Anche il legame parentale fra nonno e nipote consente di presumere che il secondo subisca un pregiudizio non patrimoniale in conseguenza della morte del primo (e viceversa) e ciò anche in difetto di un rapporto di convivenza, che può costituire semmai un elemento probatorio utile a dimostrarne l'ampiezza e la profondità.
Mercoledi 23 Ottobre 2024 |
Tale principio è stato ribadito dalla Corte di Cassazione nell'ordinanza n. 25200/2024.
Il caso: Tizio + altri convenivano in giudizio il Comune di A, per ottenere il risarcimento dei danni ai sensi dell'art. 2051 c.c., esponendo che un gruppo di giovani, tra i quali il loro congiunto Caio giocavano a pallone presso il piazzale antistante la scuola media: nel corso della partita Caio scavalcava la recinzione per recuperare il pallone finito oltre e, nel fare rientro nel piazzale mentre scavalcava nuovamente la recinzione appoggiandosi ad un lampione privo di corpo illuminante, decedeva per folgorazione.
Il Tribunale dichiarava l'inammissibilità della domanda; la Corte d'Appello, accogliendo la domanda dei parenti di Caio, riformava la sentenza del Tribunale e condannava il Comune al risarcimento del danno.
Il Comune ricorre in Cassazione, deducendo, tra i vari motivi, anche la violazione degli artt. 116 c.p.c. in relazione agli artt. 2043 e 2051 c.c. (art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, c.p.c.): la Corte avrebbe illegittimamente riconosciuto il danno a parenti non conviventi che non avevano diritto risarcitorio, e per aver quantificato il danno in misura eccessiva sulla base di una asserita valutazione in forza della c.t.u. psicologica disposta, omettendo i rilievi difensivi tecnici di parte con i quali si osservava l'assenza di qualsivoglia cura psicoterapica da parte dei congiunti conviventi e no.
Per la Cassazione il motivo è inammissibile: sul punto gli Ermellini ribadiscono che:
a) in caso di domanda di risarcimento del danno non patrimoniale "da uccisione", proposta iure proprio dai congiunti dell'ucciso, questi ultimi devono provare la effettività e la consistenza della relazione parentale, rispetto alla quale il rapporto di convivenza non assurge a connotato minimo di esistenza, ma può costituire elemento probatorio utile a dimostrarne l'ampiezza e la profondità, e ciò anche ove l'azione sia proposta dal nipote per la perdita del nonno;
b) infatti, non essendo condivisibile limitare la "società naturale", cui fa riferimento l'art. 29 Cost., all'ambito ristretto della sola cd. "famiglia nucleare", il rapporto nonni-nipoti non può essere ancorato alla convivenza, per essere ritenuto giuridicamente qualificato e rilevante, escludendo automaticamente, nel caso di non sussistenza della stessa, la possibilità per tali congiunti di provare in concreto l'esistenza di rapporti costanti di reciproco affetto e solidarietà con il familiare defunto;
c) anche il legame parentale fra nonno e nipote consente di presumere che il secondo subisca un pregiudizio non patrimoniale in conseguenza della morte del primo (per la perdita della relazione con una figura di riferimento e dei correlati rapporti di affetto e di solidarietà familiare) e ciò anche in difetto di un rapporto di convivenza, fatta salva, ovviamente, la necessità di considerare l'effettività e la consistenza della relazione parentale ai fini della liquidazione del danno.