La Corte Costituzionale con la sentenza n.222/2023 depositata in data 21/12/2023 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 696-bis, primo comma, primo periodo, del codice di procedura civile nella parte in cui dopo le parole «da fatto illecito» non prevede «o da ogni altro atto o fatto idoneo a produrli in conformità dell’ordinamento giuridico».
Giovedi 28 Dicembre 2023 |
Il caso: Il Tribunale Ordinario di Bari veniva chiamato a decidere il ricorso proposto, ex art. 696-bis, da Tizia la quale, premesso di avere acquistato un immobile nell’ambito di una procedura esecutiva promossa in danno dei convenuti e di avere sostenuto spese per ristrutturarlo, successivamente scopriva che, per un errore nella immissione nel possesso del bene, le opere edilizie avevano interessato non l’unità immobiliare aggiudicatale, ma un’altra, ad essa adiacente, in comproprietà degli stessi esecutati; chiedeva disporsi una consulenza tecnica preventiva ai fini della quantificazione dell’indennizzo dovuto da questi ultimi a titolo di ingiustificato arricchimento.
I convenuti, nel costituirsi in giudizio, eccepivano l’inammissibilità del ricorso, sul rilievo che il credito indennitario dedotto a fondamento della domanda non rientra nell’ambito applicativo della consulenza tecnica preventiva finalizzata alla composizione della lite.
Il Tribunale rileveva che:
- tale eccezione sarebbe destinata all’accoglimento, posto che, effettivamente, il diritto all’indennizzo per arricchimento senza causa non è riconducibile né all’inadempimento di una obbligazione contrattuale, né ad un fatto illecito, ma è correlato ad una obbligazione «d’altro genere, derivata da un fatto determinato, selezionato dalla legge come idoneo a produrla, secondo la previsione classificatoria generale delle fonti delle obbligazioni di cui all’art. 1173 c.c “;
- d'altro canto, però, l’art. 696-bis, primo comma, primo periodo, cod. proc. civ. nella parte in cui non prevede che l’espletamento della consulenza tecnica in via preventiva possa essere richiesto ai fini dell’accertamento e della determinazione dei crediti derivanti dalla mancata o inesatta esecuzione (anche) di obbligazioni derivanti da ogni altro atto o fatto idoneo a produrle in conformità dell’ordinamento giuridico, contrasta con gli artt. 3 e 24 Cost.
Di conseguenza, il Tribunale assume che la soluzione del dubbio di legittimità costituzionale sollevato sia rilevante nel procedimento pendente innanzi a sé, dipendendo da essa l’ammissibilità della domanda proposta.
La Corte Costituzionale preliminarmente, dopo una lunga disamina dell'istituto e delle sue finalità, conclude che:
a) la limitazione dell’ambito oggettivo di operatività della consulenza preventiva operato dalla disposizione in scrutinio contrasta con l’art. 3 Cost., sia sotto il profilo dell’eguaglianza, sia sotto quello della ragionevolezza, e con l’art. 24 Cost., in quanto realizza una differenziazione nella tutela dei diritti non supportata da una ragionevole giustificazione;
b) la ragione giustificatrice dell’art. 696-bis cod. proc. civ. va rinvenuta nella esigenza di aggiungere alla tutela giurisdizionale una forma complementare di attuazione dei diritti, per mezzo della quale il conflitto è definito in via negoziale, ma all’esito di un apposito procedimento nel quale la conciliazione è coadiuvata dall’esperto in posizione di terzietà ed è impostata, diretta e convalidata dal giudice;
c) la scelta di limitare lo strumento in esame alle sole controversie relative ai crediti ex contractu ed ex delicto, così privando delle peculiari utilità connesse al suo esperimento i titolari di tutti gli altri crediti di fonte diversa, non rinviene né nel titolo né nel contenuto dei diritti ammessi una valida ragione di diversificazione;
d) il limite alla discrezionalità del legislatore nella conformazione degli istituti processuali è da ritenersi, nella specie, valicato in quanto, per i titolari dei crediti non ricompresi nell’ambito applicativo dell’art. 696-bis cod. proc. civ., la delimitazione oggettiva operata dal primo comma, primo periodo, di tale disposizione si traduce nella negazione di una forma di tutela dotata di specifica utilità e, in considerazione delle sue caratteristiche di giurisdizionalità, non surrogabile dalle pur contigue misure di composizione alternativa delle liti, così determinando «un’ingiustificabile compressione del diritto di agire».
In conclusione: la disposizione censurata, ammettendo la consulenza tecnica preventiva per i soli crediti derivanti dalla mancata o inesatta esecuzione di obbligazioni di fonte contrattuale o da fatto illecito, e non anche per tutti i diritti di credito derivanti da ogni altro atto o fatto idoneo a produrli in conformità dell’ordinamento giuridico, secondo la indicazione fornita dall’art. 1173 cod. civ., dà luogo ad una differenziazione priva di una ragionevole giustificazione e alla violazione, in danno dei titolari dei crediti esclusi, della garanzia ex art. 24 Cost., cui non osta l’ampia discrezionalità del legislatore in ambito processuale, che pure questa Corte ha più volte affermato.