L'assegnatario della casa familiare può impugnare la vendita simulata anche nella ipotesi di mancata trascrizione del relativo provvedimento giudiziale.
Mercoledi 5 Ottobre 2022 |
Il difetto di trascrizione del provvedimento di assegnazione della casa familiare legittima l'assegnatario/a ad agire in giudizio ex art. 1415, comma 2, c.c. per far valere la simulazione di atti di alienazione relativi alla casa familiare, indipendentemente dalla circostanza che all'assegnatario/a non debba essere rimproverato un atteggiamento di inerzia nella trascrizione del provvedimento di assegnazione”.
Questo il principio di diritto enunciato dalla Seconda Sezione Civile della Cassazione nell'ordinanza n. 27996 del 26 settembre 2022.
A seguito della pronuncia di separazione personale, alla ricorrente veniva assegnata la casa familiare. Successivamente, la donna vendeva la propria quota a se stessa attraverso una società della quale ella stessa è rappresentante legale ed amministratrice, richiedendo, contestualmente, in qualità di acquirente, lo scioglimento della comunione. A seguito di ciò, l'ex coniuge proponeva domanda riconvenzionale di simulazione assoluta della predetta compravendita, domanda che viene accolta in primo grado ma in appello integralmente riformata con rigetto della domanda di simulazione e scioglimento della comunione.
In cassazione, il ricorrente eccepisce la violazione dell'art. 1415, comma secondo, cod. civ. La Suprema Corte dichiara il motivo fondato, evidenziando che il richiamato secondo comma prevede un'ipotesi di legittimazione straordinaria dei terzi ad agire in giudizio ai fini dell'accertamento di una simulazione di un contratto stipulato inter alios “quando essa pregiudica i loro diritti”.
La Cassazione chiarisce che il tratto comune tra le diverse ipotesi di legittimazione straordinaria ad agire in nome proprio per far valere un diritto altrui, è la titolarità in capo al terzo di un diritto o un rapporto collegato con un altro diritto o rapporto da un nesso per cui il primo diritto è “giuridicamente indipendente” dal secondo che, per tale motivo, è diritto o rapporto pregiudiziale-condizionante. In base a questo ragionamento, la legittimazione del terzo può dipendere dalla titolarità di un diritto pregiudicato-dipendente che gli consenta di impugnare il diritto pregiudiziale-condizionante. Secondo la giurisprudenza di legittimità, la disposizione di cui all'art. 1415, comma 2, c.c. non consente "di ravvisare un interesse indistinto e generalizzato di qualsiasi terzo ad ottenere il ripristino della situazione reale, essendo, per converso, la relativa legittimazione indissolubilmente legata al pregiudizio di un diritto conseguente alla simulazione". Questa situazione è dettata proprio dalla titolarità di un diritto pregiudicato-dipendente dall'altro diritto pregiudiziale-condizionante, che i terzi sono legittimati a far valere giudizialmente.
Nel caso di specie, è certamente legittimato il terzo laddove sia stato il giudice a stabilire il diritto ad abitare la casa familiare nel caso in cui l'assegnatario non provveda all'onere di pubblicità adoperandosi per la trascrizione del provvedimento giudiziale. La titolarità del diritto ad abitare la casa familiare è opponibile a terzi fino a nove anni dalla sentenza di assegnazione qualora non si sia provveduto alla tempestiva trascrizione della decisione giudiziale. Infatti, trascorsi nove anni, il difetto di tempestiva trascrizione non rende ulteriormente opponibile l'assegnazione della casa familiare rispetto al diritto acquistato dal terzo su quest'ultima.
Ciò legittima il terzo assegnatario ad agire in giudizio per far dichiarare la simulazione della vendita della casa familiare, prescindendo dalla circostanza che all'assegnatario non debba essere rimproverato un atteggiamento di inerzia nella trascrizione del provvedimento di assegnazione della casa.