Vittime di omicidio: la legittimità dell’esclusione del giudizio abbreviato 

Vittime di omicidio: la legittimità dell’esclusione del giudizio abbreviato 

La Corte Costituzionale, con la sentenza n.2 del 17 Gennaio 2025 (v.testo allegato) ha sancito l’inapplicabilità del giudizio abbreviato ai delitti puniti con la pena dell’ergastolo escludendone la incostituzionalità.

Lunedi 27 Gennaio 2025

Le eccezioni di incostituzionalità sollevate

La Corte di Assise di Cassino aveva eccepito la illegittimità costituzionale dell’art. 438, comma 1-bis, del Codice di Rito, come introdotto dall’art. 1, comma 1, lettera a), della legge 12 aprile 2019, n. 33 (Inapplicabilità del giudizio abbreviato ai delitti puniti con la pena dell’ergastolo), in riferimento agli artt. 3, 24, 27 e 111 della Costituzione.

La Corte, nel processo ad un imputato di omicidio aggravato, commesso per motivi abietti e futili di cui agli artt. 575 e 577, primo comma, numero 4) C.P., in rela zione all’art.61, numero 1), C.P., per il quale è prevista la pena dell’ergastolo, aveva ritenuto illegittima la norma innanzi citata e rimesso gli atti alla Corte delle Leggi.(v.dello stesso Autore, Vittime di Omicidio, l’aggravante della crudeltà, in questa Rivista).

In particolare, a seguito della notifica del decreto di giudizio immediato, l’imputato aveva richiesto al G.I.P. la definizione del processo nelle forme del rito abbre viato ma la richiesta era stata dichiarata inammissibile atteso che il delitto, rientrava nella previsione dell’art.438, comma 1-bis, C.P.P., in base al quale «non è ammesso il giudizio abbreviato per i delitti puniti con la pena dello ergastolo».

La richiesta era stata nuovamente riformulata dinnanzi alla Corte di Assise di Cassino che, a sua volta, aveva sospeso il giudizio ritenendo rilevanti e non manife stamente infondate le questioni di legittimità costituzionale in base alla motiva zione del rigetto da parte del G.I.P.

In conseguenza la questione assumeva una notevole rilevanza giuridica poiché dall’illegittimità della norma poteva derivare l’applicabilità del giudizio abbreviato richiesto dall’imputato per il grave reato anche e la pena da irrogare.(!!) Pertanto, la Corte rimetteva gli atti alla Corte delle Leggi esponendo i propri dubbi di legittimità costituzionale per ragioni diverse rispetto a quelli già oggetto di decisioni precedenti della stessa Consulta e dichiarati non fondati (v.sent. n.207 del 2022 e n.260 del 2020).

Il Giudice remittente, nella propria Ordinanza, riteneva che la disposizione censu rata violasse, in primo luogo, gli artt. 3 e 27 Cost., con riferimento al giudizio di comparazione tra le fattispecie autonome di reato che prevedono la pena dell’erga stolo e i delitti «che pervengono a tale estrema sanzione solo in virtù di contes tate, riconosciute e valutate come plusvalenti circostanze che aggravano la fatti specie base per cui è prevista una (seppure elevata) pena detentiva a termine».

Pertanto, benché le precedenti sentenze della Consulta abbiano attribuito rilievo al maggiore disvalore della fattispecie aggravata, come sancito dal Legislatore, nondi meno appariva irragionevole l’accostamento tra l’ipotesi di omicidio aggravato e l’altra fattispecie punita, nella sua ipotesi base, con la pena dell’ergastolo, come nel caso del delitto di strage (art. 422 cod. pen.).con la conseguenza che accomunare in una medesima norma processuale «fatti-reato dissimili e di diversa gravità» poteva ritenersi lesivo dei principi di uguaglianza, proporzionalità e finalità rieducativa della pena da irrogare.

Sempre secondo la Corte remittente, l’art.438, co.1-bis, C.P.P. risultava illegittimo, per contrasto con i medesimi artt. 3 e 27 Cost., anche alla luce di quanto previsto dall’art.442, comma 2-bis, C.P.P., introdotto dall’art. 24, comma 1, lettera c), del D:Lgs 10 ottobre 2022, n. 150, che ha stabilito che la pena da infliggere va ridotta di un sesto nel caso di rinuncia all’impugnazione della sentenza di condanna in un procedimento definito con rito abbreviato.

Per effetto di tale novella legislativa, con riferimento al delitto di omicidio, secondo la Corte remittente, si veniva a determinare un eccessivo e irragionevole ampliamento della pena detentiva comminabile, per cui la contestazione di una sola circostanza aggravante condurrebbe alla irrogazione della pena dell’erga stolo, con conseguente preclusione per l’accesso al giudizio abbreviato, laddove, nelle l’ipotesi-base, la pena detentiva minima ammonterebbe, anche in applica zione dell’art.442, comma 2-bis, C.P.P., a sette anni, nove mesi e dieci giorni.

La differenza di sanzione tra queste due ipotesi, per la Corte rimettente, rendevano la citata preclusione illegittima e ancor più irragionevole rispetto al quadro emer gente dal contesto normativo su cui sono intervenute le precedenti decisioni della Consulta e si ponevano anche in contrasto con la finalità rieducativa della pena, atteso che il reo non potrebbe «comprendere adeguatamente[…]il disvalore del proprio comportamento»

Da ultimo, sempre per la Corte territoriale, sussisteva anche una lesione degli artt. 3, 24 e 111 Cost. visto che, in caso di giudizio immediato, il passaggio del processo direttamente al dibattimento, senza il filtro dell’udienza preliminare, deter minerebbe una lesione diritti difensivi, poiché la contestazione della aggravante, formulata dal Pubblico Ministero e valutata dal G.I.P., non sarebbe sotto posta al’esame di un Giudice terzo ed imparziale in base alle argomentazioni difensive.

Di conseguenza, l’imputato verrebbe privato della possibilità di accedere al giudizio abbreviato per effetto di un atto riconducibile unicamente al P.M., tanto più ove che lo stesso non potrebbe avvalersi, comunque, della Camera di Consiglio, di cui all’art. 458, co.2, C.P.P., sia perché questa potrebbe essere richiesta unicamente dall’imputato, senza avere consapevolezza dello sbarramento posto dall’art.438, comma 1-bis, C.P.P., sia perché, in quella sede, il G.I.P. non potrebbe, comunque, modificare l’imputazione a favore del reo, dovendosi attenere a quella contestata in sede di decreto di giudizio immediato dal P.M.

La decisione della Corte Costituzionale

La Corte delle Leggi, con la sentenza in commento, ha ritenuto le eccezioni sollevata dalla Corte di Assise del tutto infondate (v Di Tullio D’Elisiis Antonio in Riv Diritto.it)

In particolare, la Corte ha ritenuto come priva di fondamento la questione con cui la Corte aveva censurato l’art. 438, comma 1-bis, perché accomunerebbe sotto l’egida di una norma processuale«fatti-reato dissimili e di diversa gravità»in contrasto con i principi di uguaglianza, proporzionalità e finalismo rieducativo della pena di cui agli artt. 3 e 27 Cost., in relazione alla medesima preclusionedegli imputati di fattispecie autonome di reato punite ex se con la pena dell’ergastolo (come il delitto di strage) e di quelli di delitti per i quali si perviene al medesimo esito per effetto di circostanze aggravanti dei motivi futili o abbietti (come quelli contestati all’imputato).

La Consulta ha ricordato che, sin dall’Ordinanza n. 163 del 1992, aveva ritenuto, in linea generale, «l’inapplicabilità del giudizio abbreviato ai reati punibili con la pena dell’ergastolo, e, pertanto, non appare irragionevole l’esclusione di alcune categorie di reati, come quelli punibili con l’ergastolo, in ragione della loro maggio re gravità.

Quanto, poi, all’asserito trattamento afflittivo che deriverebbe, per gli imputati di delitti cui consegue la pena detentiva perpetua in ragione della sussistenza di circostanze aggravanti, rispetto agli imputati di delitti puniti, nella loro ipotesi base, con l’ergastolo, la Consulta ricorda di avere già chiarito, a più riprese e soprattutto nella sentenza n. 260 del 2020, che la censura, in casi del genere, dovrebbe più correttamente riguardare la irrogazione della pena perpetua per i reati contestati nel giudizio a quo (come nella vicenda in esame, di un omicidio aggravato dai motivi abietti e futili)«poiché è proprio da tale previsione che deriva l’asserita diseguaglianza di trattamento sanzionatorio rispetto a fatti che si assumono più gravi».

In tali casi, la preclusione all’accesso al giudizio abbreviato costituisce, pertanto, «null’altro che il riflesso processuale della pena edittale dell’ergastolo per quelle gravi ipotesi criminose, che, tuttavia, non è stata oggetto di censura da parte del Giudice remittente (v.Ordinanza n. 214 del 2021).

Peraltro, poiché anche nel procedimento in questione il Giudice a quo non ha contestato la scelta legislativa della pena dell’ergastolo per il reato del procedi mento, non può essere ritenuto irragionevole che la disposizione oggetto di censura stabilisca una medesima preclusione all’accesso al giudizio abbreviato per tutti gli imputati di reati punibili con la pena dell’ergastolo, poiché quest’ultima «riguarda […] un giudizio di speciale disvalore della figura astratta del reato che il çegislatore, sulla base di una valutazione discrezionale ha ritenuto di formulare» (v. sent. n. 260 del 2020)

Pertanto, secondo la Corte delle Leggi non vi sarebbe alcuna ragione per derogare alla regola introdotta nel citato art.438 poiché la scelta legislativa di far dipendere l’accesso al giudizio abbreviato dalla sussistenza di una circostanza a effetto speciale «esprime un giudizio di disvalore della fattispecie astratta marcatamente superiore a quello che connota la corrispondente fattispecie non aggravata e ciò indipendentemente dalla sussistenza di circostanze attenuanti, che potranno esse re prese in considerazione dal Giudice quando, all’esito al giudizio, irrogherà la pena stabilita con la condanna»(v. sent. n. 260, cit.).

Altrettanto infondata appare alla Consulta anche la censura dell’art. 438 in base alla lamentata preclusione dell’accesso al giudizio abbreviato per gli imputati di delitti cui accedono circostanze aggravanti che conducono all’irrogazione della pena perpetua che risulterebbe ancora più irragionevole, dopo l’entrata in vigore dell’art.442, co. 2-bis, C.P.P., poiché la norma attribuisce al Giudice dell’Esecuzione il potere di ridurre di un sesto la pena inflitta nel caso in cui la sentenza di condanna, resa in esito allo svolgimento di un giudizio abbreviato non sia stata impugnata né dall’imputato né dal suo difensore.

Anche questa eccezione riisulta infondata poiché l’Ordinanza di rimessione non ha tenuto in alcun conto la specificità del principio di proporzionalità della pena nel caso del trattamento sanzionatorio del delitto di omicidio, analizzato nella sentenza n. 197 del 2023.

In tale pronuncia la Consulta ha ricordato i principi enunciati, nelle precedenti sue decisioni in base ai quali aveva chiaramente affermato che il principio di proporzio nalità esige «che la pena sia adeguatamente calibrata non solo al concreto contenuto di offensività del fatto di reato per gli interessi protetti, ma anche al disvalore soggettivo espresso dal fatto medesimo che dipende in maniera determinante non solo dal contenuto della volontà criminosa (dolosa o colposa) e dal grado del dolo o della colpa, ma anche dalla eventuale presenza di fattori che hanno influito sul processo motivazionale dell’autore, rendendolo più o meno rimproverabile» (v. sent. n. 73 del 2020;n. 94 del 2023 e n.55 del 2021).

Secondo tale orientamento va, quindi, tenuto conto, nel caso dell’omicidio, della circostanza che esso può essere connotato da «livelli di gravità notevolmente differenziati» che possono aver riguardo tanto al profilo oggettivo, ossia alla tipologia e alle modalità della condotta, e a quelli soggettivi, attinenti al diverso grado di manifestazione dell’intento omicidiario.

Ne consegue che proprio la necessità di una graduazione della pena in relazione al reato contestato all’imputato nel giudizio a quo, chiariscono che non può ritenersi fondata la censura sollevata dalla Corte rimettente, sia in relazione alla violazione del principio di ragionevolezza, sia con riguardo al connesso profilo di violazione del principio di rieducazione della pena ex art 27 della Cost.

Da ultimo, ed in relazione alla censura dell’art.438, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 Cost., poiché l’inammissibilità della richiesta di accesso al giudizio abbreviato sarebbe stata determinata dalla sola contestazione dell’aggravante dei motivi abbietti e futili da parte del P.M., senza un adeguato vaglio da parte del G.I.P., in spregio dei principi del Giusto Processo, la Consulta ha dichiarato non fondata anche tale ’eccezione, in base a quanto stabilito con la citata sentenza n. 260 del 2020, atteso che, secondo la costante giurisprudenza costituzionale, «la facoltà di chiedere i riti alternativi costituisce una modalità, tra le più qualificanti ed incisi ve, di esercizio del diritto di difesa, benché sia altrettanto vero che la negazione legislativa di tale facoltà in rapporto ad una determinata categoria di reati non vulnera il nucleo incomprimibile del predetto diritto», tenuto conto altresì del fatto che l’accesso a tali riti costituisce: «parte integrante del diritto di difesa di cui all’art. 24 Cost. soltanto in quanto il Legislatore abbia previsto la loro esperibilità in presenza di certe condizioni. (v.sent. n. 95 del 2015)

Pertanto, dall’art. 24 Cost. non può derivare un diritto di qualunque imputato ad accedere a tutti i riti alternativi previsti dall’Ordinamento processuale penale, come invece parrebbe, erroneamente, presupporre il "Giudice a quo".

Va pure sottolineato che, nella Legge n. 33 del 2019, l’imputazione formulata dal P.M. è oggetto di un primo vaglio ad opera del G.I.P., che è tenuto, al termine dell’udienza preliminare, a provvedere sulla richiesta avanzata dall’imputato e, co munque, sull’eventuale riproposizione della domanda di giudizio abbreviato formulata ai sensi dell’art.438, comma 6, C.P.P. fermo restando che, benché chiamato a giudicare sulle richieste dell’imputato, il Giudice del dibattimento, ai sensi dell’arti colo citato., è in ogni caso tenuto ad applicare la riduzione di pena prevista per il rito speciale in questione solo nel caso in cui, all’esito all’accertamento dell’acca duto, vengano ritenute insussistenti le aggravanti contestate dal P.M.

La preclusione all’accesso al giudizio abbreviato, pertanto, per la Corte delle Leggi dipende, nella fase iniziale, solo dalla valutazione da parte del P.M. della contesta zione, oltre al fatto che tale valutazione «è poi oggetto di puntuale vaglio da parte dei Giudici che intervengono nelle fasi successive del processo, ed è sempre suscettibile di correzione, quanto meno nella forma del riconoscimento della ridu zione di pena connessa alla scelta del rito, come accade rispetto a ogni altro rito alternativo» .

Invero, secondo i Giudici Costituzionali, tale principio trova applicazione anche per il giudizio immediato, rispetto al quale l’art. 458 C.P, P. demanda al G.I.P. la deci sione sulla richiesta di giudizio abbreviato avanzata dall’imputato, da assumersi in Camera di Consiglio, nel corso della quale è applicabile anche l’art. 438, comma 6- ter, C.P.P. a seguito delle modifiche introdotte dall’art. 27, comma 1, lett.b, numero 1, del D.Lgs. n.150 del 2022, di cu infra.

Alla luce delle considerazioni innanzi esposte, ka Consulta ha dichiarato non fondate le eccezioni di illegittimità dell’art. 438, come introdotto con la legge 12 aprile 2019, n.33 (Inapplicabilità del giudizio abbreviato ai delitti puniti con la pena dell’ergastolo).

Ne consegue che rimane ancora in vigore tale disposto normativo e, pertanto, continua a non potere essere ammesso il giudizio abbreviato per i delitti puniti con la pena dell’ergastolo.

Le innovazioni della Riforma Cartabia

Alla luce della decisione in commento, vale la pena di soffermarsi brevemente sulla Riforma introdotta con il D.lgs.150/2022, che ha apportato innovazioni significative nell’ambito del giudizio abbreviato allo scopo di rendere più flessibile e funzionale il rito alternativo e, nel contempo. incidere sull’efficienza processuale.

In sintesi, le modifiche introdotte hanno riguardato:

- Autenticazione della procura speciale: prima della Riforma, l’imputato poteva autenticare la sua firma solo tramite il difensore.Con il nuovo testo dell’art. 438, co.3, c.p.p., è stata estesa la possibilità di autenticazione anche a un notaio o ad altre persone autorizzate, ampliando così le opzioni disponibili per l’imputato e rendendo il procedimento più accessibile.

- Giudizio abbreviato condizionato e economia processuale:

Il Giudice deve valutare non solo la necessità di nuove prove ai fini della decisione ed anche se queste contribuiscono a un’effettiva economia processuale rispetto ai tempi del dibattimento per evitare che l’integrazione probatoria vanifichi i vantag gi di celerità propri del rito alternativo.

- Riduzione della pena:

La Riforma ha introdotto una riduzione ulteriore della pena nei casi in cui né l’imputato né il suo difensore impugnino la sentenza di condanna ed il Giudice dell’esecuzione può applicare una riduzione d’ufficio di un ulteriore sesto della pena inflitta, oltre allo sconto già previsto dal rito abbreviato (art. 442, comma 2- bis c.p.p.).

D.lgs.n. 31/2024

Il c.d. “Correttivo” della Cartabia ha ulteriormente modificato il quadro normativo del giudizio abbreviato, principalmente sull’economia processuale e sulle condizioni di ammissibilità del Rito alternativo specie con riferimento alla valutazione che il Giudice deve effettuare in caso di richiesta di giudi zio abbreviato condizionato.

In tal caso, il Giudice deve limitarsi a verificare se, nonostante l’integrazione proba toria richiesta dall’imputato, il giudizio abbreviato offra comunque un risparmio processuale rispetto a un dibattimento completo.

In sintesi, l’art.24 del D.lgs.150/2022 ha previsto quanto segue: “a) all’articolo 438: 1) al comma 3, le parole: «nelle forme previste dall’articolo 583, comma 3» sono sostituite dalle seguenti: «da un notaio, da altra persona autorizzata o dal difensore»; 2) al comma 5, secondo periodo, dopo le parole: «il giudizio abbreviato se» sono inserite le seguenti: «, tenuto conto degli atti già acquisiti ed utilizzabili, » e le parole: «compatibile con le finalità di economia processuale proprie del procedimento, tenuto conto degli atti già acquisiti ed utilizzabili» sono sostituite dalle seguenti: «il giudizio abbreviato realizza comunque una economia processuale, in relazione ai prevedibili tempi dell’istruzione dibattimentale»; 3) al comma 6-ter, dopo il primo periodo, è aggiunto il seguente: «In ogni altro caso in cui la richiesta di giudizio abbreviato proposta nell’udienza preliminare sia stata dichiarata inammissibile o rigettata, l’imputato può riproporre la richiesta prima dell’apertura del dibattimento e il giudice, se ritiene illegittima la dichiarazione di inammissibilità o ingiustificato il rigetto, ammette il giudizio abbreviato».

Tale innovazione “assolve alla funzione di coordinare la disciplina relativa alle forme della richiesta di giudizio abbreviato con le abrogazioni di una parte delle disposizioni interessate dalla riforma”(v.Rel. Ufficio del Massimario della Cassa zione, 5/01/2023, p. 105).

L’altra innovazione che riguarda sempre l’art. 438, comma quinto, che prevede che il Giudice disponga il giudizio abbreviato se l’integrazione probatoria richiesta risulta necessaria ai fini della decisione e compatibile con le finalità di economia processuale proprie del procedimento, il che comporta che esso “non sarà più quello della semplice «compatibilità con le finalità di economia processuale», quanto, piuttosto, quello della effettiva e concreta realizzazione di una forma di economia processuale”(Rel. Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, op. cit., p. 105).

Da ultimo, l’art. 438, comma 6-ter, prevede che, «In ogni altro caso in cui la richie sta di giudizio abbreviato proposta nell’udienza preliminare sia stata dichiarata inammissibile o rigettata, l’imputato può riproporre la richiesta prima dell’apertura del dibattimento e il giudice, se ritiene illegittima la dichiarazione di inammis sibilità o ingiustificato il rigetto, ammette il giudizio abbreviato.»”.

Viene introdotta quindi una modifica che “disciplina in modo esplicito la possibilità di rinnovo, in limine al dibattimento, della richiesta di abbreviato illegittimamente rigettata o dichiarata inammissibile (salvo che si tratti di inammissibilità nel caso di delitti puniti con l’ergastolo, per cui il rimedio specifico è dettato dal comma 6-ter), in modo da consentire la massima deflazione poiché, secondo l’Ufficio del Massimario, “non pare dubitabile che, in questo caso, permangano validi i principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità in punto di giudizio abbreviato richiesto in sede di atti preliminari al dibattimento”.(v, sent. Sez. 1, n. 12818 del 14/02/2020, omissis, conf.Sez., 3, n.7012 del 05/12/2017, dep. 2018, ).

Infine, il citato Art. 24, dispone che, “all’artico lo 442, dopo il comma 2, è inserito il seguente:«2-bis.Quando né l’imputato, né il suo difensore hanno proposto impugnazione contro la sentenza di condanna, la pena inflitta è ulteriormente ridotta di un sesto dal Giudice dell’esecuzione».

Pertanto, posto che, per “effetto della modifica introdotta all’art. 676, comma 1, cod. proc. pen. dall’art. 39, comma 1, lett. b) del D.lgs. n. 150/2022, la proce dura da seguire da parte del Gudice dell’esecuzione è quella prevista dall’art. 667, comma 4, C.P.P. cui può seguire l’eventuale opposizione davanti allo stesso giudice che procede nelle forme dell’art. 127 cod. proc. pen.” è necessario, “ai fini della riduzione della pena in esame, l’instaurazione di un sub procedimento esecutivo che, in base ai principi generali ed in assenza di previsioni in senso contrario, potrà essere introdotto anche dal pubblico ministero riguardando l’applicazione dello schema legale del trattamento sanzionatorio”(v Rel. Ufficio del Massimario, op. cit., p. 107).

È evidente, quindi, che il presupposto, per l’applicazione dell’ulteriore sconto di pena, è l’irrevocabilità della decisione di primo grado per mancata proposizione dell’impugnazione da parte dell’imputato e del difensore” poiché la “Riforma introdotta dal D.Lgs. n. 150/2022 ha (…) lo scopo di ridurre la durata del procedimento penale, favorendo la definizione della causa dopo la decisione di primo grado, così da non dare luogo alla fase delle impugnazioni (appello, ove previsto, o giudizio di legittimità) quando esse, un base alla valutazione dell’imputato e del difensore, non siano giustificate da un concreto interesse. (Cass. pen., sez. I, 10/03/2023, n. 16054)

In conseguenza, a fronte della mancata impugnazione della sentenza di primo grado l’imputato otterrà, in sede esecutiva, una ulteriore riduzione di un sesto della pena irrogata”benché la “diminuente di un sesto della pena inflitta nel caso di mancata impugnazione della sentenza all’esito del giudizio abbreviato, non si applichi retroattivamente e non possa essere chiesta nessuna restituzione in termini per rinunciare al gravame posto che l’atto che impedisce l’accesso alla riduzione di pena è già stato compiuto e ha incardinato la fase dell’impugna zione, ” (Cass. Pen., sez. I, 10/03/2023, n. 16054).

Un’altra norma riguardante il rito abbreviato, modificata con la Riforma Cartabia, è stato l’art. 441 C.P.P. atteso che con l’art.24 è stato disposto che “all’articolo 441, al comma 6, dopo il primo periodo, va aggiunto che «Le prove dichiarative sono documentate nelle forme previste dall’articolo 510».

Il legislatore ha dunque ravvisato le medesime esigenze di documentare tali attivitù anche con mezzi di riproduzione audiovisiva, delle prove indicate nella predetta norma ove la riforma ha introdotto la precisazione che la trascrizione della riproduzione audiovisiva è disposta solo se richiesta dalle parti, norma, anch’essa, applicabile alla fattispecie del giudizio abbreviato (v.Ufficio del Massimario, op. cit., p. 107).

Conclusioni

In definitiva, le modifiche introdotte con il D.lgs. n. 150/2022 e il D.lgs.n. 31/2024 hanno reso il giudizio abbreviato uno strumento ancora più efficace e flessibile nel processo penale italiano, favorendone la celerità.

Tuttavia, va sottolineato che l’accesso a tale rito rimane precluso ai responsabili di alcuni reati gravi poiché la Legge n. 33/2019, che ha introdotto l’art. 438, comma 1-bis C.P.P., stabilisce che per i reati puniti con la pena dell’ergastolo non è consentito il ricorso al giudizio abbreviato per evitare che alcuni reati di maggio re allarme sociale, come l’omicidio aggravato, possano beneficiare delle riduzioni di pena previste dal rito in altri casi.

Va, tuttavia, aggiunto che la Suprema Corte ha chiarito che se, al termine del dibattimento, il reato contestato viene riqualificato in una fattispecie meno grave, l’imputato ha diritto alla riduzione della pena prevista dal rito abbreviato, purché abbia presentato tempestiva richiesta di accesso al rito, ipotizzando la possibilità di una riqualificazione del reato ed, in tal caso, la riduzione di un terzo della pena resta applicabile ai sensi dell’ art. 442 C.P.P.

Infine, nel caso di giudizio abbreviato condizionato, il Giudice è tenuto ad effettuare una duplice valutazione: da un lato, deve verificare la necessità delle prove richie ste dall’imputato ai fini della decisione; dall’altro, deve assicurarsi che queste non compromettano la celerità del procedimento.

Resta solo da aggiungere sull’argomento che la Giustizia Riparativa, introdotta dal Legislatore a margine della più generale Riforma del processo penale, non ha escluso dai benefici previsti i reati più gravi così generando le perplessità della Dottrina più autorevole sull’applicazione del nuovo Istituto.

Ne costituisce riprova quanto accaduto per il Caso Maltesi nel quale, nonostante un omicidio efferato, la Corte di Assise di Busto Arsizio ha ammesso alla Giustizia Riparativa l’imputato che ne aveva fatto richiesta (!!) come commentato su questa stessa Rivista, escludendo, peraltro, la impugnazione della Ordinanza ammissiva.

Allegato:

Corte Costituzionale sentenza 2 2025

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