Accettazione pura e semplice dell’eredita’: presupposti

Accettazione pura e semplice dell’eredita’: presupposti

Con la sentenza 28666/2024, pubblicata il 7 novembre 2024, la Corte di Cassazione si è pronunciata sui presupposti affinchè possa configurarsi l’accettazione pura e semplice dell’eredità di una persona deceduta.

Martedi 12 Novembre 2024

IL CASO: La vertenza originale dal giudizio promosso da una signora nei confronti del fratello per ottenere lo scioglimento delle comunioni ereditarie del padre e della madre, sostenendo di essere l’unica erede per 2/3 dell’immobile ereditato dai genitori.

L’attrice deduceva:

- che al momento della morte del padre, l’asse ereditario di quest’ultimo era composto solo da un immobile, il quale in virtù della successione legittima era stato acquistato per 1/3 ciascuno dai due figli e dalla madre e che, essendo quest’ultima deceduta la sua eredità, consistente solo nella ridetta quota di comproprietà immobiliare, si era devoluta per 1/2 a ciascuno dei due figli;

- di aver esperito l’actio interrogatoria di cui all’art. 481 del Codice Civile nei confronti del fratello, il quale, aveva perso il diritto di accettare l’eredità materna per non aver manifestato, nel termine fissato dal giudice, la volontà di accettare o meno l’eredità della madre, che si era devoluta interamente in favore di lei e pertanto, ella doveva ritenersi comproprietaria dell’immobile anzidetto per la quota di 2/3.

All’esito del giudizio, il Tribunale dava ragione all’attrice, assegnando a quest’ultima l’intero bene. Di diverso avviso la Corte d’Appello che, in parziale riforma della decisione di primo grado, riconosceva la qualità di erede anche al fratello dell’attrice, stabilendo la comproprietà del bene al 50% tra le parti e dichiarando improcedibile la domanda di scioglimento della comunione.

I giudici della Corte Territoriale ritenevano che il fratello dell’originaria attrice era divenuto erede puro e semplice della madre, ai sensi dell’art. 485 del Codice Civile, essendo nel possesso dello stesso bene ereditario oggetto di domanda, tanto che l’attrice ne aveva chiesto la condanna al pagamento della quota parte dei frutti civili percepiti.

Pertanto, l’originaria attrice investiva della questione la Corte di Cassazione, deducendo fra i motivi del gravame, la violazione o la falsa applicazione degli artt. 481 e 2909 c.c. e 324 e 749 c.p.c., per non avere la Corte di Appello considerato il fratello della ricorrente decaduto dall’accettazione dell’eredità, essendo spirato il termine assegnatogli dal giudice, e per aver statuito sull’accertamento della qualità di erede di quest’ultimo, nonostante la preclusione derivante dal giudicato formatosi sull’esito dell’actio interrogatoria, in assenza di reclamo o altra impugnazione. Secondo la ricorrente, i giudici di appello, avrebbero dovuto ritenere il fratello decaduto dal diritto di accettare l’eredità, in quanto il chiamato che non abbia accettato non può considerarsi possessore dei beni ereditari.

LA DECISIONE: La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso infondato lo ha rigettato.

Gli Ermellini, dopo aver ricordato che l’art. 481 del Codice civile prevede che chiunque vi abbia interesse può chiedere che l’autorità giudiziaria fissi un termine entro il quale il chiamato dichiara se accetta o rinunzia all’eredità, decorso il quale in mancanza della predetta dichiarazione, il chiamato perde il diritto di accettare, ha osservato che secondo quanto affermato dalla costante giurisprudenza di legittimità, per il possesso dei beni ereditari previsto dall’art. 485 del Codice Civile l’acquisto della qualità di erede puro e semplice non deve necessariamente manifestarsi in un’attività corrispondente all’esercizio della proprietà dei beni ereditari, ma si esaurisce in una mera relazione materiale tra i beni e il chiamato all’eredità, e cioè in una situazione di fatto che consenta l’esercizio di concreti poteri sui beni, sia pure per mezzo di terzi detentori, con la consapevolezza della loro appartenenza al compendio ereditario: ne consegue che la previsione legale si estende ad ogni specie di possesso, quale che ne sia il titolo giustificativo, e include anche la detenzione a titolo di custodia o di affidamento temporaneo.

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