Con la sentenza n. 15486 del 20/06/2013 la Corte di Cassazione aggiunge un altro tassello a quel novero di pronunce, sia di merito che di legittimità, che conferiscono dignità e rilievo alle coppie di fatto e alla convivenza, in generale.
Il caso è quello di una moglie che, dopo un mese di matrimonio, è costretta a chiedere la separazione a causa del comportamento violento e prevaricatore del marito, derivante dall'assunzione di alcol e psicofarmaci, sottolineando che tale aggressività si era già manifestata anche nel periodo precedente il matrimonio, durante la convivenza.
Il Tribunale pronuncia la separazione con addebito al marito, che peraltro viene condannato a versare alla moglie un assegno di mantenimento, e la Corte di Appello conferma la sentenza di primo grado.
Il marito ricorre in Cassazione, ritenendo iniqua la sentenza in quanto:
1) I giudici di primo e secondo grado hanno errato nel dare rilevanza al suo comportamento precedente il matrimonio e a non tener conto del fatto che dopo il matrimonio entrambi i coniugi hanno assunto alcol e sostanze stupefacenti, con conseguente acuirsi della tensione all'interno della coppia;
2) E' altresì ingiusta l'attribuzione di un assegno di mantenimento dopo un solo mese di matrimonio, che non consente di valutare adeguatamente il tenore di vita della coppia.
La Corte di Cassazione respinge il ricorso del marito, ritenendolo infondato alla luce delle seguenti argomentazioni:
1) Il comportamento tenuto dai coniugi nel periodo della convivenza “rileva ai fini dell'accertamento della responsabilità per la intollerabilità della prosecuzione del matrimonio quando essa costituisce una fase della vita della coppia che ha preceduto il matrimonio senza sostanziali interruzioni temporali,tanto che non è possibile distinguere il comportamento dei coniugi nella fase pre-matrimoniale e in quella matrimoniale.”
Alla stregua di tale principio, era emerso dalle risultanze processuali che nel caso di specie il comportamento violento all'interno del matrimonio e nella fase della convivenza, precedente ad esso, era stato posto in essere unilateralmente dal marito.
2) Quanto, poi all'assegno di mantenimento, la Corte precisa che anche quando a causa della brevità della convivenza matrimoniale non sia possibile determinare il tenore di vita della coppia, ciò che rileva a tal fine sono la consistenza patrimoniale e l'ammontare del reddito dei coniuge obbligato, che possono far presumere una proporzione di spesa e la quota di imputazione della stessa alle esigenze di sussistenza della moglie.
Nel caso di specie il marito era medico ospedaliero mentre la moglie era disoccupata.