è aggravato dalla totale assenza di tempistiche certe circa la conclusione del procedimento disciplinare.
Infine, il divieto è stato considerato irragionevole perchè non rappresenta la misura meno restrittiva tra quelle idonee a garantire la prosecuzione dell'azione disciplinare. A tal proposito, la Corte suggerito l'utilizzo di alternative normative, come la sospensione dei termini di prescrizione per l'ipotesi di cancellazione volontaria.
In attesa di un intervento del legislatore, la Corte costituzionale ha chiarito che la cancellazione volontaria dall’albo comporta l’estinzione del procedimento disciplinare in corso.Tuttavia, tale estinzione non elimina il diritto dell’Ordine di appartenenza a sanzionare i comportamenti contestati: qualora il professionista chieda la reiscrizione, l’azione disciplinare, se non prescritta, deve essere riattivata in relazione agli stessi fatti oggetto del procedimento originario.