Nella sentenza n. 23455 del 28/09/2018 la Cassazione si pronuncia in merito alle conseguenze derivanti dal mancato deposito del fascicolo di parte successivamente alla precisazione delle conclusioni nel giudizio di appello.
Il caso: La A.V.I.D. Varese Onlus ricorre per la cassazione della sentenza della Corte d'Appello di Milano con la quale, in riforma della sentenza del Tribunale, era stata accolta l'opposizione proposta da Autoscuola di via Roma di F.M. & C avverso il decreto ingiuntivo emesso in proprio favore per la somma di Euro 504,00 ed era stata altresì riformata la pronuncia di primo grado in relazione alla domanda riconvenzionale (avanzata nei confronti dell'autoscuola) che era stata pertanto respinta.
La società ricorrente lamenta che la Corte territoriale aveva riformato la pronuncia di primo grado ritenendo erroneamente che non fosse stato assolto l'onere della prova a carico dell'associazione, in ragione dell'omesso deposito del fascicolo di parte dopo il ritiro di esso, successivo alla precisazione delle conclusioni, nonostante che i documenti sui quali si fondava la pretesa pienamente riconosciuta dal primo giudice, erano contenuti "in fotocopia" nel fascicolo d'ufficio.
Per la Corte territoriale, infatti:
il mancato deposito del fascicolo di parte, successivo al ritiro di esso contestualmente alla precisazione delle conclusioni, costituiva una "carenza di carattere probatorio insormontabile”;
nel processo civile, non esiste il principio di "immanenza della prova", e non si può tenere conto dei documenti "fisicamente" assenti dal fascicolo al momento della decisione, nonostante l'indubbia costituzione in udienza della parte appellata, la presenza delle "veline" per tutti i membri del collegio ed il seguente documentato ritiro dei fascicoli di parte.
La Suprema Corte, nel ritenere fondata la doglianza, precisa quanto segue:
a) in relazione al principio affermato di "non immanenza della prova nel processo civile" questa Corte ritiene che esso debba essere temperato da quello "di non dispersione della prova ormai acquisita", fondato su motivi di economia processuale e sulla ragionevole durata del processo;
b) la documentazione prodotta unitamente al ricorso per decreto ingiuntivo su cui si fonda la pretesa vantata deve ritenersi acquisita al giudizio anche per le successive fasi di cognizione;
c) la prova documentale e testimoniale esaminata dal giudice di primo grado che, quanto alla sua storicità, ne dà conto in motivazione, pur soggetta a nuova valutazione da parte del giudice d'appello deve ritenersi acquisita agli atti, anche in base alla sentenza di primo grado pronunciata, visto il valore di atto pubblico del provvedimento decisorio del giudice;
d) la perentorietà del termine entro il quale, a norma dell'art. 169 c.p.c., comma 2, deve avvenire il deposito del fascicolo di parte ritirato all'atto della rimessione della causa al collegio, va riferita solo alla fase decisoria di primo grado e non può in alcun modo operare una volta che il procedimento trasmigri in appello, stante il riferimento alle sole prove "nuove";
Pertanto, nel caso in cui, nel giudizio d'appello, la parte, dopo essersi costituita, ritiri il fascicolo di parte ed ometta di depositarlo nuovamente dopo la precisazione delle conclusioni, incorre in una mera irregolarità che il giudice di merito può fronteggiare attraverso una prudente valutazione delle veline a sua disposizione o, nel dubbio, attraverso la rimessione della causa sul ruolo.
Cassazione civile Sez. III Sentenza n. 23455 del 28/09/2018