Alla Consulta la questione di legittimità costituzionale delle norme statali sulla caccia.

Alla Consulta la questione di legittimità costituzionale delle norme statali sulla caccia.

T.A.R. Lombardia - Milano, Sez. II 7 ottobre 2024, n. 2583

Lunedi 28 Ottobre 2024

Si tratta di uno dei più interessanti ritenuti corollari del riformato articolo 9 della carta fondante laddove si dice che la legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali.

La dottrina è divisa sul punto. E lo è finanche sul significato da attribuire alla riserva di legge attribuita  allo Stato. Inevitabilmente sarà la giurisprudenza, ma soprattutto la suprema Corte, a dovere indicare la strada.  Al momento, come si dice, si brancola nel buio. E la sentenza del giudice amministrativo milanese ha reso questo buio ancora più fitto.

E’ infatti stato chiesto al Giudice amministrativo milanese di sollevare questione di legittimità costituzionale delle norme di legge statali (articoli 1, commi 2 e 3 e 18 della legge n. 157 del 1992) e regionali (articolo 40 della legge regionale - LR n. 26 del 1993 e intera LR n. 17 del 2004) sulla caccia, per l’asserito contrasto delle medesime con l’art. 9 della Costituzione, così come modificato dalla legge costituzionale n. 1 del 2022. In buona sostanza si chiede di investire la Corte Costituzionale d un compito gravoso che è quello di verificare se la nuova norma costituzionale, avente piena e diretta efficacia, vieterebbe la caccia, in quanto l’attività venatoria si porrebbe in ogni caso in contrasto con la tutela degli animali.

Per il TAR la questione di legittimità costituzionale, così come prospettata, appare manifestamente infondata. E tale apparenza troverebbe giustificazione nel fatto che l’art. 9 ancorché inserito nei Principi Fondamentali,  appare di carattere programmatico e non immediatamente precettivo, creando una riserva di legge statale sulle modalità di tutela degli animali e rinviando quindi l’individuazione concreta di tali forma di tutela alle scelte del legislatore statale.  Ecco che i due problemi si ricollegano. Portata effettiva della riforma e riserva di legge.

Il Giudice amministrativo ritiene che nell’esercizio del proprio potere normativo,normativo, i l legislatore dovrà necessariamente bilanciare l’interesse alla tutela animale con altri valori costituzionali, visto che nel nostro ordinamento i valori fondamentali sono in rapporto di reciproca integrazione, senza che uno di essi possa assumere valenza assoluta verso gli altri.

Peraltro, viene sottolineato e ricordato lart. 13 del Trattato di Lisbona che laddove garantisce il rispetto del benessere animale dall’altra impone il rispetto delle consuetudini degli Stati membri per quanto riguarda le tradizioni culturali ed il patrimonio regionale. Sull’effetto placebo dell’art. 13 s è già scritto tanto e sarebbe inulte ritornarvi.

Quello che appare discutibile è il fatto che a dire del giudice amministrativo l’attività venatoria rappresenti parte della tradizione sociale e culturale italiana avendo peraltro  oggi una finalità non solo ricreativa ma anche di misura di conservazione del patrimonio animale (si pensi all’abbattimento selettivo di specie reputate eccessivamente invasive oppure all’abbattimento per limitare la diffusione di gravi patologie quali la peste suina africana). Quella che viene definita come caccia sostenibile. Ma anche di tanto molto si è scritto.

Auguriamoci che torni la luce. E un pò di sereno.

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