Il danno da perdita del rapporto parentale: l'onere della prova

Il danno da perdita del rapporto parentale: l'onere della prova

In tema di risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale, sussiste una presunzione iuris tantum di esistenza del pregiudizio configurabile per i membri della famiglia nucleare "successiva" (coniuge e figli) che si estende anche ai membri della famiglia "originaria" (genitori e fratelli), senza che assuma ex se rilievo il fatto che la vittima ed il superstite non convivessero o che fossero distanti,

Martedi 12 Novembre 2024

In tal senso si è espressa la Corte di Cassazione nell'ordinanza n. 27142 del 21 ottobre 2024.

Il caso: Tizio, dopo essersi sottoposto e a quattro interventi chirurgici presso l'Ospedale Alfa per una grave patologia che affliggeva il suo colon, dopo circa 10 mesi dal quarto intervento, decedeva all'età di 59 anni per un infarto al miocardio.

La moglie e due figli convenivano in giudizio la struttura sanitaria sull'assunto che la morte del loro congiunto fosse avvenuta per colpa dei sanitari che, dapprima, avrebbero effettuato una diagnosi errata e, in seguito, avrebbero eseguito con negligenza gli interventi chirurgici.

Il Tribunale di Torino, all'esito della CTU, concludeva che non era provato che vi fosse un nesso di causa tra la condotta dei sanitari, pur emersa come erronea sotto vari aspetti e il decesso, intervenuto per infarto al miocardio dopo alcuni mesi, e che piuttosto, la condotta dei medici aveva provocato soltanto una invalidità temporanea, che veniva riconosciuta agli attori iure hereditatis.

Gli attori ricorrono in appello: la Corte distrettuale, in accoglimento dell'impugnazione, riteneva provato il nesso di causa tra i plurimi errori commessi nell'intervento chirurgico e la morte del paziente; tuttavia, la Corte negava il risarcimento del danno parentale agli attori, figli conviventi del de cuius, riconosciuto solo a favore della moglie convivente, considerando che, pur avendo essi allegato di essere congiunti conviventi, non avevano tuttavia dimostrato la conseguenza dannosa subita sotto il profilo dinamico-relazionale.

I figli del defunto ricorrono in Cassazione, censurando la sentenza impugnata laddove ha erroneamente respinto la domanda risarcitoria degli stessi attori, sul presupposto della mancata allegazione e prova dei fatti posti a sostegno della domanda avanzata dagli esponenti per il risarcimento del danno parentale, senza fare ricorso al criterio delle presunzioni, ovvero al fatto che "secondo l'id quod plerumque accidit" la prematura perdita del congiunto induce ad un mutamento negativo delle condizioni quotidiane di vita ed al correlato dolore dell'animo, ritenendo che "l'allegazione a tale fine necessaria deve concernere fatti precisi e specifici del caso concreto, essere cioè circostanziata, non potendo invero risolversi in mere enunciazioni di carattere del tutto generico e astratto, eventuale e ipotetico”.

Per la Cassazione il ricorso è fondato:

a) il rigetto della domanda di riconoscimento del danno morale jure proprio si è fondata sull'assunto che i figli del deceduto erano in un'età pienamente adulta relativamente alla quale non possono ritenersi presumibili né la perdurante dipendenza economica né la convivenza con i genitori e che nulla sia stato specificato in sede di allegazione circa la natura e intensità della relazione con il padre, e ciò a differenza della moglie convivente che lo ha assistito in tutto il percorso ospedaliero;

b) in tema di risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale, sussiste una presunzione iuris tantum di esistenza del pregiudizio configurabile per i membri della famiglia nucleare "successiva" (coniuge e figli) che si estende anche ai membri della famiglia "originaria" (genitori e fratelli), senza che assuma ex se rilievo il fatto che la vittima ed il superstite non convivessero o che fossero distanti;

c) tale presunzione impone al terzo danneggiante l'onere di dimostrare che vittima e superstite fossero tra loro indifferenti o in odio, con conseguente insussistenza in concreto dell'aspetto interiore del danno risarcibile (c.d. sofferenza morale) derivante dalla perdita, ma non riguarda, invece, l'aspetto esteriore (c.d. danno dinamico-relazionale), sulla cui liquidazione incide la dimostrazione, da parte del danneggiato, dell'effettività, della consistenza e dell'intensità della relazione affettiva;

d)  risulta pertanto del tutto contradittoria perché non idoneamente correlata alle circostanze allegate, la motivazione, là dove, confondendo l'an debeatur con il quantum debeatur, assume che lo sforzo di allegazione di parte attrice è stato del tutto insufficiente e fondato su allegazioni generiche, solo per il fatto che non sono presumibili né la perdurante dipendenza economica (circostanza marginale in tale ambito di valutazione), né la convivenza che, come visto, non appare neanche quale elemento essenziale ai fini del decidere;

e) lo stato di filiazione, del tutto pretermesso, avrebbe dovuto essere preso in considerazione ai fini della configurazione di un danno parentale; mentre sul piano del quantum del risarcimento, la Corte di merito avrebbe avuto ampia discrezionalità nel decidere secondo i criteri sopra enunciati, tenendo conto dei fatti allegati in ordine alla natura e intensità della relazione con il padre.

Allegato:

Cassazione civile ordinanza 27142 2024

Vota l'articolo:
5 / 5 (3voti)

Iscriviti gratis alla nostra newsletter


Aggiungi al tuo sito i box con le notizie
Prendi il Codice





Sito ideato dall’Avvocato Andreani - Ordine degli Avvocati di Massa Carrara - Partita IVA: 00665830451
Pagina generata in 0.009 secondi