Accede alle email dell'ex marito e cambia la password: è reato

Accede alle email dell'ex marito e cambia la password: è reato

Con la sentenza n. 52572 del 17 novembre 2017 la V Sezione Penale della Corte di Cassazione si pronuncia in merito alla configurabilità del reato di cui all'art. 615 ter c.p. quando il responsabile sia a conoscenza della password di accesso.

Mercoledi 29 Novembre 2017

Il caso: la Corte di Appello, in parziale riforma della sentenza con cui il Tribunale aveva condannato P.F. alla pena ritenuta di giustizia ed al risarcimento dei danni derivanti da reato in favore della costituita parte civile, A.V., in relazione ai reati di cui agli artt. 615 ter e 594, c.p. disponeva la sospensione condizionale della pena irrogata, confermando nel resto la sentenza impugnata.

Dalle indagini effettuate risultava che l'imputata era entrata per due volte nella casella di posta elettronica dell'ex coniuge ed aveva cambiato la password con l'impostazione di una nuova domanda di recupero ed inserimento di una frase ingiuriosa, palesemente in contrasto con la volontà del titolare della casella elettronica.

P.F. propone quindi ricorso per Cassazione, rilevando che non sussiste il reato contestatole in quanto tale fattispecie richiede la consapevolezza da parte del soggetto di aggirare le misure di sicurezza atte a proteggere il sistema informatico, mentre la conoscenza da parte dell'imputata della password, fornitale dall'ex coniuge, necessaria ad accedere alla casella di posta elettronica, esclude il carattere abusivo dell'accesso, atteso che mancherebbe qualsiasi espediente atto ad aggirare la protezione del sistema.

La Suprema Corte, nel respingere tale assunto, osserva quanto segue:

- l'accertata conoscenza, da parte della P., della password di accesso alla casella elettronica precedentemente impostata dall'A., non esclude la sussistenza del reato in questione;

- infatti integra il reato di cui all'art. 615 ter, c.p., la condotta di colui che accede abusivamente all'altrui casella di posta elettronica, trattandosi di una spazio di memoria, protetto da una password personalizzata, di un sistema informatico destinato alla memorizzazione di messaggi, o di informazioni di altra natura, nell'esclusiva disponibilità del suo titolare, identificato da un account registrato presso il provider del servizio;

- per orientamento consolidato integra la fattispecie criminosa di accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico protetto, prevista dall'art. 615 ter c.p., la condotta di accesso o di mantenimento nel sistema posta in essere da soggetto che, pure essendo abilitato, violi le condizioni e i limiti risultanti dal complesso delle prescrizioni impartite dal titolare del sistema per delimitarne oggettivamente l'accesso,

- nel caso di spcie, non può ritenersi rispettosa delle regole dettate dal titolare della casella elettronica per consentirne l'accesso, la condotta di chi utilizza la password, fosse anche ottenuta con il consenso del titolare, per modificarla indebitamente, impedendo a quest'ultimo di accedervi.

Esito: annullamento senza rinvio della sentenza impugnata con riferimento alla imputazione di cui all'art. 594, c.p., perché il fatto non è previsto come reato; annulla senza rinvio la medesima sentenza ai fini penali, in relazione all'imputazione di cui all'art. 615 ter, c.p., perché estinto per prescrizione; rigetta il ricorso ai fini civili con riferimento a tale ultimo reato.

Allegato:

Cassazione penale Sez. V Sentenza n. 52572 del 17/11/2017

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